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Crescono i rischi per la salute e per l’ecosistema. Changes ne ha parlato con Angelo Merlin, docente di Diritto penale dell’ambiente e vicepresidente di Assoreca, per capire se all’aumento della consapevolezza corrisponda un adeguamento normativo.
Crescono i rischi per la salute e per l’ecosistema. Changes ne ha parlato con Angelo Merlin, docente di Diritto penale dell’ambiente e vicepresidente di Assoreca, per capire se all’aumento della consapevolezza corrisponda un adeguamento normativo.
L’informazione e la comunicazione ambientale oggi rappresentano strumenti importanti di conoscenza e partecipazione. Aumentare la consapevolezza sui rischi legati al nostro ambiente significa anche poter contribuire a sollecitare i tempi nella predisposizione di un adeguato sistema di tutela capace di fronteggiare le criticità ambientali e le emergenze. Oggi l’ambiente è percepito maggiormente come un valore importante anche perché sempre più persone sono consapevoli che il mantenimento della salute e l’implementazione del benessere, passano attraverso la salubrità dell’habitat in cui si vive. A conferma di ciò, l’indagine statistica della Commissione europea realizzata nel 2017 sulle percezioni dei cittadini nei confronti del proprio ambiente. I dati registrano che è aumentata la presa di coscienza della gravità dei rischi derivanti da uno sviluppo tecnologico e scientifico indiscriminato e senza regole. Ma allora viene da chiedersi se l’aumento di questa conoscenza procede in parallelo con l’adeguamento normativo. Esiste oggi una risposta adeguata e proporzionata alla gravità di un danno arrecato all’ambiente? La risposta non è affatto semplice vista la complessità dell’argomento.
Potrebbe essere utile la ricostruzione “storica” di questo processo, di questa presa di coscienza. Partiamo dal significato delle parole. Conoscere il significato di inquinamento e quello di ambiente non è scontato. Secondo il dizionario della lingua italiana si intende: per ambiente: “Complesso delle condizioni esterne all’organismo e in cui si svolge la vita vegetale e animale.”; per inquinamento: “Contaminazione, corruzione, guasto. Introduzione nell’ambiente naturale di sostanze chimiche o biologiche, o di fattori fisici, in grado di provocare disturbi o danni all’ambiente stesso”. Le disposizioni di legge che disciplinano la materia ambientale sono tante ma, non sempre si tratta di norme coordinate tra di loro. Nel 1986 fu istituito il Ministero dell’Ambiente e per la prima volta, venne introdotto il concetto di danno ambientale. La disposizione precisava che era considerato danno ambientale “qualunque fatto doloso o colposo, in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato”.
In quegli anni, grazie anche agli effetti prodotti da una certa mentalità ecologista, iniziava ad aumentare la consapevolezza degli effetti di un potenziale danno ambientale. Questo veniva inteso come danno che oltrepassa «largamente i tempi di oggi e di domani» e che coinvolge le generazioni future. L’Unione Europea nel 2004 istituì con una sua direttiva (2004/35/U) un quadro giuridico per la responsabilità ambientale basato sul principio «chi inquina paga». Prevenzione e riparazione del danno ambientale diventarono quindi concetti molto importanti. Tuttavia l’eccessivo tecnicismo con il quale la normativa comunitaria “irruppe” nel panorama giuridico italiano, ha condotto a decisioni giudiziarie non sempre lineari e concordanti. Il decreto legislativo 152/06, meglio conosciuto come Testo unico Ambientale (composto da ben 318 articoli e 45 allegati) che negli anni ha subito decine e decine di modifiche, contiene una specifica Parte (la Sesta composta da ben 22 articoli e 5 Allegati) che definisce, concordemente agli indirizzi comunitari, un nuovo concetto di danno e le conseguenti azioni di prevenzione e ripristino. Alla richiesta di nuovi strumenti contro le offese di danno all’ambiente meritevoli di presidio penale, il legislatore ha – recentemente – risposto con l’approvazione della Legge 22 maggio 2015, n.68. Le nuove fattispecie criminose hanno trovato collocazione nel Libro secondo del codice penale, in uno specifico Titolo VI-bis, denominato “Dei delitti contro l’ambiente”. E questa collocazione costituisce un forte messaggio circa la riqualificazione dei beni giuridici in questi settori e la ferma stigmatizzazione delle relative condotte illecite. Non solo: assume importanza in quanto il legislatore assume il pregiudizio all’ambiente anche come presupposto fattuale e giuridico di condotte offensive del bene salute. Ma, nonostante questi importanti strumenti normativi, la strada per tutelare efficacemente l’ambiente è ancora lunga. Tanti i problemi aperti: reale controllo delle attività inquinanti, interpretazioni normative – da parte della giurisprudenza – che consentano certezze applicative corrette da parte delle imprese e riduzione dei tempi della giustizia. È sulla formazione che si gioca la partita più importante. Per capirne di più, ne parliamo con Angelo Merlin, avvocato penalista e docente universitario di diritto penale dell’ambiente nonché attuale vicepresidente di Assoreca. «La conoscenza specialistica in questo settore è elemento determinante per raggiungere una vera ‘sostenibilità’ delle imprese in campo ambientale. Formazione che deve, necessariamente, essere multidisciplinare».
Esistono in Italia eccellenti scuole universitarie di alta formazione come la Challenge School di Ca’ Foscari (Venezia) che al tema ambientale dedica diversi Master e numerosi corsi innovativi. Importante promuovere la conoscenza dell’assicurabilità del danno ambientale. Le esperienze maturate nei diversi Stati della comunità europea hanno messo in luce la necessità che le aziende abbiano una effettiva copertura per gli obblighi finanziari nel caso in cui siano responsabili per danni ambientali. «In assenza di una idonea polizza assicurativa – spiega Merlin – molto spesso le aziende non sono in grado di sostenere i costi del risanamento ambientale che, quindi, vengono pagati dalla fiscalità generale in violazione del principio ‘chi inquina paga’. Per questo nel 2017 è stata avanzata dal Parlamento europeo una proposta di modifica alla direttiva comunitaria in materia di danno ambientale con la richiesta di introduzione dell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità ambientale».
La strada è aperta quindi. Parola chiave: conoscenza, informazione per una corretta prevenzione anche perché il “dovere di sapere” e quindi di acquisire informazioni sui rischi è un obbligo imposto dall’art. 301 del d.lgs. 152/06 ed è di pertinenza delle imprese. «Questo è un dovere – rileva Merlin che va costantemente implementato nel contesto del più generale dovere degli enti di auto-organizzarsi efficacemente sul terreno della prevenzione del rischio-reato». Anche se il nostro sistema è alquanto lontano dal modello statunitense delle agenzie di regolamentazione, esistono comunque le norme citate che impongono l’adozione di strumenti di controllo sui rischi ambientali alternativi rispetto a quelli che sfociano, quando l’evento oramai si è prodotto, nelle imputazioni penali. «È, a mio avviso, oramai ineludibile l’esigenza di rafforzare, in un’ottica di lettura sistematica della normativa ambientale, l’applicazione di misure preventive – conclude Merlin -, senza inseguire criminalizzazioni di dubbia efficacia, per una reale tutela dell’ambiente che è veramente la nostra ‘casa comune’ per utilizzare le parole contenute nelle recente Enciclica papale».