La sanità è condivisa

Sharing


La nuova frontiera dei consumi collaborativi è la sanità, un settore dove le malattie croniche crescono di pari passo con l'allungamento dell'aspettativa di vita.

La nuova frontiera dei consumi collaborativi è la sanità, un settore dove le malattie croniche crescono di pari passo con l’allungamento dell’aspettativa di vita.

La sharing economy sarà sociale o non sarà. Dopo la condivisione degli alloggi con AirBnb o dei tragitti in macchina con BlaBlaCar, la nuova frontiera dei consumi collaborativi è la sanità, un settore dove le malattie croniche crescono di pari passo con l’allungamento dell’aspettativa di vita, aprendo nuove opportunità di collaborazione fra pari.

Uno dei primi esempi di sanità condivisa è stata la piattaforma americana HelpAround, creata nel 2013 per mettere in contatto i malati cronici con chi è disponibile a fornire loro assistenza nelle varie fasi della malattia, tentando di preservare il più possibile la loro qualità della vita. La piattaforma è stata fondata da Yishai Knobel e Shlomi Afialo, entrambi passati attraverso l’esperienza di un legame familiare con un diabetico e quindi più sensibili alle esigenze di questa comunità, ma nel tempo si è allargata ad altre malattie croniche. HelpAround è un ottimo caso di sharing sociale, in cui alcuni mettono a disposizione volontariamente tempo e competenze a vantaggio di altri, i malati che hanno bisogno d’aiuto, creando così una vera e propria comunità online incentrata su una certa malattia.

Seguendo un concetto analogo è nata la rete PatientsLikeMe, che opera in base al motto: “Miglioriamo l’assistenza sanitaria per tutti attraverso la condivisione, il supporto e la ricerca”. Il servizio è incentrato sulla cultura del “peer coaching”, che consente ai pazienti di condividere la propria storia, i sintomi, le informazioni sul trattamento e i risultati. I dati così forniti permettono alle aziende sanitarie di intraprendere ricerche in tempo reale per innovare o sviluppare prodotti e servizi migliori. Condividendo i propri dati, i pazienti registrati accedono ai dati degli altri e possono ampliare le proprie competenze, migliorando in molti casi i propri risultati grazie all’esempio degli altri che hanno vissuto esperienze simili.

Un’altra piattaforma che offre servizi ai malati cronici è MedZeD, azienda di telemedicina di Los Angeles specializzata nell’intermediazione tra pazienti e chi può dare assistenza. Domanda e offerta di assistenza sanitaria sono messe in contatto tramite una specifica tecnologia digitale denominata Pact (“Patient and Careforce Technology”). In questo caso, però, si tratta di assistenza qualificata a pagamento, i cui servizi sono fruibili sia da remoto sia in loco.

La piattaforma Pager.com, invece, ha reinventato la tradizionale visita a domicilio, consentendo agli utenti di vedere un medico entro due ore a casa del paziente con un costo relativamente basso.

Accesso vs proprietà

La sharing economy nell’assistenza sanitaria può anche essere declinata diversamente, applicando il concetto di “accesso anziché proprietà” alle attrezzature mediche. L’acquisto di attrezzature mediche costose e avanzate spesso porta a situazioni in cui la macchina è sottoutilizzata. In base a uno studio di General Electric, gli ospedali americani utilizzano le attrezzature mediche il 42% del tempo. Una startup di Boston, Cohealo, ha creato una piattaforma che consente agli ospedali e ai sistemi sanitari di condividere le apparecchiature mediche tra le varie strutture, in modo da ottimizzare la spesa, accelerare il flusso di cassa e migliorare l’accesso alle cure. Gli ospedali che utilizzano Cohealo stanno risparmiando da 1 a 2 milioni di dollari nelle fasi iniziali e il risparmio si moltiplica nel tempo, fino ad arrivare a 5-7 milioni a fine vita della macchina.

Uno degli ultimi arrivati nella sharing economy sanitaria è WeGo Health Experts, una piattaforma che mette in contatto dei pazienti esperti della propria malattia con delle organizzazioni sanitarie interessate alla loro expertise. Gli “esperti” sono persone abituate a gestire problemi di salute cronici o complessi su di sé o su un membro della propria famiglia. Sono grandi consumatori di assistenza sanitaria e conoscono a fondo il sistema, ma la loro avventura di pazienti è solo una parte della loro storia: sono anche professionisti nel mondo degli affari, della tecnologia, del marketing, del no profit o anche dell’assistenza sanitaria. Molti lavorano part-time, in modo da potersi concentrare sulla gestione della propria salute, il che li rende candidati ideali per progetti di consulenza freelance, che non richiedono un impegno a tempo pieno.

Un caso illustrato da WeGo Health è quello di Leanna Mullen, una video editor per il distretto scolastico di Egg Harbor Township nel New Jersey, con un master in tecnologia didattica. Leanna ha una profonda esperienza nei social media e nella gestione di progetti correlati, ma ha anche la malattia di Gaucher, una rara anomalia genetica nota per provocare affaticamento, anemia e ingrossamento del fegato e della milza. Nel suo tempo libero Mullen contribuisce attivamente a diverse comunità online dedicate alle persone affette dalla malattia di Gaucher. È riconosciuta dai suoi pari come un paziente esperto, a cui ci si può rivolgere per ricevere supporto e indicazioni su come affrontare e gestire la propria condizione. 

L’estrema influenza di Leanna nella comunità dei malati di Gaucher la rende una risorsa importante per le aziende sanitarie e così, attraverso WeGo Health Experts, è stata assunta da una società di consulenza strategica con sede a Chicago, che aveva bisogno di mettere assieme un gruppo di pazienti di Gaucher per un’iniziativa di ricerca. Alla fine, la piattaforma ha consentito a Leanna di sfruttare le sue connessioni con altri pazienti e di riunire un panel di 24 partecipanti necessari alla società di consulenza, in circa la metà del tempo e della spesa rispetto ai canali tradizionali. È stata una vittoria per Leanna, che ha guadagnato un reddito in più per coprire le sue spese sanitarie, ed è stata una vittoria per la società di consulenza che aveva bisogno di un modo rapido e conveniente per interagire con pazienti affetti da una condizione rara. Ma è stata anche una vittoria per la comunità, che potrebbe essere beneficiata dalle nuove terapie per curare la malattia di Gaucher. L’esempio illustra una delle innumerevoli applicazioni della sharing economy alla sanità. Ci sono migliaia di pazienti esperti come Mullen, che possono mettere le proprie competenze e la propria influenza al servizio della comunità per soddisfare le esigenze delle aziende sanitarie che cercano di migliorare l’esperienza dei pazienti.

Questione di immagine per la sanità condivisa

In generale, la diffusione della sharing economy nel settore potrebbe anche contribuire a migliorare l’immagine della sanità, che al momento non gode di buonissima fama tra il pubblico dei pazienti. Nel 1965, quando l’aspettativa di vita in Italia era di 70 anni, quasi i tre quarti degli italiani affermavano di avere una grande fiducia negli operatori sanitari, mentre nel 2015, quando la speranza di vita era salita a 82 anni, la percentuale di chi si fida dei medici era scesa a un terzo degli italiani, pur avendo guadagnato oltre un decennio di vita nel frattempo, grazie all’opera di persone che hanno dedicato anni della propria vita per qualificarsi e ci salvano la vita giorno dopo giorno negli ospedali. Al contrario, nel mondo della sharing economy riponiamo quotidianamente la nostra fiducia in servizi che suggeriscono a noi e ai nostri figli di salire in auto con estranei, di invitare estranei a dormire in casa nostra o di condividere con estranei la nostra vita amorosa. Com’è possibile? E cosa può imparare il settore sanitario dall’economia della condivisione? La sharing economy si basa su servizi e su sistemi d’interazione che generano fiducia interpersonale, dal momento che questi servizi si affidano agli utenti stessi per testare personalmente l’affidabilità dei loro ospiti su AirBnb, dei loro guidatori su BlaBlaCar o dei loro interlocutori su Tinder. Perché non ripetere questi modelli anche nella sanità? Un punto di forza importante del connubio fra sharing economy e sanità risiede proprio nella dimensione sociale, relazionale e di comunità che caratterizza profondamente tutti e due gli ambiti. Di conseguenza, la sharing economy sembra avere tutte le carte in regola per diventare un modello di riferimento per le imprese sanitarie più innovative.

​Giornalista, scrive di temi economici, d'innovazione tecnologica, energia e ambiente per diverse testate, fra cui il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore e il Quotidiano Nazionale. Invidia i colleghi che riescono a star dietro a Twitter.