Automotive: i vantaggi dell’economia circolare
Tutti noi conosciamo il termine di obsolescenza programmata, ovvero una progettazione finalizzata a far durare un dispositivo soltanto per un certo numero di anni, oppure di operaz
Si occupano di finanza sui social media dando consigli sugli investimenti, fanno concorrenza ai canali tradizionali e sono percepiti come più sinceri. In Australia c’è una licenza, in Francia e Spagna ci sono regole chiare. Come funziona il mercato in Italia.
I fininfluencer, ovvero gli influencer che si occupano di finanza sui social media dando consigli sugli investimenti, sono un fenomeno interessante da osservare, da conoscere, da utilizzare, ma da maneggiare con cura. Il Word Economic Forum (WEF) lo ha messo sotto la lente nel Report The Future of Financial Advice sul futuro della consulenza finanziaria, accorgendosi che negli Stati Uniti il 60% degli investitori sotto ai 35 anni usa i social media come fonte di informazione per capire dove allocare i suoi risparmi.
Le grandi istituzioni finanziarie, sentendosi bypassate da queste nuove figure professionali, stanno quindi correndo ai ripari, provando a creare dei veri e propri sentieri digitali che riconducano il mercato dai social media verso i loro prodotti finanziari. Ma non è semplice recuperare il terreno perduto perché, sempre secondo gli studi messi a punto dal WEF, i fininfluencer, lavorando sui social media, riescono a fare sentire i potenziali clienti più a loro agio, con un atteggiamento inclusivo, un linguaggio semplice e accessibile, costruendo delle comunità molto affini per cultura, etnia, interessi, vicinanza geografica.
Le persone di colore, gli ispanici o le donne, per esempio, si percepiscono molto più rappresentati nel mondo fininfluencer. Peraltro, Gen Z e Millennials sono entrati nel mercato finanziario molto prima rispetto alle precedenti generazioni, ed è abbastanza normale che si trovino più a loro agio nell’universo social rispetto a un austero ufficio di una banca tradizionale.
In sostanza, anche persone con reddito basso, scarsa scolarizzazione, discriminate in passato per la loro identità sessuale o l’etnia di appartenenza si sentono meglio accolte sulle piattaforme social, dove possono chiedere assistenza e ricevere informazioni in tema finanza senza alcun pregiudizio.
Per il 76% dei Millennials e della Gen Z i fininfluencer, secondo il rapporto WEF, hanno fatto cadere molti tabù che ancora gravitavano attorno agli argomenti finanziari quando un target giovane, di classe socioeconomica bassa o femminile avvicinava invece le istituzioni tradizionali: sui social si parla della finanza reale, quella della quotidianità, c’è più autenticità, in un clima conviviale, con un linguaggio più facile da capire, in una sorta di democratizzazione della consulenza finanziaria.
A differenza dei consulenti classici di una banca, i fininfluencer travalicano i confini nazionali, hanno una platea più vasta, parlano al mondo. Fanno formazione finanziaria, vendono anche i loro prodotti. Producono video, blog, podcast, postano sui social, creano vere e proprie piattaforme e diventano anche partner delle istituzioni finanziarie. In Cina, per esempio, il 50% degli investitori appartenenti alla Gen Z cita i fininfluencer come il fattore decisivo per orientare gli investimenti.
Post dopo post, gli influencer della finanza sono diventati realmente potenti nell’universo digitale. In particolare:
Secondo una analisi della società americana Emplifi effettuata nel periodo aprile 2023-aprile 2024, il tasso di crescita dei followers dei fininfluencer con almeno 50 mila followers su YouTube è stato dell’8%, il doppio rispetto alla media di crescita dei followers di tutti gli influencer di YouTube (+4%), e la stessa cosa è accaduta su Instagram: +6% medio per i finfluencer, contro un aumento del 3% per gli altri influencer. Il numero medio di post pubblicati su Instagram dai fininfluencer è più del doppio rispetto ai post degli altri influencer, mentre su YouTube i fininfluencer pubblicano cinque volte più video rispetto alla media degli altri influencer. Quindi più followers intercettati e più contenuti pubblicati rispetto alla media. Una crescita così importante è un terreno fertile per potenziali trappole, con tanti millantatori dietro l’angolo. In particolare:
Come ribadisce il World Economic Forum, quindi, è sempre necessario tutelare il consumatore che deve essere informato sui rischi del suo investimento. Il fininfluencer deve in trasparenza svelare pubblicamente quali sono le sue competenze, i suoi conflitti di interesse, le finalità della sua informazione, se è pagato o meno per dare quei consigli, e da chi è pagato. Con un severo sistema regolatorio di controlli e di multe.
Sono uscite linee guida e leggi un po’ in tutto il mondo a normare questo settore. In Australia serve una licenza professionale per fare il fininfluencer e se si esercita senza ci sono multe fino a un milione di dollari australiani e pene detentive fino a cinque anni di prigione. In Francia la promozione di alcuni prodotti finanziari è stata vietata dalla nuova legge in materia di influencer marketing, mentre in Spagna le autorità hanno già agito più volte nei confronti dei fininfluencer, mostrando particolare attenzione alla promozione delle criptovalute.
In Italia non ci sono ancora regole specifiche per i fininfluencer. Ci sono però le linee guida generali sugli influencer adottate a gennaio 2024 da Agcom, e quindi il rispetto del Codice del consumo, del Codice di autodisciplina e della Digital chart dello IAP, e del Tusma. La Consob per ora vigila sul fenomeno. In base ai dati di Buzzoole, azienda che si occupa di influencer marketing, in Italia nel 2023 gli influencer finanziari hanno prodotto circa un milione di contenuti di carattere economico-finanziario e soltanto l’1% risultava sponsorizzato. Pochissimo.