Auto: la potenza dell’elettrico

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Auto: la potenza dell’elettrico

I motori elettrici possono fornire prestazioni molto elevate rispetto ai motori termici, secondo le caratteristiche tecniche dei veicoli. Ma è davvero così?

La Ferrari F40, arrivata sul mercato nel 1989 aveva un motore di tre litri con una potenza di 478 Cavalli Vapore (CV) e una coppia massima di 578 Newton metri (Nm). Il motore termico della nuova Ferrari F80, sempre tre litri, eroga 900 CV. Lo sviluppo tecnologico ha portato quindi a quasi raddoppiare la potenza in 35 anni, a parità di cilindrata. Ma la recente Hypercar Pininfarina Battista, dispone di ben 1900 CV con una coppia di 2300 Nm, grazie a quattro motori elettrici, uno per ruota. Ben quattro volte la Ferrari F40 e oltre il doppio del motore termico della Ferrari F80 che, per avere prestazioni analoghe, abbina al motore termico un motore elettrico che fornisce ulteriori 300 CV.
Risulta evidente, quindi, che i motori elettrici possono fornire prestazioni molto elevate rispetto ai motori termici, almeno leggendo le caratteristiche tecniche dei veicoli. Ma è davvero così? Vediamo come funzionano i motori elettrici e facciamo un confronto oggettivo rispetto al motore classico a benzina o diesel.

Quando è nato il motore elettrico

Il primo motore elettrico funzionale è stato realizzato nel 1821 dal fisico inglese Michael Faraday, che dimostrò il principio dell’elettromagnetismo. Tuttavia, fu solo nel 1837 che l’inventore britannico William Sturgeon costruì il primo motore elettrico pratico. Nel corso degli anni, molti altri scienziati e inventori, come Thomas Davenport e Nikola Tesla, contribuirono allo sviluppo e al miglioramento dei motori elettrici, rendendoli più efficienti e utilizzabili in diverse applicazioni. A confronto il motore a combustione interna a quattro tempi, noto come motore Otto, fu sviluppato da Nikolaus Otto nel 1876, oltre 50 anni dopo. Non deve quindi stupire che nelle prime vetture realizzate, a fine ‘800, fossero state utilizzate entrambe le tecnologie, elettrico e combustione interna. Per i problemi che ancora oggi affliggono i veicoli elettrici (autonomia e lunghi tempi di ricarica), i motori a combustione interna rapidamente prevalsero.

Come funziona

Un motore elettrico sfrutta la fisica dei campi magnetici: se due campi magnetici interagiscono tra di loro, nasce una forza che tende ad allinearli. È quello che succede quando avviciniamo due calamite. Il magnete della calamita ha due poli (Nord e Sud): i poli opposti si attraggono, se cerchiamo avvicinare due poli Nord, nasce una forza che si oppone.
Nei motori si sfrutta un principio simile a quello dell’asino e la carota: l’asino cerca di raggiungere la carota per mangiarla, ma se questa viene spostata in avanti l’asino continuerà a muoversi fino a che raggiungerà la carota.  Nel motore elettrico un polo (per esempio Sud) cerca di raggiungere un polo Nord, ma questo si sposta continuamente e quindi la forza che viene creata si mantiene nel tempo. Nei motori elettrici vengono creati dei campi magnetici, uno nello statore (la parte del motore che sta ferma) e uno nel rotore (la parte che ruota). Si crea quindi una coppia sul rotore, per farlo ruotare nella direzione che porta i campi ad essere allineati tra di loro (cioè, il polo Sud del rotore vicino al polo Nord dello statore). Questa coppia si annulla quando i due campi si allineano. Ma se il campo magnetico dello statore si muove, ruota, allora la coppia sul rotore continuerà ad esserci, come nella carota e l’asino, e il movimento può continuare all’infinito. Nei motori elettrici vengono quindi generati due campi magnetici rotanti, uno nello statore e uno nel rotore, la coppia che viene generata viene quindi sfruttata per generare l’energia meccanica che muove il veicolo, assorbendo energia elettrica.

Questo processo è “reversibile”: se al rotore viene fornita energia meccanica, che si oppone all’allineamento dei campi magnetici, il motore invece di assorbire, genera energia elettrica. Questo è un vantaggio molto importante rispetto ai motori a combustione interna: nei veicoli elettrici è possibile convertire l’energia cinetica del veicolo (in frenata o in discesa), in energia elettrica e ricaricare le batterie.

Cavalli o chilowatt?

Prima di confrontare i due diversi tipi di motore occorre chiarire come viene calcolata la potenza.

  • Nei motori a combustione interna la potenza viene tipicamente indicata in “cavalli”. Esiste una piccola differenza tra Europa e gli Stati Uniti.
  • In Europa la potenza è storicamente misurata in Cavalli Vapore (CV). Un CV è tecnicamente definito come la potenza necessaria per spostare un oggetto che pesa 249,5 kg, di 30,5 centimetri in un secondo (1,1 kmh).
  • Nei motori elettrici la potenza si misura tipicamente in Watt, calcolato secondo il Sistema Internazionale.
  • Un CV corrisponde a 735,5 Watt. Negli Stati Uniti anziché di CV si calcola la potenza in HP (Horse Power). Un HP corrisponde a 745,7 Watt. Quindi con una leggera differenza rispetto al CV europeo.
  • Essendo la potenza di un veicolo elettrico un numero molto grande, se espressa in Watt, si preferisce esprimerla in Chilowatt (KW), un KW sono 1000 Watt.

Tipi di alimentazione dei motori elettrici

I motori elettrici possono essere alimentati in corrente continua (DC, Direct Current) o alternata (AC). In corrente alternata troviamo poi motori monofase (che possono essere alimentati direttamente dalla presa di casa, questi motori sono molto comuni nei nostri elettrodomestici, frigoriferi, lavatrici, eccetera) oppure trifase, che hanno maggiore potenza e sono quindi comuni in applicazioni industriali.
I motori che abbiamo oggi sono poi di tipo “asincrono” o “ad induzione”. Il rotore non è alimentato, è una semplice gabbia di alluminio (sono anche detti a “gabbia di scoiattolo”). Il campo magnetico nel rotore viene prodotto o, meglio, “indotto”, dal campo magnetico dello statore. Quest’ultimo ruota per cui il campo magnetico nel rotore sarà sempre leggermente “indietro”, rispetto al campo magnetico dello statore, come velocità di rotazione (questo ritardo viene chiamato “scorrimento”). La coppia cambia in funzione dello scorrimento: se aumento il carico resistente, aumenta lo scorrimento e quindi la coppia motrice. Entro il limite della sua potenza massima, il motore asincrono ha una sorta di controllo automatico della coppia motrice sulla base della coppia resistente, aspetto che ne semplifichi molto il suo utilizzo.  Possono quindi essere realizzati motori molto semplici, economici ed affidabili.

Ma i motori asincroni sono difficilmente controllabili, proprio per il loro meccanismo di controllo intrinseco per cui la loro velocità di rotazione dipende dal carico applicato, e non vengono quindi utilizzati nei veicoli elettrici dove si preferiscono motori a corrente continua, oppure motori sincroni.
Il motore a corrente continua richiede però una alimentazione del rotore per creare un campo magnetico sempre disallineato rispetto al campo magnetico dello statore che, essendo alimentato in corrente continua, sarà sempre nella stessa posizione. Quindi anche il campo magnetico del rotore deve trovarsi sempre in una posizione più o meno fissa, nonostante il rotore ruoti, e questo si ottiene alimentando in modo diverso gli avvolgimenti del rotore.
Alimentare il rotore è possibile solo con delle spazzole, tipicamente in carbonio, che strisciano su un anello posto sul rotore. Queste spazzole si consumano e devono essere sostituite periodicamente. Lo strisciamento produce scintille che possono disturbare la strumentazione elettronica. Per questi motivi si preferisce adottare la soluzione del motore sincrono, che può evitare la necessità di alimentare il rotore se questo è composto da magneti permanenti.

Il motore sincrono a magneti permanenti

Nel motore sincrono la velocità di rotazione del rotore dipende dalla frequenza della corrente alternata dell’alimentazione e dal numero di poli degli avvolgimenti. Data quindi una frequenza di alimentazione precisa, la velocità di rotazione sarà precisamente definita e indipendente dal carico. Questo permette di controllare con precisione la velocità di rotazione, controllando la frequenza della corrente alternata di alimentazione del motore.
Questo controllo avviene attraverso un inverter, un dispositivo elettronico che trasforma la corrente continua fornita dalle batterie, in corrente alternata per alimentare il motore. L’inverter permette quindi di controllare sia la velocità che la coppia erogata dal motore, e consente anche un funzionamento inverso, cioè di ricaricare le batterie frenando il veicolo (frenata rigenerativa).

Confronto tra motore elettrico e motore a combustione

Un motore elettrico è estremamente più semplice di un motore a combustione interna. Ha solo un elemento in movimento, il rotore, mentre un motore a combustione interna ha pistoni, bielle, valvole, alberi, pompe ecc. Il motore elettrico poi rimane “acceso” anche da fermo, non ha bisogno di un cambio, anche per la retromarcia, basta invertire il senso di rotazione del campo magnetico.
La coppia erogata può essere molto elevata anche partendo da fermo. Il confronto, in termini di prestazioni, è quindi tutto a favore del motore elettrico. L’unica cosa che il motore elettrico non fa sono le emissioni: nessuno ovviamente si lamenta della mancanza di emissioni inquinanti, qualcuno invece rimpiange le emissioni sonore. In vetture sportive a questo viene posto rimedio installando potenti amplificatori ed altoparlanti per simulare il “brum-brum”, quando il pilota lo desidera.

Il motore elettrico permette poi una “densità” di potenza molto più elevata, in altre parole a parità di potenza pesa molto meno del suo equivalente motore termico. Il rapporto cambia ovviamente in funzione della potenza massima e del tipo di veicolo, ma anche in vetture sportive, dove il motore termico viene alleggerito il più possibile, il rapporto e sempre almeno due o più (cioè, a parità di potenza il motore elettrico pesa la metà).
Il motore elettrico è poi molto efficiente: la conversione tra la potenza elettrica utilizzata e quella meccanica generata avviene con una efficienza del 97-98%. Se si considerano anche le perdite nell’inverter, complessivamente l’efficienza è circa del 95%. Il confronto non è possibile con il motore termico, che usa l’energia termica del carburante. Per limiti intriseci della conversione tra energia termica ed energia meccanica, questo processo avviene con rendimenti molto più bassi, 30%. Anche se l’efficienza è molto alta rimane il fatto che un motore elettrico, con l’inverter, quando eroga 100 Kw, produce calore per circa 5 Kw, una bella stufa elettrica, anche con un rendimento del 95%. Essendo poi molto compatto, dissipare questo calore può rappresentare un problema. Per questo anche i motori elettrici dispongono di un sistema di raffreddamento, quando la potenza diventa piuttosto elevata.

Potenza massima vs potenza continua

La potenza massima dichiarata in un motore a combustione interna può essere erogata anche per tempi piuttosto lunghi, decine di minuti, senza particolari problemi, ammesso di trovarsi in una situazione dove sia possibile, o necessario, chiedere per lungo tempo tale potenza al motore.
In un motore elettrico la potenza massima dichiarata non si riesce a mantenere per tempi lunghi per diversi motivi:

  1. Il surriscaldamento sarebbe eccessivo, del motore e dell’inverter;
  2. Le batterie non sono in grado di fornire tale potenza per tempi lunghi.

Quindi quando andiamo a vedere i dati tecnici di una vettura elettrica troveremo due potenze: la potenza massima dichiarata dal costruttore e la potenza riportata sul libretto di circolazione. Questa seconda è definita come la potenza che il veicolo è in grado di erogare per 30 minuti consecutivi. La potenza “a libretto” sarà quindi molto inferiore, dal 20 al 60% circa rispetto alla potenza massima. Con evidenti benefici al portafoglio, perché il veicolo sarà tassato sulla base della potenza “a libretto” non la potenza massima.

Per esempio, una Tesla Model S, che ha una potenza massima di 451 Kw (613 CV), sul libretto troveremo 158 Kw (214 CV). Questo non rappresenta certo un problema nella guida normale, i 600 Cv li possiamo usare solo per pochi secondi per arrivare a velocità codice, nella guida in pista invece si può presentare. Dopo qualche giro dove ci sembra di guidare una Ferrari con 600 CV, ci troveremo a guidare un’Alfa da 200 CV, che comunque non è poco.

Allora meglio un motore elettrico?

Ci sono pochi dubbi dal punto di vista delle prestazioni, dell’efficienza, affidabilità e del peso: meglio l’elettrico. I problemi dei veicoli elettrici sono sicuramente altrove, nelle batterie: costi elevati, autonomia limitata e tempi di ricarica lunghi. Se questi problemi saranno superati pochi rimpiangeranno il motore a combustione. E per quei pochi non ci sono problemi, qualcuno ha già realizzato soluzioni commerciali, anche come accessori aftermarket, che prevedono comunque la presenza di una leva cambio e una frizione. Il controllo elettronico legge l’azionamento che si fa su questi comandi e simula sul motore elettrico il comportamento del motore termico, generando anche il rumore del motore secondo la marcia che abbiamo, virtualmente, inserito. E si può anche scegliere tra diverse tipologie di motorizzazioni, più o meno sportive ad esempio.

Nato a Carmagnola il 14 Settembre 1956. Si laurea nel 1980 in Ingegneria Elettrica, con la votazione finale di 110/110 e lode. Specializzazione in Automazione Industriale. Dopo un paio di anni di esperienza come sistemista software entra nel 1982 al Centro Ricerche FIAT. Fino al 1990 si occupa di automazione industriale e robotica, realizzando sistemi innovativi per il montaggio e l’ispezione, utilizzando sistemi di visione artificiale. Nel 1990 la tecnologia della visione artificiale diventa matura per essere utilizzata anche sul prodotto, veicolo, e quindi inizia a sviluppare sistemi di ausilio alla guida (radar anticollisione, mantenimento corsia, sensore angolo cieco). Diventa dirigente nel 1995, e gestisce i team di sviluppo di sistemi di informativa di bordo, assistenza alla guida, telematica e interfaccia con il guidatore. Coordinatore di numerosi progetti a finanziamento Europeo. Nel 2003 coordina per Fiat il progetto regionale Torino Wireless. Nel 2012 assume l’incarico di direttore della sicurezza presso l’ACEA, l’associazione Europea dei costruttori di veicoli, a Bruxelles. Rientrato in Fiat Chrysler Automotive nel 2017, lascia l’azienda nel novembre del 2017, per avviare una attività in proprio di consulenza industriale.