La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Formazione, fiducia, inclusione e sicurezza. I cambiamenti destinati a ridisegnare le strategie delle aziende e l’approccio delle persone al lavoro.
Formazione, fiducia, inclusione e sicurezza. I cambiamenti destinati a ridisegnare le strategie delle aziende e l’approccio delle persone al lavoro.
Negli ultimi mesi il nostro modo di lavorare ha subìto un vero choc. I ritmi che scandivano la nostra giornata sono stati scardinati, l’idea di ufficio demolita, i rapporti con i colleghi indeboliti. Per non parlare delle nostre abitudini: spazzate via nel tempo lampo di un deciso colpo di spugna. E ora in molti si chiedono cosa ci riserverà il post pandemia. Un ritorno al passato è altamente improbabile, dunque i nostalgici si mettano pure l’anima in pace e si preparino, invece, a vivere una nuova dimensione lavorativa che potremmo paragonare a un grande e complesso patchwork fatto di situazioni completamente nuove che si incastrano con vecchi concetti rivisitati e migliorati all’insegna di un più vantaggioso work life balance. Otto sono in particolare le evoluzioni e i cambiamenti destinati a ridisegnare le strategie delle aziende e il nostro approccio al lavoro.
Il lavoro a distanza è destinato a restare anche nel futuro ma con una modalità ibrida, ovvero lavoreremo in modo flessibile su più sedi, in spazi di lavoro sempre più coinvolgenti e produttivi capaci di soddisfare il modo di operare di ognuno di noi. Per Nicholas Bloom, professore di economia dell’Università di Stanford, la situazione ottimale sarà lavorare a distanza per due giorni alla settimana e il resto in ufficio. Questa modalità consentirà di ovviare a quei problemi di isolamento avvertiti da molti lavoratori negli ultimi mesi, mantenendo in vita quelle qualità intangibili del lavoro che alimentano la nostra vitalità, creatività, umanità e socialità. In tutto questo la tecnologia giocherà ovviamente un ruolo fondamentale. Il passaggio a nuovi modelli operativi digital-first consentirà alle aziende di tutti i tipi di sfruttare appieno i talenti che hanno all’interno e quelli che saranno capaci di acquisire in futuro e sfruttare al massimo le opportunità di crescita disponibili. Per gli esperti le organizzazioni che non saranno in grado di sfruttare l’approccio al lavoro multicanale sono destinate a non sopravvivere.
La diffusione del lavoro da remoto porterà a una naturale decentralizzazione della forza lavoro che riprogetterà i nostri centri urbani e il loro ruolo sociale. Già oggi più della metà delle 100 aree metropolitane più grandi degli Stati Uniti sta assistendo a un aumento tra i loro abitanti dell’interesse a vivere in periferia e il 36% di loro ha registrato un calo degli affitti nel corso del 2020 rispetto allo scorso. Lo stesso sta avvenendo in Italia. In base a uno studio di Immobiliare.it, durante il primo lockdown il fenomeno dello South working, ha fatto lievitare del 290% la disponibilità di camere per studenti e lavoratori, in linea con quanto avvenuto in altre città come Bologna (+270%), Roma (+ 130%), Torino (+108%). Nello stesso periodo, stando ai dati diffusi da Solo Affitti, che riunisce 350 agenzie immobiliari in tutta Italia, il 79,5% dei punti vendita affiliati ha ricevuto richieste di risoluzione del contratto di locazione da parte di studenti universitari fuori sede e lavoratori. Un fenomeno destinato a durare nel tempo a vantaggio di locazioni di immobili in provincia e al Sud del paese.
3 – Dal business first al people first
La pandemia ha avuto la forza di mettere a nudo il nostro sistema economico mostrando tutta la sua fragilità. Gli operatori di mercato hanno finalmente capito che senza le persone non vanno da nessuna parte. Mettere i lavoratori al centro del proprio business nel prossimo futuro non sarà più una scelta illuminata di management, ma un obbligo. Cosa significa? Significa attivare delle politiche di gestione del personale mirate a soddisfare le esigenze dei dipendenti. Obiettivo: farli sentire sempre più coinvolti nel lavoro, dare uno scopo al loro ruolo, dunque più soddisfatti e produttivi.
4 – Dal controllo alla fiducia
Coinvolgere i dipendenti significa anche abbandonare una gestione del personale verticale basata sul controllo per una davvero orizzontale basata dalla fiducia. Senza questo passaggio culturale tra il management delle imprese non può esserci vero smart working né vero cambiamento.
5 – Da una politica retributiva basata sul tempo a una centrata sugli obiettivi
Imparare a gestire una forza lavoro più autonoma e meno centrata sul posto di lavoro è una delle nuove grandi sfide che le aziende si trovano ad affrontare. E comporterà anche l’abbandono dei vecchi schemi di remunerazione e valutazione, finora fortemente basati sulla presenza in ufficio e sulle ore lavorate. Il mancato adeguamento della performance evaluation alla maggiore autonomia ottenuta dai lavoratori limiterebbe molto l’impatto positivo che possono avere gli accordi di lavoro più flessibili.
6 – Da una formazione anonima a una personalizzata
L’accelerazione della digitalizzazione in tutte le tipologie di imprese ha portato un aumento della richiesta di riqualificazione e aggiornamento tra il personale di tutte le generazioni. In base alle ultime ricerche fatte in materia, oggi solo il 16% dei nuovi assunti possiede le competenze necessarie per la professione che sono chiamati a svolgere. Non solo. In base a uno studio di Deloitte, oltre la metà dei manager aziendali sostiene che nei prossimi tre anni più della metà dell’intera forza lavoro dovrà modificare le proprie competenze e capacità.
Per questo riqualificare e migliorare le competenze dei lavoratori diventerà ancora più una necessità nel 2021. Ma per essere davvero efficace e per ottimizzare gli investimenti che andranno a fare, le imprese dovranno puntare su percorsi di training personalizzati per ogni dipendente e non solo in ambito tecnico ma anche in quello più soft. Il che presuppone a monte un’analisi delle competenze di ognuno per poi andare a colmare i gap necessari per svolgere al meglio la propria professione.
7 – Dalla retribuzione alla sicurezza
A cambiare saranno anche i criteri con cui le persone valuteranno le aziende in fase di selezione. Se prima prevalevano la retribuzione, le possibilità di crescita professionale, la distanza da casa, in futuro la priorità verrà data alla sicurezza, alla protezione e alla salute.
Una tendenza che già si era palesata durante il primo lockdown, ma che è destinata a potenziarsi ulteriormente nel tempo. In generale i dipendenti chiederanno di più ai loro datori di lavoro. E non solo in termini di sicurezza. La recessione economica avviata dalla pandemia ci ha reso tutti più sensibili verso chi ha perso il lavoro e verso chi è in difficoltà con la gestione dei problemi famigliari. E le aziende non possono più pensare solo al business, ora devono essere in grado di fare la differenza nella società, specialmente in tempi di forte polarizzazione sociale. Insomma, ai lavoratori gli slogan non bastano più vogliono vedere la capacità delle loro aziende di esprimere i valori e cultura aziendale attraverso azioni concrete.
8 – Dalla diversità all’inclusione
La crisi economica e sociale ha messo tutte le aziende sotto la lente di ingrandimento degli stakeholder che, dopo la perdita del posto di lavoro di molte donne a causa del Covid19 e l’incremento di tensioni razziali e sociali, hanno messo le politiche di inclusione e di pari opportunità nell’elenco delle loro priorità. Ciò sta spingendo molte aziende a investire somme sempre più consistenti in questo campo. Anche perché, il 70% delle persone in cerca di nuova occupazione nel 2020 ha dichiarato di voler lavorare per un’azienda che dimostri un impegno per la diversità e l’inclusione. Molte sono le grandi realtà internazionali che hanno già investito in questa direzione. Bank of America, per esempio, ha fatto sapere che nei prossimi 4 anni investirà 1 miliardo di dollari per combattere la disuguaglianza razziale ed economica. Intel, invece, ha annunciato di voler raddoppiare il numero delle minoranze in ruoli di leadership nel prossimo decennio e Starbucks punta ad avere una rappresentanza del 30% delle minoranze nei prossimi cinque anni. Del resto, come diceva anche una ricerca di McKinsey fin dal 2018, quanto più è grande la diversità della forza lavoro, tanto più alti sono i profitti e le possibilità di generare valore.