NFT: una rivoluzione appena iniziata

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NFT: una rivoluzione appena iniziata

Il mercato dei Non-fungible Token nel 2021 è esploso e sempre più oggetti digitali sono certificati e venduti tramite questa modalità. Ma come funzionano e quali sono le loro applicazioni future nel “mondo reale”?

Il Collins Dictionary è uno dei più noti dizionari di lingua inglese, e ogni novembre elegge la parola innovativa ed emblematica dell’anno. Ad aggiudicarsi questo riconoscimento nel 2021 è stato un acronimo: NFT. Sta per Non-fungible Token, certificati che attestano l’autenticità, l’unicità e la proprietà di un oggetto digitale. Il loro funzionamento e le loro stesse caratteristiche sono intimamente connessi al concetto di blockchain, la catena di blocchi dove questi NFT sono registrati e che garantisce l’impossibilità che questi oggetti possano essere copiati.

Cosa sono i Non-fungible Token

Renato Grottola è il Global Director Growth and Innovation di DNV, ente indipendente attivo nei servizi di assessment e pioniere nello sviluppo di soluzioni di digital assurance. È con lui che iniziamo il nostro viaggio nel mondo degli NFT. «Per comprendere il significato dell’acronimo NFT possiamo pensare, per esempio, a delle monete da un euro, tutte tra loro uguali e indistinguibili. Queste vengono scambiate continuamente e l’unico elemento comune è il loro valore. Le monete da un euro sono cioè fungibili. Immaginiamo adesso di coniare delle monete, di forma e dimensione identiche, ognuna però distinguibile dall’altra per qualche caratteristica. Queste monete, pertanto, non sono intercambiabili. Si parla in questo caso di oggetti non fungibili. Un NFT è un oggetto digitale (un token) che contiene delle informazioni che lo rendono unico, diverso da tutti gli altri. Questi oggetti digitali unici sono coniati all’interno di piattaforme blockchain. Chi possiede il token non fungibile è il reale proprietario dell’opera».

Questi NFT possono essere brani musicali, opere dell’ingegno oppure oggetti digitali come un tweet o una immagine. Uno dei casi più eclatanti e citati nel campo riguarda una fotografia che immortalava Chloe Clamuna bambina americana dall’espressione disgustata, che ha raggiunto una quotazione di oltre 13 mila euro. Il valore della foto, certificata come NFT è dato dal diffuso meme social che la ritraeva. Un altro caso emblematico? Quello del fondatore di Twitter, Jack Dorsey, che ha venduto l’NFT del suo primo tweet per circa 2,47 milioni di euro.

Gli Nft e la blockchain

Ma dove avviene il business degli Nft? Un NFT si scambia all’interno di una piattaforma di blockchain, una sorta di registro di contabilità condiviso tra tutti i nodi della rete, strutturato come una catena di blocchi. «Gli NFT – spiega Grottola – possono essere custoditi all’interno di portafogli digitali chiamati wallet e possono essere scambiati utilizzando la piattaforma blockchain nella quale sono stati generati in maniera peer to peer, senza cioè che vi siano soggetti intermediari che facciano da garanti dello scambio. Questo perché la tecnologia blockchain è ​in grado di validare l’avvenuto scambio». Niente intermediazione, inoltre, significa minori costi ad essa dovuti. 

Tutto è insomma garantito e regolato dalla blockchain che «offre la garanzia che in nessun caso un NFT possa essere duplicato o venduto a due persone diverse. È molto diverso rispetto a quello che succede su internet dove, ad esempio, ogni qualvolta spediamo una mail con un allegato a qualcuno, l’allegato viene duplicato. Se internet è uno strumento per trasferire informazioni, la blockchain è uno strumento potentissimo per trasferire valore in modo peer to peer».

Le applicazioni degli Nft nel “mondo reale”

Uscendo dal digitale e andando nel mondo reale, gli NFT hanno applicazioni veramente molteplici. «Pensiamo, per esempio, al mondo del ticketing: gli NFT potrebbero essere usati per emettere dei biglietti numerati, pertanto unici, trasferibili dall’emittente all’utilizzatore per mezzo di una blockchain, in maniera sicura e tracciata, riducendo significativamente il rischio di contraffazione» sottolinea Grottola.
A proposito delle applicazioni degli NFT nel “mondo reale”, sempre l’ente indipendente DNV, in collaborazione con Vechain, ha nei mesi scorsi siglato un accordo con le istituzioni di San Marino per il lancio del San Marino Digital Covid Certificate, una sorta di “green pass” su base blockchain che, potenzialmente, può essere verificato da chiunque, senza la necessità di scaricare una app specifica.

Un altro campo di applicazione degli NFT è legato all’attestazione di proprietà di beni fisici. «Questa tecnologia consente ad esempio di ‘frazionare’ la proprietà di un bene e, di conseguenza, facilitarne un eventuale collocamento sul mercato senza la necessità di intermediari. Occorre, ovviamente, che le leggi e i regolamenti applicabili recepiscano queste innovazioni che permetterebbero di democratizzare gli investimenti aprendoli a un mercato di investitori molto più ampio» aggiunge Grottola.

Le critiche al mondo degli NFT

Ignorando le critiche di natura artistica sugli oggetti digitali degli NFT e sorvolando anche sulle perplessità economiche sul mercato volatile delle criptovalute, c’è un aspetto che spesso si tira in ballo quando si parla di NFT e blockchain: quello della loro sostenibilità ambientale.

​​Diciamolo apertamente: il tema non è campato in aria, ma merita alcuni distinguo. In questo ci aiuta ancora Renato Grottola che sottolinea come: «Gli NFT sono coniati all’interno di piattaforme blockchain. Questa attività consuma energia e, pertanto, genera emissioni di CO2. Anche lo scambio di un NFT tra due soggetti richiede un certo consumo energetico. In entrambi i casi tale consumo è legato alla necessità di verificare le varie scritture sul registro distribuito attraverso il cosiddetto meccanismo di consenso. Alcune blockchain, come per esempio Ethereum, utilizzano un processo molto dispendioso sul piano energetico per svo​lgere questa attività. Esistono comunque altre piattaforme blockchain, come ad esempio VeChain che, usando differenti meccanismi di consenso, riescono a compiere le stesse operazioni con livelli di sicurezza equivalenti e con un consumo energetico più basso di quello di Ethereum». Come dire, non è la blockchain in sé ad avere problemi di sostenibilità, ma la sua modalità di funzionamento.

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.