Automotive: i vantaggi dell’economia circolare
Tutti noi conosciamo il termine di obsolescenza programmata, ovvero una progettazione finalizzata a far durare un dispositivo soltanto per un certo numero di anni, oppure di operaz
Comprare beni di lusso a un prezzo conveniente nell’era digitale. Ma perché acquistare una skin digitale per personalizzare il proprio avatar? Perché comprare un terreno sul Metaverso? Perché preferire un NFT a un’opera fisica?
Dai nuclei profondi del nostro cervello, fibre ricche di dopamina e noradrenalina si diramano come edera nei centri cerebrali incaricati al controllo dei nostri equilibri fisiologici: è qui, in questo complesso, che si discutono le esigenze del nostro organismo connesse al comportamento emozionale. Il sistema di ricompensa cerebrale – così è stato definito – determina le nostre azioni con l’obiettivo di procurarci risultati vantaggiosi per un soddisfacimento dei bisogni che sia arricchito da innesti di emozione e di piacere. Ne consegue che i comportamenti risultati utili ad appagare le nostre necessità siano gratificati, rinforzati dal piacere, e, di conseguenza – ça va sans dire – ripetuti. È semplice: ogni volta che sperimentiamo momenti di piacere, il nostro cervello potenzia quello stimolo, inducendoci a una sua ripetizione. Gravitando come satelliti intorno all’esperienza, piacere e ricompensa danzano tra loro.
Insomma, come filologi, ricerchiamo minuziosamente sensazioni che ci hanno fatto provare piacere. È questo il complesso sistema alla base non solo delle dipendenze, ma anche di comportamenti più comuni: ci dissetiamo, dopo una camminata sotto il sole; ci rifugiamo in un abbraccio, dopo aver pianto; ci premiamo con un acquisto, dopo una giornata particolarmente dura.
In seguito a una lotta (che sia anche contro il caldo) o all’esposizione alla paura (che sia anche provocata dal continuare ad avvertire la spiacevole sensazione della tristezza), persino un oggetto può diventare una ricompensa. È questo il motivo per cui durante le recessioni si verifica un aumento della vendita di alcuni prodotti: beni inferiori, di certo, ma anche beni per sollevare il morale.
Dopo l’attentato dell’11 settembre, Leonard Lauder, ex presidente dell’omonimo brand, dichiarò che il tragico evento aveva fatto misteriosamente balzare le vendite dei cosmetici del gruppo, in particolare dei rossetti. Attingendo all’ormai nota espressione coniata in quella occasione, gli analisti definirono il lipstick effect come la tendenza ad acquistare beni di lusso dal prezzo accessibile –un rossetto, ad esempio – nei periodi di profonda crisi economica e contrazione del potere di spesa.
La causa? Ancora una volta, il sistema di ricompensa cerebrale: durante o dopo una depressione, tra tante rinunce, ci si premia. Il lipstick index o, com’è stato definito da altri l’indice di indulgenza, può dunque fungere da indicatore delle recessioni economiche e da sismografo delle nostre reazioni ad esse.
Una società che a lungo ha saputo respingere ogni tipo di trauma storico ai margini della quotidianità, trovandosi al centro di violenti contraccolpi che toccano l’esistenza, tende a reagire, ricompensando quel dolore. È accaduto in seguito al martedì nero del 1929; nuovamente nel 2000, prodromo del difficile 2008; e anche nel 2020.
L’umanità è, però, in continua evoluzione, persino nell’elezione degli oggetti deputati a risarcire la sofferenza, conversando con il piacere. E oggi, in un nuovo spazio di consumo – il digitale – il rossetto, piccolo lusso materiale con funzione di indice, può essere sostituito da un bene virtuale.
Per antonomasia, i beni virtuali rappresentano un modo per i consumatori di possedere un oggetto che, altrimenti, sarebbe difficilmente accessibile (e stimolare ancor di più il sistema di ricompensa cerebrale).
Dunque, forse è stata trovata una possibile risposta ad alcune domande che ultimamente ci tormentano: perché acquistare una skin digitale per personalizzare il proprio avatar? Perché comprare un terreno sul Metaverso? Perché preferire un NFT a un’opera fisica?
Probabilmente è molto semplice: si tratta di beni accessibili di (estremo) lusso che, pur composti dalla sola creatività – è questa che acquistiamo, a discapito della materialità –, dopo una lunga crisi, ci ricompensano.
È vero, si tratta pur sempre di acquisti. Ma se al possesso – persino di un piccolo rossetto – si sostituisce l’accesso, la piacevole ricompensa con cui controbilanciare la crisi è una più forte espressione dell’identità individuale. A propria discrezione, labbra rosse da indossare nella realtà, nel virtuale, o in entrambi i luoghi. D’altronde, tutto ciò che ci affligge ci consente di definirci: avere più spazi per renderlo possibile è una straordinaria e insolita opportunità.