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Per raggiungere la neutralità climatica servono scelte radicali: tra paura, efficienza e sicurezza, tutti i pro e i contro del dibattito tra ottimisti e pessimisti.
neutralità climatica entro il 2050: un’economia con zero emissioni nette di gas serra». Dire “zero emissioni nette” vuol dire emettere in atmosfera solo i gas serra che l’ambiente può effettivamente “assorbire” senza conseguenze. Non è un obiettivo da poco, è ambizioso: eppure per quanto sia ambizioso noi cittadini, i nostri rappresentanti politici e infine le istituzioni europee hanno deciso che bisogna raggiungerlo.
Per riuscirci serve abbandonare, per quanto gradualmente, le fonti energetiche più inquinanti. Che sono, nell’ordine: carbone, petrolio e gas. Bene, e per sostituirle con cosa? Le fonti fossili andrebbero sostituite con le energie rinnovabili, ma secondo molti esperti e studiosi anche col nucleare. Che non è una fonte energetica etichettata come “rinnovabile”, ma è affidabile e a basse emissioni. Può quindi essere considerata una fonte complementare durante la transizione energetica in corso. Da questo presupposto in poi parte un dibattito che è al contempo vecchio e nuovo. Vecchio perché la costruzione della prima centrale nucleare risale a quasi un secolo fa, e non si può più definire questa tecnologia, o la ricerca scientifica attorno ad essa, nuova. Eppure, nuovo perché il riscaldamento globale ha creato una nuova urgenza, ha sparigliato le carte e ci ha messi davanti alla necessità di rinunciare il prima possibile alle fonti fossili.
A dover riassumere il dibattito attuale sull’energia nucleare diremmo che da una parte ci sono i dati. E i dati dicono che il nucleare è tutto sommato sicuro, a emissioni molto basse e presenta vantaggi notevoli. Come il fatto di produrre energia in modo efficiente e stabile (al contrario delle rinnovabili una centrale nucleare produce energia in egual misura d’inverno e d’estate, di giorno e di notte). Da una parte i dati, dicevamo, e dall’altra però un problema molto grosso: alle persone il nucleare non piace. Ne hanno paura. Verrebbe da dire che, se le paure sono irrazionali o irragionevoli possono essere superate con la buona informazione. Potremmo dare spazio a scienziati, esperti e ingegneri nucleari che spiegano in TV o altrove che il nucleare oggi è più sicuro di ieri, forse persino indispensabile. Che la Francia produce il 70% della sua energia in questo modo e anche per questo ha prezzi dell’energia più bassi di quelli che abbiamo in Italia.
Ma basterebbe? E quanto tempo ci vorrà a convincere le persone che si tratta di una buona idea, nonostante ben due referendum sul tema? Veniamo ai dati. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), l’energia nucleare sarebbe «essenziale per raggiungere l’obiettivo delle emissioni nette zero entro il 2050». Come dire: o si riesce con l’ausilio del nucleare, altrimenti non si riesce. Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28 di Dubai), il portavoce dell’IAEA ha espresso il concetto in modo molto chiaro: «le emissioni nette zero necessitano dell’energia nucleare», e questo sia perché il nucleare contribuisce alla sicurezza energetica e alla stabilità della rete elettrica, sia perché sarebbe essenziale per l’integrazione di energie rinnovabili come il solare e l’eolico.
L’obiettivo collettivo di alleggerire la Terra dalle nostre emissioni di gas climalteranti non è solo europeo. Negli Emirati Arabi Uniti la nuova centrale nucleare di Barakah è entrata in funzione nel 2021. L’idea è di decarbonizzare un quarto dell’energia che passerà nella rete elettrica dell’emirato. E stiamo parlando di un paese desertico in cui il sole abbonda, così come le fonti fossili. L’efficienza però è sicuramente il vantaggio più evidente dell’energia nucleare. Un piccolo frammento di uranio delle dimensioni di una falange produce la stessa energia di tre barili di petrolio, o di oltre 350 metri cubi di gas naturale. Oppure di cinque quintali di carbone.
A questo si aggiunge il fatto che le centrali nucleari funzionano in modo continuo, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, e quindi come dicevamo poco fa possono garantire una produzione stabile e affidabile nel tempo.
Diversi altri segnali ci suggeriscono che anche noi, in Italia, dovremmo optare per inserire il nucleare nel nostro mix energetico. Parlando sempre di efficienza spicca un dato: per produrre la stessa quantità di energia, il solare richiede oltre 17 volte più materiali e 46 volte più superficie terrestre rispetto al nucleare. Anche per questo molti Paesi – come la Francia, la Cina e l’India – stanno investendo nell’espansione dei loro programmi nucleari. Un segnale che forse non dovremmo ignorare.
I primi passi concreti verso il ritorno al nucleare, in effetti, sono stati mossi. È nata recentemente Nuclitalia, una nuova società partecipata da Enel (51%), Ansaldo Energia (39%) e Leonardo (10%) con l’obiettivo di sviluppare tecnologie nucleari di nuova generazione come gli SMR (Small Modular Reactor) e gli AMR (Advanced Modular Reactor). La creazione di Nuclitalia si inserisce nel piano strategico del governo italiano, che il 28 febbraio 2024 ha approvato un disegno di legge delega per reintrodurre il nucleare nel mix energetico nazionale. Il piano prevede investimenti per 20 milioni di euro all’anno dal 2027 al 2029 e 7,5 milioni per attività di informazione pubblica, sottolineando come il tema richieda anche una trasformazione culturale e comunicativa.
Ultimo dato da citare per scoprirci ottimisti riguardo questa tecnologia: il volume totale di tutto il combustibile nucleare esaurito prodotto da tutte le centrali nucleari esistite potrebbe, teoricamente, essere contenuto in 42 piscine olimpioniche. La quantità non è zero, certo, ma è un ammontare gestibile (e fino a prova contraria viene gestito con rigidi protocolli di sicurezza). L’esternalità negativa delle fonti fossili, invece, ce la ritroviamo nell’aria che respiriamo. Quindi no, non si può dire che lo scarto di gas petrolio e carbone sia ben gestito. Forse è invisibile ai nostri occhi e non lo notiamo, bene, ma fa molti più danni di un deposito di scorie: fa danni all’ambiente, ai nostri polmoni e alla salute degli ecosistemi.
I pareri contrari al nucleare non mancano: diversi osservatori e scienziati sostengono che gli elevati costi che andrebbero sostenuti per costruire delle centrali nucleari potrebbero distogliere risorse finanziarie dallo sviluppo delle energie rinnovabili, che sono più rapide e meno costose da implementare. Il secondo dubbio più diffuso e ragionevole è che la siccità e gli eventi climatici estremi, come le ondate di calore, potrebbero influenzare il funzionamento delle centrali nucleari, che dipendono da fonti d’acqua per il raffreddamento.
Ma non sono queste le radici delle preoccupazioni più diffuse attorno al nucleare. La principale è semmai la paura, uno strascico di dubbi e timori che ci portiamo dietro dall’incidente di Chernobyl. Timori che si sono riaccesi dopo quello di Fukushima, nel 2011, ma anche semplicemente per come il cinema e la TV hanno trattato la questione con toni catastrofisti e antiscientifici.