Debito ecologico contro debito estero
Avete mai sentito fare ragionamenti sul debito ecologico? Per fortuna qualcuno che li fa c’è. «Dovete lavorare su questa parola: il debito ecologico». A dirlo è stato Papa Fr
Per le feste brinda con un calice che fa bene al Pianeta. La sostenibilità nella viticoltura italiana. L’impegno del Gruppo Unipol.
Un calice di vino esprime cultura e paesaggio, natura e biodiversità, lavoro e persone. Il vino è terra ma è anche uomo perché fatto dall’uomo che trova appagamento nel berlo e nel produrlo. Per questo un vigneto non è solo un luogo ma un’identità. Ma per competere sui mercati internazionali, i produttori di vino devono realizzare un prodotto di altissima qualità che rispetta l’ambiente d’origine.
Ecco perché oggi la sostenibilità è un requisito irrinunciabile anche per il settore vitivinicolo e comprende l’adozione di pratiche di economia circolare, riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, attenzioni a tutela della fertilità dei suoli e del paesaggio, cura della comunità e dei propri collaboratori in termini di sicurezza, inclusione, parità. L’elenco è lungo perché la sostenibilità ha tante valenze.
Ma come misurarla in un comparto così complesso? Nel nostro Paese si registrano tante iniziative volontarie accomunate anche dalla consapevolezza che i consumatori chiedono sempre più vini sostenibili, anche più di quelli biologici. Fra i vari standard disponibili ci sono la norma “EQUALITAS Vino Sostenibile” e il programma VIVA (Valutazione dell’Impatto della Vitivinicoltura sull’Ambiente). Per entrambe le iniziative l’impegno in termini di responsabilità dei produttori nei confronti dell’ambiente e del sociale (oltre all’ambito propriamente commerciale) è garantito da un ente certificatore che ne attesta i requisiti. Partiamo dal centro dalla Toscana e dall’Umbria. Lo standard Equalitas, elaborato dall’omonima società italiana controllata da FEDERDOC (Confederazione Nazionale dei Consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine), permette ai produttori di adottare un Sistema interno di Gestione della Sostenibilità e di pubblicare un Bilancio Annuale di Sostenibilità garantendo il miglioramento dei propri standard di sostenibilità. È uno standard studiato specificatamente per questo settore ed è l’unico a prevedere la certificazione delle denominazioni di origine. Grazie alle risorse tecniche, culturali e politiche dell’ampia compagine sociale, Equalitas raccoglie le migliori esperienze contribuendo ad affermare un modello italiano di qualità sostenibile a livello mondiale. Dal 24 maggio del 2022 il Vino Nobile di Montepulciano è la prima denominazione vitivinicola italiana a potersi fregiare del marchio di certificazione di sostenibilità secondo lo standard Equalitas. Un traguardo raggiunto grazie a un percorso impegnativo che non riguarda solo il vino ma l’intero territorio. Equalitas-Vino Sostenibile, del Consorzio del Vino nobile di Montepulciano è portato avanti dalle Tenute del Cerro, società agricola del gruppo UNIPOL.
Per Antonio Donato direttore generale di Tenute del Cerro e responsabile di tutte le società agricole del Gruppo Unipol, è l’innovazione che fa la differenza perché consente di raggiungere meglio gli obiettivi prefissati. «Sul fronte gestione innovativa della conoscenza, abbiamo avviato la digitalizzazione del quaderno di campagna utile per valutare scelte, protocolli seguiti e tecniche utilizzate, confrontando a fine stagione produttiva i risultati ottenuti in modo veloce e di facile condivisione. Per favorire il risparmio idrico, insieme all’Università di Firenze, stiamo sperimentando sistemi innovativi di controllo delle temperature che attraverso sensori monitorano il fabbisogno delle piante. Stiamo anche ampliando i nostri bacini di raccolta dell’acqua piovana che ci consentono di riutilizzare questa risorsa preziosa per irrigare. Quanto alla logistica e alla mobilità sostenibile, ci stiamo dotando di macchinari elettrici. L’ultimo nostro importante investimento riguarda la nuova cantina logistica ‘Le Cerraie’ dotata di pannelli fotovoltaici e che risponde all’esigenza di favorire l’ottimizzazione di risorse concentrando in un unico punto la raccolta per le fasi di imbottigliamento, stoccaggio e distribuzione. Per raggiungere la certificazione l’impegno dei produttori è notevole perché implica il rispetto di un numero elevato di requisiti ambientali come la misurazione dell’impronta carbonica e dell’impronta idrica».
L’attenzione alla sostenibilità, anche solo intraprendendo alcuni specifici percorsi della catena del vino, può essere trainante per tutta la filiera perché è in grado di esercitare una pressione positiva finalizzata a stimolare anche altre realtà a adottare gradualmente comportamenti sostenibili. È quanto succede anche per VIVA, un programma in crescita al quale aderiscono 8.699 realtà. Nata nel 2011 per volontà del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in collaborazione con università, centri di ricerca e vari enti di certificazione, VIVA individua 4 indicatori per misurare le prestazioni di sostenibilità di aziende e prodotti. Per l’analisi di ciascun indicatore (aria, acqua, vigneto e territorio) ci sono disciplinari tecnici e software di calcolo per garantire la standardizzazione dei processi e i confronti degli impatti nel tempo. L’obiettivo è duplice: migliorare le performance di sostenibilità della filiera permettendo alle aziende di valutare e condividere l’uso ottimale delle risorse; comunicare al consumatore l’effettivo impegno delle aziende attraverso un’etichetta consultabile da smartphone o tablet. «La sostenibilità è una presa di coscienza e tutti dobbiamo impegnarci a essere sostenibili»: questo affermava Roberto Felluga, grande produttore di vini friulano scomparso prematuramente lo scorso anno e che tanto si è speso per coniugare il mondo del vino a un maggiore rispetto delle risorse del Pianeta. Un impegno che oggi è perpetuato con passione dalla sua famiglia che da ben sei generazioni continua a rafforzare una straordinaria alleanza con il territorio.
Per Filippo Felluga, la sostenibilità non deve essere solo un elemento di certificazione ambientale. «Abbiamo aderito a VIVA perché è una garanzia di trasparenza sia per la composizione del suo comitato scientifico che per il suggello dello Stato. Far parte attiva del programma ci permette di avere una misurazione oggettiva del nostro operato. Il nostro impegno va oltre il nostro prezioso ma piccolo mondo del vino, come diceva mio cugino Roberto ‘è una presa di coscienza trasversale che ci guida verso scelte sostenibili per trasmettere intatto un patrimonio prezioso’». È proprio grazie alla trasversalità e all’ impegno profuso testimoniato da Equalitas e da VIVA e da tante altre iniziative, che si diffonde la cultura della sostenibilità. È un humus fertile per fondare un nuovo obiettivo di valore: favorire l’armonizzazione delle iniziative e continuare a promuovere tutti insieme la sostenibilità ambientale del vino quale elemento essenziale dell’eccellenza qualitativa e della competitività delle produzioni italiane sui mercati. Il vino buono lo è ancora di più se gli attori di tutto il comparto fondano i loro processi su obiettivi unitari. Insieme si cresce in cultura e competitività e il consumatore è al centro di questo cambiamento