La verità non è pessimismo

Society 3.0


La verità non è pessimismo

Crisi climatica, business e altri perché della sostenibilità ci pongono spesso di fronte a una visione leopardiana del mondo. Ma è esattamente il contrario.

Un giorno, una mia professoressa riuscì a darmi l’unica spiegazione che mi abbia mai convinto del pessimismo di Giacomo Leopardi: «Nicolò – mi disse – quello che i manuali, semplificando, chiamano pessimismo, per Leopardi era semplicemente la visione chiara (e non peggiorativa) della realtà». Negli ultimi tempi, mi torna spesso in mente questa frase. E, soprattutto – lo ammetto – quando ho molto caldo, dico a me stesso: la crisi climatica non è pessimismo, è verità.

Questi ultimi anni ci hanno insegnato a non sottovalutare nulla: ciò che reputiamo impossibile, quasi fantascientifico, può – ahinoi – realizzarsi. E si sta già realizzando. Viviamo in un mondo post-pandemico afflitto da evidenti cambiamenti climatici, che ogni giorno ci sussurra che “no, non c’è un pianeta B”.

È nostra la responsabilità di lasciare agli altri – al presente, ma anche al futuro – di decidere in totale libertà quale vita vivere e come. È nostra la responsabilità di garantire alle generazioni successive – attenzione, non parlo solo di un futuro remoto, ma di chi è già nato, dopo di noi – una libertà che non sia condizionata dalle nostre scelte errate; fare in modo che non debbano combattere contro i mostri a cui abbiamo dato vita.

È solo in questa ottica, con questo presupposto, che possiamo e dobbiamo sentirci liberi di soddisfare i nostri bisogni attuali. Fateci caso: nessun criterio di sostenibilità obbliga o suggerisce di mettere da parte il presente a favore del futuro. Si tratta di far convivere queste due temporalità e armonizzarle.

Il mondo ci chiede di essere sostenibili e i governi ce lo stanno progressivamente e legittimamente imponendo. Ci invitano a cambiare cosa mangiamo e quanto sprechiamo, a muoverci con soluzioni alternative, a usare energie rinnovabili, a supportare imprese e società che mettono in pratica azioni volte alla riforestazione o alla decarbonizzazione. Insomma, ci troviamo difronte ad un bivio, in quanto individui, ma anche in quanto aziende: o adotteremo un’economia sostenibile o ci condanneremo a un’inevitabile esclusione (ed estinzione).

Qualsiasi sia la vostra convinzione, ma anche il vostro business, il vostro mercato, state attenti: sarete valutati sempre di più sulla base di questi criteri, che determineranno il vostro successo. Che siate o meno predisposti a tale cambiamento, il prezzo da pagare, se deciderete di non accogliere la sostenibilità sarà essere tagliati fuori – da un mondo che ormai corre correttamente in un’altra direzione, ma anche dal business.

Sono certo che molti di voi, pur adottando una serie di comportamenti sostenibili nel quotidiano, preferiscono comunque non investire in sostenibilità per la propria azienda, pensando: «il mio cliente non pagherebbe mai di più per un prodotto sostenibile»; «non esiste nessuna norma che me lo impone, quindi aspetto»; «è un investimento che non genera alcun tipo di profitto, se non moralmente». Sbagliato. Essere sostenibili non è solo una responsabilità, una scelta etica, l’espiazione di una colpa, la tutela di una libertà. Essere sostenibili è un investimento che crea vantaggi e riduce i rischi. Vediamo perché.

Genera profitto

Se la sola idea di adottare questo cambiamento vi provoca ansia a causa dei suoi costi, c’è una buona notizia: investire nella sostenibilità è oggi un ottimo affare. A medio e a lungo termine, c’è una correlazione diretta tra la performance finanziaria di un’azienda – a qualsiasi livello – e le sue azioni sostenibili.

Crea reputazione

Se accantonerete la reputazione per pensare agli affari, ve lo garantisco: perderete sia la reputazione che gli affari.

Attrae fidelizzazione

Le emozioni determinano le nostre scelte di acquisto: trovare un prodotto, un modello di business e un ambiente sostenibile ormai ne muove più di quanto potessimo mai immaginare. Penso sia ormai palese a tutti che, non avendo più un sistema di valori stabile proveniente da governi o istituzioni, siamo più propensi a ricercarlo nella comunità e persino nei prodotti. I consumatori sono sempre più consapevoli e le aziende devono necessariamente rispondere alle loro aspettative, ripensando ai modelli di business, innovando prodotti e servizi e creando una loro immagine positiva in grado di aprire nuovi canali di relazione con il cliente.

Dunque, la verità del cambiamento climatico non è (purtroppo) pessimismo. Ed essere fedeli a una visione chiara della realtà significa non solo impegnarsi a liberare quest’ultima dalle falsità o dalla patina di astrazione, ma anche ricostruire altri perché che potrebbero ulteriormente indurci alla sostenibilità.

Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.