Le mani fake sulla democrazia

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Le mani fake sulla democrazia

Il 2024 è stato un anno record per numero di elezioni a livello globale. Un grande attore ha giocato un ruolo importante: la fake news, sempre più elaborata e multimediale. Si sta facendo abbastanza per contrastare il fenomeno?

Il 14 giugno 2023 si sono tenuti a Milano i funerali di Silvio Berlusconi. Sul web sono tante le immagini che ritraggono la gente in Piazza Duomo in abito scuro, i tanti tricolori, qualche bandiera del Milan, la generale commozione. Alcuni tra questi scatti che potreste ritrovare online, tuttavia, sono un po’ diversi dagli altri e questo perché sono finti, creati mesi prima delle effettive esequie dell’ex presidente del consiglio. Le foto fake portano la firma del content strategist Claudio Riccio, che ha utilizzato l’algoritmo di intelligenza artificiale di Midjourney, per immaginare le immagini del giorno dei funerali di Berlusconi. Per la prima volta abbiamo capito anche in Italia le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa, capace di creare contenuti testuali, video, fotografici e persino audio totalmente simi a quelli reali. Simili, appunto, ma falsi.

L’arresto di Donald Trump, il piumino bianco di Papa Francesco, i falsi consigli finanziari del Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta: sono tutti noti esempi di veri e propri falsi indistinguibili dalla realtà. Un effetto straniante che ha ormai smesso di far sorridere e che ora preoccupa, soprattutto per quel mix di effetti perversi generati dalla viralità dei social, il luogo in cui questi fake sono diffusi, inquinando il dibattito pubblico.
«Nel mondo politico c’è un nuovo attore globale che sta diventando sempre più centrale: il falso contenuto, il fake», sottolinea il Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione all’Università Cattolica di Milano. «Questo rappresenta un rischio sempre più elevato soprattutto in un contesto in cui le opinioni pubbliche si formano sempre di più sui social network, dove questi contenuti falsi trovano dimora e viralità, contribuendo a polarizzare l’elettorato, a renderlo sempre più diviso e bloccato in quelle asfittiche camere d’eco in cui le opinioni si sedimentano, inseguono complottismi vari e si estremizzano».

Le tecniche alla base dei deep-fake

I fotomontaggi e i vecchi ritocchi tramite Photoshop oggi fanno quasi tenerezza se comparati con queste vere e proprie opere complesse di taroccamento, che sfruttano tecniche avanzatissime basate sulle reti neurali profonde. Sono loro che consentono il cosiddetto face swapping, che permette di scambiare i volti delle persone.

Con l’auto-encoder i video clip reali delle persone sono studiati per mapparne il volto, producendo la raccolta di una enorme quantità di dati biometrici e vocali, utilizzati per programmare algoritmi di deep-learning che danno vita a contenuti originali assolutamente falsi. Il tutto viene poi corroborato dalla tecnica del GAN – Generative Adversarial Network, ovvero quelle reti che analizzano gli output nel tentativo di riconoscere i contenuti fake e promuovere un sempre crescente perfezionamento degli stessi algoritmi generativi.

Il ruolo delle piattaforme contro i fake

Il risultato di questo sforzo tecnologico sono video-truffe che utilizzano personaggi famosi per promuovere farmaci o prodotti in genere (come successo a Tom Hanks), oppure false dichiarazioni di politici. «Questi contenuti sfruttano la grande capacità delle piattaforme di profilare i propri utenti», rileva Riva. «Se conosco gli utenti, infatti, posso costruire fake-news coerenti con il sistema valoriale del mio target che posso far emozionare più facilmente, provocando così i sentimenti desiderati: rabbia, indignazione, approvazione, empatia e così via».

In vista delle elezioni americane, l’ONG Center for Countering Digital Hate ha esaminato i vari tool di AI generativa, riconoscendo in Midjourney il sistema con le maggiori probabilità di produrre immagini ingannevoli. Nello scorso febbraio, infatti, vari player mondiali nel campo informatico come Google, Microsoft e OpenAI, hanno annunciato a Monaco un’intesa per contrastare gli effetti malevoli dell’impiego di deepfake nelle campagne elettorali, promuovendo una maggiore trasparenza delle fonti, portando avanti iniziative di sensibilizzazione degli utenti, implementando tecnologie di detecting che aiutino a scovare i falsi contenuti. Secondo Riva, l’impegno delle piattaforme contro le fake-news e i deep fake si sta dimostrando valido nei confronti dei contenuti diffusi spontaneamente dagli utenti, meno verso i post pubblicitari. «Il controllo verso i contenuti sponsorizzati che generano un ritorno economico è più scarso. Il problema è che questi ultimi sono anche i più pericolosi, perché sono anche quelli meglio targettizzati. Ecco perché su questo tema c’è ancora tanto da lavorare», aggiunge Riva.

Tra norme ed educazione: il contrasto delle fake news

Pienamente in vigore dal febbraio di quest’anno, il Digital Service Act europeo impone una serie di obblighi alle piattaforme online. Il faro è la trasparenza del web per invitare i soggetti che operano nel mondo social e web a rimuovere i contenuti illegali, a promuovere una corretta proliferazione degli utenti, proteggendo i loro diritti e scoraggiando la disinformazione. Come conseguenza di questi obiettivi, lo scorso marzo la Commissione europea ha inviato formalmente richieste di informazioni a Bing, Google Search, Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok, YouTube e X sulle misure assunte per attenuare i rischi legati alla diffusione di contenuti falsi dell’’intelligenza artificiale generativa, soprattutto in ambito politico ed elettorale.

Aldilà dell’aspetto normativo, però, la vera sfida è quella dell’educazione. «Nonostante il loro essere nativi digitali, i giovani pensano di riconoscere i contenuti ingannevoli, ma in realtà spesso cadono nelle loro trappole. Bisogna puntare a educare e istruire le giovani generazioni a un consumo critico e consapevole delle informazioni sul web, un luogo dove sempre più ci si informa e sempre più imperversano anche altri fenomeni pericolosi come le dipendenze o il cyberbullismo», sottolinea Riva. D’altronde in gioco non c’è solo la difesa degli utenti da truffe e inganni, ma la stessa genuinità dei nostri processi democratici.

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.