Incubo Didattica a Distanza

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Incubo Didattica a Distanza

La scuola in casa ha cambiato la percezione degli spazi domestici e incide sulla psiche di genitori e figli. Cosa abbiamo imparato e cosa possiamo salvare della DaD.

Un anno di Didattica a Distanza, a singhiozzo per i più fortunati, ininterrottamente e per tutto il periodo scolastico per altri. Se possibile – ha annunciato il Governo – dopo Pasqua si proverà a far tornare in aula almeno i più piccoli, ma quarantene e focolai locali fanno sì che le scuole debbano essere sempre pronte per questa modalità di istruzione online.

Dal lockdown, l’acronimo DaD (didattica a distanza) è divenuto un termine di uso comune, frequente realtà per tanti studenti, genitori e insegnanti. Vi è chi la ritiene una misura indispensabile per ridurre il contagio, chi invece sottolinea come il non essere riusciti a evitarla o limitarla sia il risultato del fallimento delle misure anti Covid. L’alternativa? La realtà è che quando non sia possibile andare in classe, nello stato dell’arte, si dovrebbe tenere semplicemente tutto chiuso. Vi è allora chi, con velocità e mezzi diversi, lavora da tempo per far sì che quella prima parola “didattica” sia il più funzionale possibile anche a distanza: dall’impegno dei discenti a quello del mondo della scuola, col supporto fondamentale della famiglia, ognuno cerca di tenere viva l’istruzione e – sebbene a volte mediata dal web – anche la rete di rapporti umani e sociali che vi è dietro una lezione.

Nonostante le difficoltà siano tante, è importante cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno, per rispetto dell’impegno di tutti coloro che davvero ogni giorno cercano di sostenere i nostri ragazzi.

DaD: la sfida da superare

Partiamo dalle problematiche e per farlo abbiamo chiesto il punto di vista di Silvana Santo: giornalista, blogger, molto nota sul web con il suo portale Una mamma green. Come sottolinea la Santo, le difficoltà più grandi sono state la conciliazione lavoro in smart working – con la necessità della «gestione delle difficoltà emotive e psicologiche» vissute dai figli, riuscendo al contempo a mantenere livelli di concentrazione, di produttività e di benessere psicofisico adeguati. «Per quanto riguarda i miei figli – ci ha raccontato la Santo – le difficoltà sono state diverse: la più piccola, seienne che frequenta la prima, patisce soprattutto le complicazioni della sfera didattica. Si stanca molto di più, trova le videolezioni estremamente noiose e frustranti, talvolta deve fare sforzi significativi per comprendere e acquisire cose che di persona le risulterebbero immediatamente accessibili. Nel tempo ha sviluppato un vero e proprio rifiuto della “scuola”, dei compiti, delle videolezioni. Suo fratello maggiore, che di anni ne ha 8 e fa la terza, è relativamente “sul pezzo” per quanto riguarda la didattica, è autonomo e attrezzato a seguire la Dad, ma soffre tremendamente la mancanza di socialità e di interazioni coi coetanei».

La compresenza di genitori e figli durante l’orario di lavoro e scuola ha finito per cambiare anche il modo in cui sentiamo il nostro “nido”. «Prima del lockdown la casa era il luogo del riposo dal lavoro e dalla scuola. Ora tra genitori in smart working e figli in DaD si è persa la caratterizzazione dell’abitazione come luogo di relax, si è modificata l’identità degli spazi domestici» ci spiega il prof. Giuseppe Riva direttore dell’Applied Technology for Neuro-Psychology Lab. di Auxologico e docente di Psicologia delle nuove tecnologie dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ad esempio anche se il figlio sa che la madre sta lavorando, ha la tentazione di chiamarla e disturbarla più spesso di come farebbe se la madre fosse in ufficio. Allo stesso modo il genitore può cercare di ascoltare cosa accade durante la lezione. «Questo può avere anche alcuni aspetti positivi, ad esempio il genitore può rendersi conto dei punti deboli del figlio a scuola, ma, salvo queste eccezioni, ove possibile è importante salvaguardare gli spazi e la riservatezza di entrambi per poter far sì che il genitore riesca a lavorare e il figlio a non essere distratto durante la lezione».

Riva spiega come sia fondamentale che lo studente non perda alcune sane abitudini come il prepararsi per entrare in classe (mai col pigiama!), mettere a posto la stanza prima della DaD, avere sulla scrivania o nell’angolo di tavolo dedicato solo il materiale scolastico (da risistemare a fine lezione) e far sì che questo spazio sia diverso da quello dedicato ad altre funzioni. Se si fa lezione dal tavolo di cucina, sarà importante far sedere lo studente in una sedia diversa da quella della colazione e dei pasti. Ciò potrà aiutare a non confondere le diverse identità del ragazzo.

L’esempio del Convitto Mario Pagano

Dall’inizio della pandemia ogni scuola ha organizzato la DAD mantenendo la propria autonomia didattica-organizzativa e, quindi, ogni Istituto alla didattica a distanza ha dato la propria impronta. Tra quelle che sono passate alla ribalta per il come hanno sin da subito affrontato la DaD vi è il convitto Mario Pagano di Campobasso.

«Per quel che riguarda il nostro Istituto – ci ha raccontato la rettrice Rossella Gianfagna – posso dire che, sin dall’inizio, abbiamo programmato un altro modo di fare scuola. Proprio la distanza, l’utilizzo dei dispositivi tecnologici richiedeva un’altra organizzazione. Abbiamo così investito su tempi ridotti rispetto al normale orario scolastico, lezioni più accattivanti e abbiamo puntato sull’autonomia dei ragazzi dividendo la lezione tra ascolto, produzione e partecipazione”.

Per poter cercare di rendere la DaD più efficace possibile, oltre alla dotazione informatica, rileva la Gianfagna, è fondamentale la formazione e il coinvolgimento delle famiglie e dei ragazzi: «Ecco perché durante questa lunga emergenza abbiamo continuamente promosso il confronto costruttivo con le famiglie dei nostri ragazzi e ragazze e abbiamo ascoltato le opinioni degli stessi studenti, che hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione della DaD».

Quali sono i pro nella DaD?

La DaD non è tutta da buttare. Come accennavamo in apertura, è stata una misura alternativa al rischio di non avere alcun rapporto con i compagni e i docenti. Inoltre ci ha insegnato come si possa dare una continuità didattica anche nelle situazioni di emergenza.

«La Dad a mio parere ha un grande potenziale come soluzione di emergenza (per esempio in situazioni di impraticabilità delle scuole per condizioni meteorologiche estreme, guasti idraulici etc). Potrebbe rappresentare sicuramente anche un’esperienza da mettere a disposizione in futuro a bambini e ragazzi che per condizioni di salute devono assentarsi da scuola per periodi lunghi» sottolinea Silvana Santo a commento della sua esperienza.

Della stessa opinione anche la Dott.ssa Gianfagna secondo la quale in questo anno di lavoro se la scuola ha perso tanto, dall’altro «ha anche ‘costruito’ un patrimonio di nuove conoscenze e messo in atto una serie di abilità. Non si può gettare via tutto ciò che è stato acquisito con un anno di duro lavoro, sacrifici, formazione e con l’utilizzo di tutta una serie di nuove piattaforme. Un patrimonio certo spendibile in altre condizioni di emergenza. Ma anche pensando di permettere ai ragazzi di poter partecipare a lezioni speciali con insegnanti lontani».

Tra le misure messe in campo dal Convitto per una DaD efficace vi sono le attività con gli educatori per i compiti e per i progetti extrascuola ma anche il ricorso alla tecnologia. Hanno infatti dotato il loro Istituto di alcuni robot per la didattica a distanza. «Si tratta di dispositivi che, fungendo da veri e propri avatar del docente o dell’alunno costretto all’isolamento a causa dell’emergenza Covid-19, hanno permesso ai nostri studenti di essere in classe anche da casa, da dove potevano addirittura muovere il robot all’interno dell’aula, occupare il proprio posto ed essere così presenti alla lezione. Una tecnologia funzionale alla DaD che in qualche modo ha reintrodotto il concetto più ‘umano’ di ‘presenza’, facendo sentire docenti e studenti impossibilitati ad essere a scuola un po’ meno soli» ci ha spiegato la Gianfagna.

Smart working, acquisti online e DaD hanno poi avuto un ruolo fondamentale nella spinta alla digitalizzazione. La didattica a distanza ha  chiamato migliaia di professori ad acquisire competenze digitali e a trovare nuovi modi di dialogo, empatia ed ascolto degli studenti.

Cambridge English ha ad esempio collezionato una serie di buone pratiche sorte  in Italia durante la DaD. Sono molte le storie di progetti realizzati sulla spinta di unire gli studenti anche a distanza, tramite la tecnologia. Così presso il Liceo Vittorio Gassman di Roma si è addirittura messo su un musical dedicato a “Shakespeare al tempo del lockdown” mentre all’Istituto Comprensivo Ovidio, sempre nella Capitale, si è potuto assistere online allo spettacolo dedicato a Toy Story. Tra le best practice registrate vi è poi quella raccontata da Fabiola Galli, docente e coordinatrice delle attività di bilinguismo del Collegio Ballerini di Seveso (Monza-Brianza) «(…) Volevo che rimanesse qualcosa di questa esperienza: così abbiamo organizzato, classe per classe, uno special project. Con la quarta, per esempio, abbiamo creato un giornale digitale, lo abbiamo chiamato Corona Times: hanno lavorato a coppie alla scrittura di articoli, alcuni hanno raccontato la propria esperienza nella rubrica Alone together, altri hanno scritto di economia, delle notizie dal Vaticano, di arte, sport. Abbiamo lavorato come una vera redazione e nonostante la fatica siamo riusciti a realizzare un giornale in formato sia cartaceo sia digitale».

La scuola capovolta

E se a cambiare fosse proprio il modo di insegnare? Se si cambiasse impostazione? Se fosse l’occasione per immaginare una “scuola capovolta”? «La didattica online funziona meglio con l’approccio della Flipped Classroom» ci spiega il Prof. Riva che pone in evidenza come non sia il rapporto con la tecnologia (computer e tablet) il problema degli studenti – i quali spesso finito la lezione si rilassano proprio giocando o passando del tempo su questi device – quanto il modello della lezione frontale durante la quale il docente fa lezione, lo studente ascolta e è chiamato a studiare da solo a casa successivamente. Con la Flipped Classroom «il docente prepara materiali di approfondimento che lo studente studia a casa. Durante la lezione, anche in DaD, la funzione dell’insegnante sarà quella di risolvere dubbi, collaborare e coordinare gli alunni e fare esercitazioni pratiche che consentono di coinvolgere gli studenti».​

Specializzata su temi ambientali e sui new media. Co-ideatrice del premio Top Green Influencer. È co-fondatrice della FIMA e fa parte del comitato organizzatore del Festival del Giornalismo Ambientale. Nel comitato promotore del Green Drop Award, premio collaterale alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 ha vinto il prestigioso Macchianera Internet Awards per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all'economia circolare. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione e docenza sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.