La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Il non dormire in ufficio porta a una perdita di produttività pari a 63 miliardi di dollari l’anno. L'ideale sarebbe lavorare non più di 4 ore al giorno. E le nap room nate in Giappone si stanno diffondendo in tutto il mondo.
Il non dormire porta a una perdita di produttività pari a 63 miliardi di dollari l’anno. L’ideale sarebbe lavorare non più di 4 ore al giorno. E le nap room nate in Giappone si stanno diffondendo in tutto il mondo.
Il cambiamento della società influenza immancabilmente il mondo del lavoro e ne cambia abitudini, ritmi, organizzazione. Così dopo aver messo in soffitta l’orario fisso e aver sdoganato definitivamente lo smart working, ora si sta facendo largo il concetto del dormire come segreto per ottimizzare la produttività in azienda. Tanto che negli States il libro Rest: why you get more done when you work less, ovvero: Riposatevi, perché ottenere di più lavorando meno, scritto da Alex Soojung-Kim Pang, consulente aziendale, futurista e docente presso l’Università della Pennsylvania, ha richiamato l’attenzione di numerosi media registrando un successo inaspettato. In pratica Pang sostiene che «lavorare di meno e ritagliarsi più tempo per il riposo, garantirebbe nel lungo termine dei risultati più performanti. Una mente riposata è una mente più creativa e volenterosa, la quantità potrà essere minore, ma la qualità aiuterebbe a controbilanciare le perdite nel settore produttivo».
Per l’esperto L’ideale sarebbe lavorare non più di 4 ore al giorno, come del resto, «secondo l’antropologo Marshall Sahlins, già facevano i nostri antenati che limitavano il tempo da dedicare a caccia e agricoltura alle loro necessità», si legge in una recensione del libro fatta dal quotidiano Guardian. «Siamo creature ritmiche, e quella parte del nostro ciclo vitale che permette al cervello di non sovraccaricarsi è altrettanto essenziale per il risultato finale. Il punto non è che il mondo sarebbe un posto migliore se nessuno si sentisse obbligato a lavorare per molte ore. Il fatto è che per quanto riguarda qualsiasi lavoro minimamente creativo, una cultura che non dà spazio al riposo è condannata alla sconfitta, anche solo per quanto riguarda i risultati finali». La teoria riportata nel libro viene poi sostenuta da numerosi esempi: da Charles Darwin che lavorava per due blocchi di novanta minuti al mattino, poi per un’altra ora più tardi; al matematico Henri Poincaré che si metteva all’opera dalle dieci del mattino a mezzogiorno e poi dalle cinque alle sette del pomeriggio.
A sostenere la teoria che il riposo fa bene al rendimento in ufficio è anche la National Sleep Foundation di Washington (NFS), che da anni porta avanti una campagna di sensibilizzazione per la promozione del sonno e dei suoi effetti salutari. Per gli studiosi americani la sonnolenza quotidiana mette in crisi concentrazione, umore e creatività. Senza considerare che chi dorme troppo poco corre anche grossi rischi per la salute: dall’ipertensione al diabete fino alla depressione. Insomma per la Nsf dormire aiuta a cancellare le tossine dal cervello e a essere più efficienti e più veloci nel prendere decisioni. E il sito Sleep.org, ha calcolato persino il costo economico della sonnolenza sul posto di lavoro, stabilendo che, solo per quanto riguarda gli Usa porta a una perdita di produttività pari a 63 miliardi di dollari l’anno.
Le aziende più attente non hanno perso tempo e si sono attivate inaugurando spazi al loro interno dove i lavoratori possono fare una pennichella ( dormire per un breve tempo ) durante l’orario di lavoro. Così l’usanza diffusa da tempo nelle imprese giapponesi, dove i lavoratori sono abituati a lavorare H24, ora sta prendendo sempre più piede anche in Usa e in Europa. Nike, per esempio, mette a disposizione dei suoi dipendenti dello stabilimento di Portland stanze silenziose dove dormire o meditare. Nelle sedi Usa ed europee di Google, ci sono invece speciali capsule per dormire. Lo stesso hanno fatto la Nasa e la British Airways. E addirittura c’è stato chi come Mark Bertolini ceo di Aetna, compagnia assicurativa americana specializzata in polizze sanitarie, è arrivato a pagare i dipendenti affinché dormissero almeno 7 ore per notte, il minimo per assicurarsi performance soddisfacenti. «Se sono in grado di dimostrare che dormono 7 ore o più per 20 notti daremo loro 25 dollari in più a notte: fino a 500 dollari in più l’anno», ha spiegato il manager nel 2016 durante il talk show Squawk Box è onda sulla Cnbc, illustrando la sua ricetta che è poi rimbalzata sui media internazionali.
Il trend della pennichella è talmente marcato che ha solleticato la fantasia di aziende specializzate nella produzione di attrezzatura per ufficio che propongono ad aziende e lavoratori le soluzioni più disparate: dallo Ostrich Pillow alle Bolle di privacy fino a scrivanie con annesso il letto. E in Italia? Qui le nap room sono roba da multinazionali del calibro di Facebook, Linkedin e Google, ma indubbiamente gli spazi lavoro stanno subendo profondi cambiamenti anche nel resto del nostro mondo imprenditoriale. Certo si tratta di una rivoluzione lenta, ma è iniziata. «Per esempio stiamo assistendo a una crescita degli spazi informali e di aree di decompressione a supporto delle attività lavorative» spiega l’architetto Alessandro Adamo, partner della società di progettazione Lombardini22 e direttore di DEGW, brand specializzato da 30 anni in consulenza e progettazione del workplace, con clienti del calibro di Oracle, Microsoft, Allianz. «Tanto che se fino a pochi anni fa il 90% dello spazio ufficio era destinato ad aree lavoro e il 10% ad aree a supporto del business, oggi quest’ultima raggiunge anche il 40%».
Un’inversione di tendenza legata al concetto di benessere delle persone in azienda. Così negli uffici di nuova generazione si fanno largo aree di socializzazione dove i dipendenti possono scambiarsi idee e fare brainstorming informali e confortevoli spazi per la decompressione da utilizzare nei momenti di pausa «arredati in modo informale con materiali e colori più vicino allo stile delle lounge che non a quello di un ufficio classico, dove sembra di essere in un ambiente più domestico e dove i lavoratori possono sentirsi bene e perfettamente a loro agio» spiega Adamo. Un esempio significativo è dato dalla varietà di ambienti e atmosfere create per la nuova Microsoft House a Milano, dove negli spazi denominati Social hub, le persone si possono incontrare, fare riunioni informali con monitor a parete o piccoli break con i colleghi. Sport, città, natura sono i temi che danno il mood e il tono a questi ambienti, personalizzati nelle finiture e negli arredi su misura secondo il tema, ognuno a rappresentare un piano operativo. Un primo passo importante nella direzione di una progettazione degli spazi per le persone, il vero valore delle aziende.