Amazonization: tutto è delivery

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Amazonization: tutto è delivery

L’amazonizzazione ha pervaso tutti i settori: velocità ed efficienza sono le parole d’ordine. Così aziende e consumatori non sono più disposti a farne a meno del delivery. E il settore è già in consolidamento.

L’amazonizzazione ha pervaso tutti i settori: velocità ed efficienza sono le parole d’ordine. Così aziende e consumatori non sono più disposti a farne a meno del delivery. E il settore è già in consolidamento.

Il delivery che si vede in superficie è fatto di biciclette, motorini con cubi colorati sul portapacchi, scatole di hamburger e confezioni di cibo tenuto al caldo. Una versione soft. Quello nascosto è molto meno sexy, ed è l’impero della logistica, fatta di magazzini informatizzati, camioncini che passano tre, quattro volte al giorno davanti all’ufficio, decine di volte davanti a casa, come api operaie che vanno e vengono dall’alveare. La versione hard.

Entrambe le versioni stanno vivendo proprio in questi mesi un’impennata recentissima di lavoro, spinto dall’aumento del ricorso alle consegne da parte dei consumatori (connesso soprattutto alla crescita dell’e-commerce), e da parte delle aziende.

E proprio in questi prossimi anni c’è da attendersi un’evoluzione del settore in più punti, che continuerà a incidere sulle abitudini di consumo e sull’idea di lavoro.

MEZZI E STRUMENTI

In pochissimi anni si è passati dalla consegna veloce con l’auto, a declinazioni con mezzi e strumenti nazionali, locali e specializzati, come:

  • il camioncino tradizionale;
  • l’ape cross;
  • la bicicletta a impatto ambientale zero, per le zone di traffico più intricate e soprattutto per cittadini/consumatori green (vd. Francia e Nord Europa);
  • i droni (non sempre e solo per qualche specifico spazio).

Dietro a queste innovazioni di frontiera, che talvolta diventano la norma, ci sono le innovazioni tradizionali, quelle dei supermercati che “molto semplicemente” consegnano a casa la cassetta della spesa (da Esselunga fino a Tigros). ​

MODALITÀ DI CONSEGNA E DI BUSINESS

Alcune di queste piccole innovazioni nella modalità di consegna diventano poi veri e propri modelli di business, o addirittura – è il caso dell’ape cross – veri e propri stili di business, che danno vita a nuovi piccoli comparti, come appunto il food truck (il mini-ristorante ambulante) che ha trovato nei festival e nelle feste di paese uno sbocco naturale.

In breve si sono sviluppate forme diverse di consegna, complementari e anche sovrapposte:

  • il negozio A consegna al cliente B; dal negozio A al cliente B, tramite un delivery service generico C;
  • dal grande store al cliente;
  • tramite un delivery service di settore (solo food);
  • dal fornitore/negozio A ad un collettore B dove il cliente C andrà a ritirare il pacco.

Anche il contenuto del delivery ha avuto e sta avendo la sua evoluzione. All’inizio, infatti, erano i televisori e le lavatrici, oppure le pizze e i tramezzini. Poi sono arrivati:

  • i pacchi generici (dalle sigarette ai fiori); 
  • la spesa; 
  • il ristorante,
  • il vino

L’AMAZONIZATION DEL CIBO

Ognuno di questi micro settori, in questi ultimi due o tre anni, sta vivendo l’esplosione di una miriade infinita di start up, e quindi sta godendo dell’interesse di molti investitori.

Il nuovo delivery business model – già ben descritto da McKinsey – è diventato una vera e propria categoria, anche oggetto di studi e ricerche di chi non ha un ritorno economico diretto, come le istituzioni che si occupano di trasporti, logistica e mobilità; ma che – come invece i diretti interessati – ne può subire o cavalcare gli indubitabili cambiamenti (vantaggi e svantaggi).​

Al consumatore porta:

  • una grande libertà nello stile di consumo (in termini di luoghi e orari),
  • allarga la sua disponibilità/scelta di prodotti,
  • spesso porta convenienza nei prezzi.

A chi vende/produce porta:

  • un allargamento della domanda, o una sua integrazione (per esempio da parte di chi ha grandi spazi o volumi),
  • un incremento del numero dei clienti, e una nuova relazione commerciale con loro,
  • la disponibilità di operatori (che prima, per esempio, non consegnavano i loro prodotti),
  • la possibilità di gestire i dati e l’esperienza del cliente in una modalità nuova
  • Chi vive in modo centrale questa amazonizzazione del delivery sono gli operatori (piattaforme e trasportatori) che
  • trovano nuovi spazi per il business,
  • nuove modalità di gestire concretamente le consegne in tempi (anche nuovi e prima fuori dalla loro portata).

PAROLA D’ORDINE VELOCITÀ

L’onda del delivery sta attraversando un momento florido, che vede l’aumento nell’attività (e spesso nel numero) di tutti e tre i soggetti coinvolti.
Il suo sviluppo ha anche un’influenza decisiva sulla flessibilità degli orari di lavoro (si consegna anche nel week end e nei giorni festivi), le condizioni di lavoro e i contratti dei rider/driver, il salario minimo e la retribuzione oraria. Problematiche che, una per una saranno di certo risolte, mentre quella più difficile da affrontare è la diffusa abitudine al real time. Le parole d’ordine del delivery – velocità ed efficienza – avvolgono tutti in un senso di urgenza che spesso è ingiustificata.

Se infatti per un libro si poteva aspettare un mese, o mezz’ora per il pranzo, ora i tempi sembrano appiattiti: tutti vogliono tutto, subito. E il leadtime (lasso di tempo tra ordine e consegna) deve ridursi al minimo, anche in barba a traffico, inquinamento, lavoro, costi. Un consolidamento ed un equilibrio dei tempi di gestione – uscendo dalla logica di una perenne urgenza – sono quindi i punti di arrivo di un settore che oggi è più frizzante di tutti, e potrà essere il campo di prova anche per altri contesti.

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​Antonio Belloni è nato nel 1979. È Coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio, consulente senior di direzione per Confartigianato Artser, e collabora con la casa editrice di saggistica Ayros. Scrive d'impresa e management su testate online e cartacee, ed ha pubblicato Esportare l'Italia. Virtù o necessità? (2012, Guerini Editori), Food Economy, l'Italia e le strade infinite del cibo tra società e consumi (2014, Marsilio) e Uberization, il potere globale della disintermediazione (2017, Egea).