Auto: il test che misura i consumi

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Auto: il test che misura i consumi

Quanto sono affidabili le indicazioni delle case automobilistiche sulla spesa da sostenere per il carburante? E cosa si deve guardare per le vetture elettriche? Scopriamo come si calcola un fattore chiave quando si acquista un veicolo nuovo o usato.

Negli ultimi mesi si è assistito, a causa principalmente della guerra in Ucraina, ad un aumento importante nel prezzo dei carburanti per autotrazione. È sicuramente un punto molto importante nella spesa famigliare. Il carburante è necessario per soddisfare le esigenze di mobilità, in particolare gli spostamenti casa-lavoro, spostamenti che non sono spesso differibili o si possono soddisfare con soluzioni alternative, come i mezzi pubblici. Per ridurre la spesa è, quindi, possibile solo rivolgersi a soluzioni che permettano i necessari spostamenti con una spesa inferiore, cioè riducendo i consumi o utilizzando energia a costo inferiore (ad esempio GPL, Metano oppure trazioni di tipo elettrico o ibride).

Ridurre il consumo, a parità di chilometri percorsi, è sempre positivo. Il consumo è quindi un fattore importante nell’acquisto di un veicolo, sia nuovo che usato.

Tra i dati tecnici che troviamo nella descrizione di un modello di veicolo troviamo quindi sempre anche il consumo. Questo può essere espresso in modi diversi:

  • Chilometri che vengono percorsi con un litro di carburante
  • Litri di carburante necessari a percorrere un chilometro
  • Grammi di CO2 emessi per ogni chilometro percorso

I due primi valori sono quelli che siamo abituati a considerare. Per passare da un valore all’altro basta usare la formula:

[litri x 100 Km] = 100 / [Km per Litro]

Ad esempio, se nei dati dichiarati di un veicolo leggiamo che consuma 5 litri per percorrere 100 Km, significa che percorre 100/5 = 20 chilometri con un litro.

Per i grammi di CO2 prodotti per ogni chilometro percorso la conversione è più complessa, la formula è la seguente:

[gCO2/km] = K x [litri  x 100 km]

Dove K dipende dal combustibile utilizzato e vale:

  • 23,2 per la benzina
  • 26,5 per il gasolio
  • 17,9 per il GPL
  • 16,3 per il metano (consumo misurato in kg/100km)

Quindi il veicolo che consuma 5 litri di benzina per percorrere 100 km, produce 116 grammi di CO2 al chilometro.

Ma il consumo non è sempre lo stesso

Il consumo reale di un veicolo dipende da molti fattori, i principali sono lo stile di guida e la velocità. Se non guidiamo un veicolo elettrico o ibrido, durante ogni frenata viene dissipata in calore l’energia cinetica del veicolo. Una guida molto nervosa, composta di violente accelerazioni e decelerazioni, comporta inevitabilmente consumi molto elevati. I consumi poi crescono con il quadrato della velocità: passare da una velocità di 110 Km/h a 130 Km/h comporta un aumento dei consumi del 40%. Ecco una serie di consigli per consumare di meno:

  • accelerare molto dolcemente
  • anticipare le manovre, per evitare o ridurre le frenate
  • utilizzare le marce alte
  • ridurre la velocità, ma senza dover utilizzare le marce più basse
  • tenere le gomme correttamente gonfiate
  • viaggiare con i finestrini chiusi

Come si misurano i consumi?

Se i consumi dipendono da molti fattori, come viene calcolato il valore che andiamo a trovare riferito ad un modello di veicolo? Questi valori sono realistici o sono “ottimistici” per spingere l’acquirente all’acquisto? Essendo i consumi molto variabili secondo il tipo di utilizzo, diventa importante, più che il valore assoluto, fare in modo che il valore permetta al consumatore di confrontare correttamente i prodotti presenti sul mercato. E quindi fare scelte di acquisto corrette.

Per questo occorre che:

  • la misura dei consumi avvenga su condizioni operative identiche;
  • la misura venga eseguita su una vasta gamma di possibili condizioni operative, che rappresentino il più possibile le condizioni reali di utilizzo.

Il secondo punto è importante affinché il valore misurato si avvicini al valore che il consumatore poi troverà nella sua realtà quotidiana. Per misurare i consumi in condizioni operative identiche occorre utilizzare dei banchi a rulli. In questo modo sarà possibile misurare il consumo lungo una sequenza sempre identica di accelerazioni, decelerazioni, marcia a velocità costante, arresti.

Figura 1. NEDC test, ascissa in secondi

Inizialmente la Commissione Europea ha adottato il NEDC (New European Driving Cycle). Un ciclo di circa venti minuti, per 11 Km con il profilo di velocità che è riportato in figura. Il test non è stato definito per simulare condizioni di guida reali, ma piuttosto con l’obiettivo di ottenere misure che permettessero un effettivo e corretto confronto tra diversi modelli di veicolo. Il risultato però era che le misure erano mediamente lontane dalla realtà che il consumatore ritrovava nell’uso quotidiano del veicolo.

Per questo è stato sviluppato un nuovo ciclo di test, WLTP, esteso non solo all’Europa ma anche ad alcuni paesi del mondo (Corea, Giappone, Cina, India, ecc.), utilizzato a partire dal 2018.

Figura 2. WLTP Test, ascissa in secondi

Il test dura di più, circa 33 minuti, con una velocità media più elevata (47 km/h rispetto ai 33 del ciclo NEDC). I test si compone di quattro parti, che simulano condizioni urbane (più o meno trafficate), extraurbane e autostradali.

Come si esegue il test

Per eseguire il test WLTP, il veicolo viene posto su un banco prova a rulli in laboratorio e viene controllato per seguire i parametri e i profili di velocità prestabiliti per ciascuna fase del ciclo di test. Ma se il veicolo è fermo in laboratorio, come si fa a tener conto della resistenza aerodinamica?

Se ne tiene conto applicando una resistenza sulla rotazione dei rulli, che simula la resistenza aerodinamica. E come si calcola questa resistenza? Esistono modi diversi, qua descriviamo una delle più utilizzate il test “coast down” (giù dalla costa). Il veicolo viene lanciato in velocità e poi lasciato andare, a ruote libere e motore spento, lungo un tratto rettilineo ed in piano. Si registra quindi il profilo di velocità. La misura viene eseguita nei due sensi di marcia per compensare il fatto che la pista non sia perfettamente in piano. Da questo profilo di velocità si calcola il valore della resistenza aerodinamica in funzione della velocità, approssimandola con una funzione di secondo grado. Questa funzione viene quindi programmata sul banco a rulli, in modo da replicare la stessa funzione di coppia resistente in funzione della velocità.

Ma è possibile barare?

Lo scandalo Dieselgate del 2015 ha cambiato radicalmente il rapporto tra i costruttori di veicoli e le autorità pubbliche che definiscono i regolamenti e controllano la loro applicazioni. Ricordiamo brevemente cosa è successo.

Negli Stati Uniti si è notato che le emissioni inquinanti (monossido di carbonio, ossidi di azoto, …) di diversi modelli veicolo di un grandissimo costruttore di veicoli a livello mondiale erano corrette durante i test al banco, ma se poi si fossero misurati su strada sarebbero stati molto superiori. Emerse quindi che i veicoli avevano quello che veniva chiamato “defeat device” (dispositivo di disattivazione): il veicolo si “accorgeva” di trovarsi in una fase di test al banco di tipo omologativo e cambiava il suo funzionamento per abbassare le emissioni.

Questo modo di funzionare a “basse emissioni” pregiudica altri aspetti, come le prestazioni e i consumi. Per questo veniva usato solo durante la fase di test omologativo, quindi in qualche modo “barando”. Ma adottare un “defeat device” per i consumi è molto difficile, il profilo di velocità deve essere rispettato e quindi i margini operativi sono molto limitati. L’unico punto dove sarebbe possibile trarre dei benefici è sulla misura della resistenza aerodinamica: se questa è minore nel test i consumi si riducono. Ma il test del “coast down” avviene a motore spento e ruote libere: tutti i parametri che potrebbero avere influenza, ad esempio pressione gomme, sono regolamentati. In questo modo lo scostamento rispetto a misure in condizioni reali è piuttosto limitato. Si trovano anche dei test di riviste specializzate dove si sono misurati consumi inferiori a quelli dichiarati dalla casa.

Nei test dove vengono misurate le emissioni inquinanti il rischio di “defeat device” rimane. Per questo è stato definito un test diverso (RDE, Real driving emission). Non è più previsto un profilo di velocità da seguire, ma vengono definiti una serie di parametri entro i quali occorre restare (boundary condition). In questo modo risulta impossibile “accorgersi” di trovarsi in un test omologativo. Il test non viene eseguito in laboratorio ma in condizioni reali, su strada.

E per i veicoli elettrici?

Questi test sui consumi continuano ad avere perfettamente senso sui veicoli ibridi, tutti quelli “senza spina”, dove non è possibile caricarli dall’esterno. Recuperando l’energia in frenata i consumi, soprattutto in ambito urbano, saranno sensibilmente inferiori, come è da attendersi. Il consumatore può quindi affidarsi ancora ai dati dichiarati dalle case secondo il test WLTP anche per questi veicoli.

Ma nel caso di veicoli ibridi “plug-in”, cioè ricaricabili ad una presa esterna, la situazione diventa molto più complessa. Secondo la normativa il test WLTP viene eseguito partendo con la batteria carica. Il test prevede di percorrere 23 km, per cui molti ibridi plug-in hanno batterie in grado di coprire tutto il test in solo elettrico azzerando i consumi. I consumi dichiarati sono quindi piuttosto irrealistici, 1-2 litri per 100 km. Il consumo reale dipende ovviamente molto dal tipo di utilizzo: se il veicolo viene utilizzato prevalentemente in elettrico, quindi su tratte brevi, il consumo può effettivamente essere molto basso (anche se andrebbe aggiunto il consumo della componente elettrica).

Il test WLTP ha nuovamente senso sui veicoli puramente elettrici, dove consente non solo di calcolare il consumo, in questo caso in Kwh per 100 km, ma anche l’autonomia, fattore estremamente importante su un veicolo puramente elettrico.

Sono test affidabili?

In conclusione, possiamo considerare affidabili i dati dichiarati dalle case sui consumi, per tutti i tipi di veicoli, ad esclusione dei veicoli ibridi plug-in. Per questi ultimi più che i dati dichiarati dalla casa occorre considerare la modalità di utilizzo: consumi simili a quelli oggi dichiarati dalle case, 1-2 litri per 100 km, sono possibili solo se il veicolo viene usato prevalentemente in modalità elettrica, cioè per percorsi relativamente brevi e con ricariche frequenti.

La Commissione Europea sta monitorando l’utilizzo effettivo dei veicoli plug-in, per introdurre un fattore correttivo che ne tenga conto. Questo fattore sarà introdotto nel 2025, e si ritiene riporterà i valori dichiarati ad essere confrontabili con quelli dei motori termici. Dal punto di vista del legislatore questa sarà una ulteriore spinta verso l’adozione di motorizzazioni puramente elettriche.

Nato a Carmagnola il 14 Settembre 1956. Si laurea nel 1980 in Ingegneria Elettrica, con la votazione finale di 110/110 e lode. Specializzazione in Automazione Industriale. Dopo un paio di anni di esperienza come sistemista software entra nel 1982 al Centro Ricerche FIAT. Fino al 1990 si occupa di automazione industriale e robotica, realizzando sistemi innovativi per il montaggio e l’ispezione, utilizzando sistemi di visione artificiale. Nel 1990 la tecnologia della visione artificiale diventa matura per essere utilizzata anche sul prodotto, veicolo, e quindi inizia a sviluppare sistemi di ausilio alla guida (radar anticollisione, mantenimento corsia, sensore angolo cieco). Diventa dirigente nel 1995, e gestisce i team di sviluppo di sistemi di informativa di bordo, assistenza alla guida, telematica e interfaccia con il guidatore. Coordinatore di numerosi progetti a finanziamento Europeo. Nel 2003 coordina per Fiat il progetto regionale Torino Wireless. Nel 2012 assume l’incarico di direttore della sicurezza presso l’ACEA, l’associazione Europea dei costruttori di veicoli, a Bruxelles. Rientrato in Fiat Chrysler Automotive nel 2017, lascia l’azienda nel novembre del 2017, per avviare una attività in proprio di consulenza industriale.