Facciamo perno come nel basket

Society 3.0


Facciamo perno come nel basket

Cosa hanno in comune Michael Jordan, Davide Oldani, Galileo e Popper? Un approccio al lavoro che è molto simile a una partita di pallacanestro e aiuta a perseverare o scartare un’idea.

Lui saltava più in alto di tutti: aveva il numero 23. È Michael Jordan, il più grande giocatore di basket. E allora, essendo l’anno 2023, proviamo a fare un salto in avanti nel nostro approccio al lavoro, partendo dalla lezione che vi viene dalla pallacanestro. La domanda da porsi è semplice: quando un’idea va sviluppata e quando va scartata? Perseverare o scartare? Proviamo a rispondere con l’aiuto della scienza, dell’epistemologia e della strategia innovativa.

Di cosa parliamo:

  • La lezione di Davide Oldani e Michael Jordan: chi non ci prova non è perdonabile
  • Da Galileo a Popper, fino all’approccio “lean” o snello
  • L’insegnamento che possono darci i clienti
  • La trasformazione dell’idea con la lezione del basket

La lezione di Davide Oldani e Michael Jordan: chi non ci prova non è perdonabile

Partiamo dalla storia dello chef stellato Davide Oldani. Da bambino sognava di fare il calciatore: arrivò a giocare nella serie C2. Poi successe un imprevisto: la frattura scomposta di tibia e perone unita alla rottura del menisco. La cucina fu il piano B o, meglio, la “sconfitta liberatoria”. Lo raccontò bene, parlando della musica, Bob Dylan nella serie “Loser” di Netflix con la frase «There’s no success like failure», in italiano «Non c’è successo come il fallimento».

«La sconfitta è un test diagnostico, ci suggerisce cosa non va e contiene i semi dei futuri successi», spiega lo psicologo Umberto Longoni, autore di Il tennis al contrario. Perdere insegna a vincere, nel tennis e nella vita. È un test importante se si adotta la “strategia del bruco”, concentrandosi sull’idea del miglioramento continuo e guardando al futuro volo da farfalle. Lo ha fatto la squadra femminile OSG Dalmine Basket che tempo fa ha festeggiato il record di 100 sconfitte (con due sole vittore) indossando la t-shirt “The 100 lost”, la cui foto è diventata virale. In sostanza, per tornare alla cucina d’autore, «come insegna Michael Jordan, io perdono chi sbaglia, non perdono chi non ci prova», ricorda Oldani.

Da Galileo a Popper, fino all’approccio “lean” o snello

Abbiamo capito che chi non fa, non falla o sbaglia. Il passaggio da compiere, ora, è individuare come muoverci per non andare allo sbaraglio e fare danni. Ci viene in aiuto la scienza sperimentale di Galileo Galilei. Il 13 marzo del 1610 il tipografo Tommaso Baglioni finì la stampa del suo Sidereus Nuncius, in italiano “Annunciatore celeste” o “Messaggero delle stelle”. Dopo un’attenta sperimentazione lo scienziato pisano annunciò tre scoperte: la superficie montagnosa della Luna, la composizione di stelle della Via Lattea e, infine, la presenza di satelliti intorno a Giove. Se non avesse provato e riprovato, sperimentato e ancora sperimentato, Galileo non avrebbe mai scoperto un nuovo universo.

Un altro riferimento da tenere a mente è quello del filosofo Karl Popper, uno degli esponenti più rappresentativi dell’epistemologia dei nostri giorni: secondo la sua teoria della falsicabilità, enunciata nel saggio “La logica della scoperta scientifica” del 1935, un’ipotesi o una teoria ha carattere scientifico soltanto quando è suscettibile di essere smentita dai fatti dell’esperienza. Serve, quindi, elaborare delle “ipotesi falsificabili”, individuando un modello di business che metta al centro i clienti, la nostra proposta di valore, i canali utilizzati, le relazioni da attivare, i costi e i ricavi.

L’insegnamento che possono darci i clienti

Possiamo eliminare l’incertezza sui passi da compiere attraverso la “discesa in campo” o, per semplificare, l’interazione con i clienti sia essi interni all’azienda (i nostri colleghi, termine più bello rispetto a quello di clienti) oppure esterni. Come insegna Eric Ries nel suo celebre libro The lean startup, tradotto in Italia con “Partire leggeri. Il metodo lean startup: innovazione senza sprechi per nuovi business di successo”, per falsificare le ipotesi generate serve fare degli esperimenti. Dobbiamo costruire uno o più “pre-totipi” del prodotto o servizio da offrire, incorporando il minor numero di attività necessarie per dimostrare l’erroneità delle ipotesi. Il tutto per arrivare ad apprendere sul campo, mettendo il prodotto nella sua forma “pre-totipale” nelle mani dei clienti così da ottenere un apprendimento validato. I risultati di questo processo potranno essere categorizzati in ipotesi confermate oppure rifiutate.

La trasformazione dell’idea con la lezione del basket

Il passaggio successivo è quello di prendere delle decisioni. La logica “lean” o agile vuole che, se l’idea è stata accettata dai clienti, come confermato dagli esperimenti, occorre perseverare nel suo sviluppo. Se l’ipotesi è stata completamente rigettata dai clienti, occorre abbandonare l’idea e farla perire.

C’è un altro caso che si verifica quando l’idea è stata rigettata solo parzialmente. A questo punto entra in campo il basket: possiamo, in sostanza, effettuare un pivot o “perno” sull’idea, aggiustandola in base ai feedback ricevuti. È, appunto, il “pivoting” che nella pallacanestro consiste nel prendere la palla, mantenere una gamba e un piede fissi nella stessa posizione, e ruotare il resto del corpo e la gamba opposta. Anche nel contesto lavorativo possiamo fare “pivoting”, mantenendo fissa quella parte dell’idea originale che viene validata dai clienti, ma modificando le restanti parti che hanno ricevuto feedback contrastanti.

Top voice di LinkedIn in Italia, milanese, dal 2017 cura su LinkedIn la “Rassegna quotidiana del cambiamento sul lavoro” delle ore 8 ed è promotore del portale Rassegnalavoro. Ogni giovedì, su LinkedIn, conduce alle 18 il talk “New Normal Live” dedicato alla “nuova normalità” sul mondo del lavoro. Giornalista professionista, ha scritto per più di 30 testate come il Corriere della Sera. Si occupa di comunicazione digitale aziendale e, in particolare, della progettazione, della realizzazione e dell’implementazione di community professionali. Suo il libro ​“Tempo di IoP: Intranet of People” dedicato alla comunicazione interna d’impresa. ​