Perché non possiamo fare a meno di Taiwan
Una storiella americana – quasi una leggenda metropolitana perché di difficile attribuzione – racconta di una grande impresa manifatturiera, probabilmente una cartiera di Chic
Le città italiane si riorganizzano puntando sui City Analytics. L’obiettivo è una mobilità più intelligente e “a misura di dato” per battere il traffico.
Nel 2018 i romani hanno trascorso nel traffico in media 254 ore, 10 giorni e mezzo incolonnato lungo la tangenziale, sul Grande Raccordo Anulare oppure sulle vie consolari. Peggio della Città Eterna nel mondo c’è solo Bogotá, in Colombia, i cui automobilisti nel 2018 sono stati bloccati in mezzo al traffico per ben 272 ore.
I numeri sono emersi dal Global Traffic Scorecard, una ricerca condotta dalla società INRIX, secondo cui le nostre città sono sempre più congestionate e caotiche in un contesto che rischia, peraltro, di peggiorare, visti i ritmi di urbanizzazione che, secondo le Nazioni Unite, porterà il 70% della popolazione mondiale nel 2050 a vivere nelle città. Uno scenario che impone una visione di lungo termine alla politica, che può contare però su un alleato prezioso: i dati e i cosiddetti City Analytics, senza cui non esisterebbe il concetto stesso di Smart City.
La città intelligente ripensa la sua organizzazione per battere il traffico anche grazie al cosiddetto Big Data Management, in cui informazioni, dati, numeri e statistiche sono studiati e analizzati, diventando un fondamento solido per le decisioni delle amministrazioni pubbliche.
«Nelle nostre città sempre più piede sta prendendo l’infomobilità», ha dichiarato a Changes Paolo Testa, Direttore Ufficio Studi ANCI, l’Associazione dei Comuni Italiani. «Tutto si basa sulla tecnologia GPS che invia informazioni in tempo reale sul posizionamento, sul percorso e sui tempi di percorrenza dei mezzi pubblici».
Applicazioni come Google Maps o Moovit stanno, infatti, diventando i nostri più fedeli compagni di viaggio, ma la mobilità urbana sta conoscendo anche un’altra grande rivoluzione: quella offerta dallo sharing. «La condivisione dei veicoli (auto, moto, bicicletta) può portare ad un afflusso inferiore di mezzi nelle nostre città e il suo utilizzo si basa proprio sulla tecnologia GPS, sui pagamenti elettronici via smartphone e sulla condivisione non solo dell’utilizzo del mezzo ma anche dell’esperienza» ha sottolineato Testa.
Secondo ANIASA di Confindustria, nel 2018 gli iscritti in Italia ai servizi di sharing hanno sfiorato quota 1,8 milioni, con un aumento rispetto all’anno prima anche dei chilometri percorsi. Un fenomeno rilevante in un’Italia che sulla gestione della mobilità conosce ancora divari importanti. «Il dualismo non è solo Nord-Sud. Nel nostro Mezzogiorno ci sono importanti realtà come Bari o Cagliari che stanno lavorando molto sulla mobilità» ha aggiunto Testa. «Le grandi scommesse per il futuro sono la gestione delle periferie e lo sviluppo tecnologico del trasporto su ferro dei treni, come avvenuto a Firenze con il lancio della nuova Tramvia. Periferie e treni incidono notevolmente sulla mobilità casa-lavoro. È questo il tema principale della qualità della vita nelle aree urbane».
La tecnologia, dunque, può poco senza quegli investimenti infrastrutturali che puntino ad ammodernare le flotte dei mezzi di trasporto pubblici, a costruire nuove e più connesse strade e a perseguire quelle migliorie strutturali necessarie ad abilitare l’innovazione digitale e l’impiego efficace dell’analisi dei dati.
Torniamo proprio all’uso dei dati nella progettazione urbana. Negli ultimi anni diversi progetti hanno puntato ad affiancare le PA nello studio dei Big Data. TIM e Olivetti, per esempio, hanno lanciato City Forecast, una piattaforma Cloud che elabora dati in chiave storica e predittiva. «Le città sono ormai diventate delle vere e proprie reti di sensori, che attraverso “mappe di calore” rilasciano informazioni sul popolamento di una certa area o sui flussi pendolari e turistici», ha raccontato a Changes Giuseppe Sola, Responsabile Sales Digital Services Olivetti. «I dati ci dicono se una zona è frequentata più da uomini o da donne, da anziani o da giovani, da italiani o stranieri. Possiamo addirittura comprendere i principali argomenti d’interesse in una zona della città rilevabili dai social, app e web, o quali ricerche si compiono più spesso online».
Una cascata di circa 57 miliardi di informazioni giornaliere che arrivano dai nostri smartphone, ma anche dalle Black Box delle assicurazioni, dalle telecamere di sicurezza, dai semafori, dagli indici di spesa, dalla sensoristica dei bus e addirittura dagli strumenti di controllo dell’inquinamento cittadino. In particolare, il tempo che si passa in automobile ogni giorno è notevole: gli italiani trascorrono 1 ora e 25 minuti al giorno in macchina a una velocità media di 29,5 km/h percorrendo 41 km ogni giorno secondo i dati dell’Osservatorio UnipolSai sulle abitudini al volante degli italiani nel 2018. Dallo studio realizzato in seguito all’analisi dei dati di circa 4 milioni di automobilisti assicurati UnipolSai che installano la scatola nera Unibox sulla propria autovettura, emerge anche che gli italiani utilizzano l’auto per 286 giorni l’anno percorrendo complessivamente 11.885 km.
Ma in questo profluvio di dati e informazioni, che fine fa il diritto alla nostra privacy? Questi dati, infatti, raccontano molto di ciascuno di noi e delle nostre abitudini. «Si tratta di dati aggregati e soprattutto anonimi, che non sono riconducibili ad una specifica identità e riguardano un numero vastissimo di informazioni, raccolte nel pieno rispetto della normativa vigente» ha sottolineato Sola di Olivetti.
In Italia sono tanti gli esempi di concreta applicazione della data analysis. La linea 2 della Metropolitana di Torino ha costruito il suo tracciato proprio studiando i dati dei flussi dei pendolari. Ad inizio ottobre, inoltre, Ravenna ha lanciato il progetto DARE, che punta a impiegare i dati per investire sulla riorganizzazione urbana, sulla qualità della vita dei cittadini, sulla gestione del traffico, sulla qualità dell’aria e sull’analisi dell’inquinamento ambientale.
Ma c’è di più: durante i grandi eventi (fiere, concerti, e così via) le amministrazioni possono utilizzare i dati per prendere decisioni real time sulla gestione della viabilità. Un esempio ci arriva ancora dall’esperienza di TIM e Olivetti: durante il concerto di Vasco Rossi al Modena Park, per esempio, i dati hanno mostrato come l’80% del pubblico era presente sugli spalti già alcune ore prima e questo ha aiutato le forze dell’ordine a riorganizzare in tempo reale la viabilità attorno all’evento.