La sharing economy diventa di lusso

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La sharing economy diventa di lusso

Non solo utilitarie e divani in “affitto”. La sharing economy si arricchisce di servizi sempre più esclusivi come auto di grossa cilindrata, barche, dimore lussuose e accessori ricercati. Ne abbiamo parlato con un esperto, il professore Luciano Canova.

Non solo utilitarie e divani in “affitto”. La sharing economy si arricchisce di servizi sempre più esclusivi come auto di grossa cilindrata, barche, dimore lussuose e accessori ricercati. Ne abbiamo parlato con un esperto, il professore Luciano Canova.

Chi l’ha detto che la sharing economy nasce per risparmiare? L’economia della condivisione affonda le proprie radici nella ricerca dell’efficienza, nel rispetto dell’ambiente, in sostanza sconfina nel campo dei «valori». Per Luciano Canova, docente di Economia comportamentale all’Università di Pavia, non ci sono dubbi al riguardo: «Si guardi a Bla Bla Car: in questo caso utilizzare al meglio le risorse disponibili è il senso profondo del servizio. L’effetto è, naturalmente, il risparmio, ma c’è qualcosa di più, per esempio il capitale relazionale, spesso dimenticato».
Ovviamente l’associazione fra giovani e sharing ha portato a spiegare in maniera riduttiva il boom di questi servizi con la necessità di spendere poco perché nell’immaginario collettivo l’utente medio è un giovanissimo privo di grandi capacità di spesa. Invece le cose non stanno esattamente in questo modo, o almeno, non stanno più così. Non si spiegherebbe altrimenti il grande successo registrato in questi ultimi tempi di alcuni servizi di condivisione espressamente pensati per chi ha grandi possibilità di spesa.
«Gli utenti forti della sharing economy – continua Canova –  sono quelli che usano molto la rete e che fanno shopping elettronico, altro tratto distintivo. Stiamo parlando di persone in una fascia di età compresa fra i 30 e i 40 anni, quindi non di giovanissimi, che spesso hanno raggiunto una buona posizione sociale. Inoltre bisogna considerare un altro aspetto: lo status non si esprime più con la proprietà ma stiamo assistendo a un sistema in radicale trasformazione. Una transizione è in atto, ci sono tutti i segnali: case automobilistiche come BMW hanno iniziato a mettere a disposizione flotte di auto di lusso con modalità sharing, accanto alla vendita tradizionale». ondivisione per pochi

Una sharing economy per pochi

Già oggi ci sono già tutti gli ingredienti per parlare di sharing di lusso. L’esempio della Bmw non è infatti l’unico. Si pensi alla condivisione delle abitazioni: non stiamo parlando di Airbnb, ma di Onefinestay.com, un servizio che permette di affittare temporaneamente soltanto dimore private di altissimo pregio nel cuore delle città più belle del mondo. Il servizio, lanciato a Los Angeles, Parigi, New York e Londra, nella primavera scorsa è sbarcato anche a Roma. Il sistema è collaudato: i proprietari che si trovano altrove per ragioni di lavoro o di turismo, magari in un’altra abitazione di proprietà, mettono a disposizione la loro lussuosa dimora ricavando del reddito ma creando soprattutto un network di nuove relazioni. Un cambio di mentalità epocale se si pensa che difficilmente solo pochi anni fa una ricca famiglia romana avrebbe accolto dei perfetti estranei in casa, men che meno senza essere presenti. Gli ospiti potranno così usufruire dei comfort tipici di un albergo di lusso (il servizio mette a disposizione del personale disponibile 24 ore su 24) ma potranno risiedere in un contesto più familiare e meno impersonale rispetto a quello di un hotel, anche se esclusivo. Iniziano anche a diffondersi siti che consentono di affittare accessori molto costosi come Bagborroworsteal.com.

«La parola d’ordine – spiega Canova – non è risparmiare ma agevolare l’accesso al servizio, un concetto del tutto nuovo. Il fenomeno, quindi, è destinato a diffondersi anche ad altri ambiti esclusivi, come le barche di lusso, le case di vacanze prestigiose in località rinomate, i velivoli privati. Non è un caso se molte grandi aziende, anche se non specializzate nel lusso, cominciano a ‘ibridare’ i modelli di business a favore di modalità sharing. Basti pensare ad Amazon e al progetto di utilizzare modalità sharing per la consegna dei pacchi, servendosi dei propri utenti. E credo che a brevissimo la finanza, tradizionalmente un settore per pochi, sarà interessata da un’espansione di servizi di prestito e bancari con modalità sharing. Anche Facebook ha ottenuto in Irlanda lo statuto di banca».
Del resto, come evidenziato da una ricerca realizzata da Canova con la professoressa Stefania Migliavacca, oggi la sharing economy soltanto in Italia vale qualcosa come 3,5 miliardi di euro. Ma è lo scenario futuro a impressionare con una vera e propria esplosione di utenti proprio nella fascia di età più matura  (tra 35 e 54 e sopra i 55 anni), guarda caso quella con maggiori capacità di spesa. Tutto ciò si dovrebbe tradurre in un balzo eccezionale della sharing economy nel Bel Paese che potrebbe valere qualcosa come 10,29 miliardi nel 2020 e quasi 20 nel 2025. Secondo una recente ricerca di PWC, a livello europeo si proietta una crescita addirittura esponenziale (più di 500 miliardi di euro nello scenario migliore al 2025).

Giornalista, vivo di e per la scrittura da quattordici anni. Cresco nelle fumose redazioni di cronaca che abbandono per il digitale dove perseguo, però, lo stesso obiettivo: trasformare idee in contenuti.​