Workplace: impariamo dal rugby

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Workplace: impariamo dal rugby

Lo scrum management aiuta nella gestione di progetti che guardano all’innovazione radicale. Come uscire vincenti dalla mischia.

Quando si parla di innovazione radicale, la parola d’ordine è “scrum management”. Era il 1986, 35 anni fa, quando nel loro contributo dal titolo The new new product development game Hirotaka Takeuchi e Ikujiro Nonaka introdussero il termine scrum per descrivere il rugby approach allo sviluppo di nuovi prodotti. Nel festeggiare il compleanno del cosiddetto scrum management riflettiamo sulle sue fondamenta così da arrivare a individuarne i punti di forza e le possibili crepe.

Di cosa parliamo:

  • dal rugby alla gestione dei progetti di innovazione radicale
  • la fase di elenco dei requisiti di prodotto con le “user story”
  • la fase degli sprint articolati in 4 passi principali
  • il ruolo cerniera dello scrum master

Dal rugby alla gestione dei progetti di innovazione radicale
Il primo chiarimento da fare riguarda l’origine del nome scrum. Deriva dall’inglese ed è traducibile in italiano con il termine “mischia”. È la fase in cui i team si compattano in campo per decidere le mosse da compiere.

La fase di elenco dei requisiti di prodotto con le user story
Se la “mischia” è un’attività sportiva che, almeno da spettatori, abbiamo visto fare in campo dai giocatori di rugby, meno note o impresse nella mente sono le due fasi in cui deve essere gestito un progetto secondo l’approccio di “mischia”. La prima fase consiste nell’elenco dei requisiti di prodotto, in inglese product backlog list: il risultato è una lista in cui le specifiche vengono indicate e disposte in base alla loro priorità. Particolarmente utile è presentare i requisiti come “storie”: sono le cosiddette user story, utili per individuare le funzionalità richieste dall’utente finale del prodotto che si andrà a sviluppare.

La fase degli sprint articolati in 4 passi principali
Alla fase di individuazione dei requisiti deve seguire quella degli “sprint” ovvero gli sviluppi di durata variabile da due a quattro settimane. Ogni sprint, a sua volta, si articola in quattro passaggi: lo sprint planning in cui il team pianifica le attività, il daily scrum ossia la pianificazione dettagliata valida per le 24 ore successive, lo sprint review ovvero la validazione di quanto sviluppato e la ridefinizione dell’elenco dei requisiti di prodotto e, da ultimo, lo sprint retrospective che consiste nell’analisi di quanto è stato fatto per progettare il prossimo sprint dal punto di vista delle persone coinvolte, degli strumenti da utilizzare e dei processi.

Il ruolo cerniera dello scrum master
L’ultimo aspetto da chiarire riguarda il ruolo del “maestro di mischia” o scrum master. È a lui che spetta la responsabilità di garantire che il progetto prosegua nel miglior modo possibile, interfacciandosi con i clienti e gli sviluppatori e risolvendo eventuali incomprensioni.
Ed è qui che, in vista del 2022, possiamo tirare le conclusioni: se il lavoro fatto “a mischia” ci introduce a un’organizzazione piatta, contrapposta a quella tradizionale gerarchica, dobbiamo fare attenzione al ruolo di facilitatore rappresentato dallo scrum master. Va benissimo lo scrum management, ma non dimentichiamo il “ruolo cerniera” ossia chi può rendere più facile e snello il lavoro del team.

Top voice di LinkedIn in Italia, milanese, dal 2017 cura su LinkedIn la “Rassegna quotidiana del cambiamento sul lavoro” delle ore 8 ed è promotore del portale Rassegnalavoro. Ogni giovedì, su LinkedIn, conduce alle 18 il talk “New Normal Live” dedicato alla “nuova normalità” sul mondo del lavoro. Giornalista professionista, ha scritto per più di 30 testate come il Corriere della Sera. Si occupa di comunicazione digitale aziendale e, in particolare, della progettazione, della realizzazione e dell’implementazione di community professionali. Suo il libro ​“Tempo di IoP: Intranet of People” dedicato alla comunicazione interna d’impresa. ​