Deinfluencing: l’alba di una nuova era

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Deinfluencing: l’alba di una nuova era

Con i creator abbiamo stipulato un patto con la nostra razionalità lasciandoci coinvolgere emotivamente per anni. Ora questo meccanismo è saltato ma siamo di nuovo pronti a credere in qualcosa di diverso.

Avete mai sentito parlare di sospensione dell’incredulità? Forse l’espressione non vi è familiare, ma l’avrete sicuramente sperimentata in prima persona. Si tratta di quel “patto” che stipuliamo con la nostra razionalità quando ci immergiamo in un’opera artistica, sia essa cinematografica, teatrale o letteraria. È quell’attimo in cui, pur sapendo che ciò che vediamo, sentiamo o leggiamo non è reale, decidiamo di mettere da parte lo scetticismo per lasciarci coinvolgere emotivamente. Pensate, per esempio, a quando guardiamo un film di 007, in cui James Bond esegue acrobazie impossibili: anziché reagire con un distaccato “ma dai, è assurdo!”, ci troviamo a dire “wow, incredibile!” – e a dare una pacca sulla spalla al povero malcapitato seduto accanto a noi sul divano. Oppure a quando rivediamo per l’ennesima volta Notting Hill, in cui la storia d’amore tra Hugh Grant e Julia Roberts, nata da una serie di coincidenze improbabili, ci fa sospirare ancora una volta e giurare che “o va così, o meglio rimanere single per sempre”.

Negli ultimi anni, questo patto che stipulavamo quasi solo per l’arte, si è esteso anche ai new media, e in particolare ai chiacchieratissimi influencer. Un caso emblematico è quello di Chiara Ferragni. I follower dell’imprenditrice milionaria hanno sempre provato empatia e commozione di fronte ai suoi momenti di vulnerabilità a favore di telecamera, nonostante – si sa­ – la nostra immagine social sia curata nei minimi dettagli e spesso costruita per apparire perfetta. All’inizio del 2024 però, il patto è venuto meno con il cosiddetto “pandoro gate“. Quel video in cui l’influencer in tuta grigia parla in lacrime del famoso “errore di comunicazione”, ha scatenato una reazione ben diversa. Invece di identificarsi con lei, il pubblico di Instagram ha reagito con un prevedibile “ma dai, è assurdo!” spesso risparmiato all’agente segreto più famoso del mondo. 
Secondo un’analisi di Bonusfinder Italia, Ferragni ha perso una media di quasi 6mila follower al giorno dopo l’accaduto, e solo nel mese di gennaio,  secondo una ricerca di Bonusfinder Italia, il suo account ha registrato una perdita di 200mila seguaci. Questo episodio segna un punto di svolta: il rapporto di fiducia con i grandi influencer sta cambiando.

Ma è davvero arrivata la loro fine?

Dopo il caso Ferragni, molti si aspettavano un crollo della fiducia nei loro confronti, ma i dati raccontano una storia diversa. Nonostante tutto, un follower su tre, secondo una ricerca realizzata per Flu da Bva Doxa, continua a fidarsi e ad acquistare frequentemente prodotti pubblicizzati dai creator. Questo conferma che, nonostante la credibilità di alcune figure sia stata messa in discussione, l’influencer marketing rimane un settore attivo e proficuo. Ma con una un’importante novità: al momento, le aziende, anziché puntare su un solo grande profilo, scelgono di collaborare con diversi creator di nicchia, focalizzandosi su profili piccoli ma allineati ai valori del marchio. Questo cambiamento di strategia è evidente, ad esempio, nella scelta di Pantene di sostituire Chiara Ferragni con Havi Mond, una quasi sconosciuta con 22mila follower. Il mondo degli influencer in Italia vale circa 350 milioni di euro e dà lavoro a quasi 500mila persone.  Tuttavia, il cambio di direzione è chiaro: non si tratta più solo di numeri, ma di qualità e autenticità.

Un’evoluzione necessaria: da macro… a micro

Stiamo assistendo, quindi, a una transizione evidente: da macro a micro-influencer content creator che riescono a instaurare un legame più autentico con la propria audience. Dunque, se stai pensando di investire nell’influencer marketing, non farti tentare dai numeri. Scegli creator genuini, meno noti e in sintonia con i tuoi valori, come attori, musicisti o persino fioristi che, pur avendo una community più piccola, riescono a raccontare il proprio mondo in maniera coinvolgente e convincente. Una ricerca condotta da Maximilian Beichert rivela, infatti, che i nano influencer, account con meno di 10.000 follower, hanno un ritorno medio di oltre 1.000 dollari a fronte di un investimento di appena 50 (il valore dei prodotti che ricevono in omaggio).  È quello che facciamo anche noi in azienda. Se un cliente ci affida un progetto di educazione finanziaria, ci rivolgiamo a professionisti – economisti, consulenti bancari, esperti di finanza – che, anche con soli 5.000 follower, ci portano risultati concreti; nel caso specifico, di awareness e conversion. Come dice il proverbio, nella botte piccola c’è il vino buono.

Economista, consulente strategico e corporate trainer. Si è formato all’Università Bocconi di Milano e all’INSEAD di Fontainebleau, e ha girato il mondo per lavoro e per passione: Head of Business Development Unit di Finmeccanica in Russia, Senior Manager di McKinsey a Londra e Principal di AlphaBeta a Singapore, dove ha gestito progetti con aziende del calibro di Google, Uber e Microsoft. In precedenza, ha lavorato anche presso Goldman Sachs e le Nazioni Unite a New York. Tornato a Bari, ha fondato la Disal Consulting e si occupa di ricerca, consulenza, comunicazione e formazione per grandi aziende italiane (Ferrari e UniCredit), colossi digitali (Netflix e Amazon), istituzioni multilaterali (World Economic Forum) e governi nazionali (Francia, Cina e Germania). Insegna alla IE Business School di Madrid e alla Nanyang di Singapore, e dirige il Master in Digital Entrepreneurship presso H-Farm, dove cerca di trasmettere l’importanza dello storytelling per la riuscita di un progetto imprenditoriale. Dopo il successo del suo primo libro Flow Generation - manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili, ha pubblicato con Hoepli Phygital - il nuovo marketing tra fisico e digitale.