Verso il tramonto del dollaro?
«L’abbandono del dollaro come valuta di scambio nelle transazioni commerciali e finanziarie internazionali». Che anche la Treccani lo inserisca fra i neologismi, è la prova ch
Troppe volte negli ultimi mesi si è parlato di crollo dei Non Fungible Token. In realtà il loro utilizzo si sta rimodulando, inserendosi in strategie digitali più complesse.
Ve li ricordate gli NFT? Non si parlava d’altro nel 2021, quando l’acronimo che indica i “Non Fungible Token” è stato eletto addirittura parola dell’anno dal Dizionario Collins. Prima dell’hype sul metaverso e dell’intelligenza artificiale generativa, c’erano loro: questi certificati che attestano l’autenticità, l’unicità e la proprietà di un oggetto digitale.
Gli ultimi dati del settore suggeriscono un drastico cambio di rotta. Secondo l’ultimo report pubblicato da Dappgambl, sito specializzato in cryptomonete e digitalizzazione, le transazioni tramite NFT nell’ultimo biennio sono scese del 97%. È già finita quella rivoluzione che su Changes nel dicembre 2021 definivamo “appena iniziata”? Sempre secondo lo stesso report nel mercato dell’arte, quello che per primo si accorse delle potenzialità dei token non fungibili, il 79% di tutte le collezioni ad oggi disponibili resta invenduto, con 23 milioni di persone, circa il 95% di tutti coloro che hanno comprato almeno un file digitale, che hanno visto precipitare il proprio investimento a un valore prossimo allo zero.
Sono bastati questi dati, diffusi ad ottobre scorso, per far gridare il mondo al “crollo degli NFT”, alla “fine di un’era” iniziata appena due anni fa. Ma è davvero così? Secondo Giacomo Vella, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano, ci troviamo dinnanzi a un nuovo hype, questa volta di segno opposto rispetto a quello del 2021, ma ugualmente eccessivo. “Gli NFT – spiega Vella- sono saliti alla ribalta soprattutto dopo alcune vendite-record (pensiamo ai disegni digitali della “scimmia annoiata”, contesi a botte di milioni di dollari dalle star di mezzo mondo), che hanno scatenato una narrazione spesse volte esagerata sulla diffusione di questi token”. Allo stesso modo, sempre secondo Vella, oggi non possiamo parlare di un vero e proprio collasso degli NFT, ma una loro rimodulazione.
“Nei primissimi mesi del loro lancio – evidenzia – gli NFT sono stati usati per raccogliere fondi ingenti e in breve tempo, in una logica insomma spot. Oggi questo avviene meno e gli NFT sono inseriti in strategie digitali più complesse e variegate. Stiamo assistendo a progetti lanciati dalle aziende con un maggiore valore aggiunto. Da poco soggetti come Disney o Nike hanno promosso progetti digitali molto articolati, in cui gli NFT diventano non solo un mezzo di monetizzazione, ma un veicolo di fidelizzazione del cliente”. Il loro uso, in sostanza, non serve più esclusivamente a raccogliere soldi, ma a rinsaldare relazioni con il cliente, attraverso la valorizzazione di servizi di marketing e non solo. “Il token sta diventando uno strumento più strategico e il suo mercato è andato incontro ad una scrematura rilevante dal punto di vista qualitativo ma di conseguenza anche quantitativo”, conclude Vella.
Una vera e propria selezione naturale che ha lasciato sul campo non pochi feriti, visti i volumi nettamente ridotti di transizioni e di certificati digitali acquistati negli ultimi anni. Secondo un altro report di Deloitte Private, infatti, il calo del mercato degli NFT sempre nel settore dell’arte è stato nel 2022 di ben il 60%. Simili cali, comunque, si sono registrati in altri settori, come quello dei videogame o in quello dello sport, altro settore in cui i cosiddetti fan token avevano fatto parlare molto di loro appena due anni fa.bAlla base di questa caduta, sempre secondo Deloitte, ci sarebbe il legame che gli NFT hanno con le criptomonete, per loro natura estremamente volatili e che negli ultimi anni hanno conosciuto un deprezzamento rilevante. Un legame confermato dal fatto che, come sottolinea Vella, “negli ultimi mesi del 2023 si è assistito a una ripresa seppur lieve del mercato degli NFT”, in coincidenza probabilmente con il rialzo (solo temporaneo) del valore delle monete virtuali Bitcoin o Ethereum.
Aldilà degli aspetti più prettamente tecnici e finanziari, alla base dello sgonfiamento del settore degli NFT potrebbero esserci fattori che riguardano più direttamente la nostra stessa socialità. Dopo il distanziamento obbligatorio degli anni della pandemia, ci siamo lentamente riappropriati dei nostri uffici, delle scuole e dello shopping nei negozi fisici. Il Covid, insomma, potrebbe essere stato una parentesi in cui il nostro modo di stare al mondo non è cambiato, ma ha conosciuto comunque una straordinaria accelerazione di alcuni trend, come quello della digitalizzazione delle nostre vite.
La riprova di questa tendenza sociale arriva anche da altri ambiti contigui ma estranei rispetto a quello degli NFT. Pensiamo al metaverso, il cui lancio in pompa magna da parte di Meta sembrava dovesse farci vivere in pochi anni in un universo virtuale e aumentato e che invece stenta a decollare, oppure alle difficoltà incontrate dai giganti del web come Spotify che ha recentemente licenziato il 17% dei suoi dipendenti, oppure ancora allo stentato percorso in borsa tra il 2022 e il 2023 di Meta, Alphabet, Microsoft, costretti anche loro a politiche occupazionali dimagranti e restrittive.
La nostra vita lentamente e a fatica è tornata ad essere svolta anche e soprattutto offline e di conseguenza tendenze come quella degli NFT (ma come visto, non solo) che sembravano essere diventate preponderanti sono tornate nella loro dimensione più raccolta. Anche perché, come ci spiega sempre Giacomo Vella, “l’uso esteso e massiccio degli NFT non può funzionare senza una transizione digitale che coinvolga più ambiti: da quello economico, a quello giuridico, da quello finanziario a quello normativo. Un esempio? Comprare una casa attraverso NFT oggi tecnicamente è possibile – ci dice Vella – ma per sburocratizzare i passaggi e ottenere concreti benefici per cittadini e consumatori abbiamo bisogno di un cambiamento di regole e dei sistemi che normano quel settore”. Ecco perché la rivoluzione che due anni fa indicavamo “come appena iniziata” non si è arrestata, ma continua. Gli NFT sono solo un elemento di un processo digitale e tecnologico più complesso e troppe volte semplicisticamente raccontato come prossimo a compiersi. La transizione è in atto, con tutto il suo portato di fermate e accelerazioni.