L’Europa in campo per la trasparenza del Web

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L’Europa in campo per la trasparenza del Web

Approvato dall’Unione europea il Digital Services Act che pone nuove norme (e sanzioni) per i giganti del web e non solo. Ecco le sue principali novità e applicazioni.

Avanti contro le fake news e per la trasparenza del web. L’Unione Europea con il Digital Services Act (DSA) si muove verso una rete più sicura nei contenuti diffusi e nei servizi promossi. Un provvedimento complesso, che entrerà in vigore dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea, in seguito alla definitiva approvazione del provvedimento in luglio assieme al Digital Markets Act, la legge sui mercati digitali.

Ma cosa c’è dentro il Digital Service Act (DSA) ed è davvero «un accordo storico con nuove regole che proteggeranno gli utenti online, garantiranno la libertà di espressione e le opportunità per le imprese» come trionfalmente annunciato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen su Twitter?

Secondo Oreste Pollicino, professore di Diritto costituzionale e dei media all’Università Bocconi e co-founder di DigitalMediaLaws, «il DSA è uno dei primi atti a segnare una discontinuità rispetto al passato. I provvedimenti precedenti, infatti, si configuravano tutti come interventi verticali, riguardavano perciò ambiti differenti e davano luogo a una deleteria frammentazione normativa. Finalmente, abbiamo adesso quel provvedimento trasversale di cui avevamo bisogno».

Gli obiettivi e i soggetti destinatari del DSA

Il provvedimento voluto dalla Commissione Europea muove dal principio che ciò che è illegale nel mondo reale lo deve essere anche online. Ecco perché tra i suoi obiettivi principali c’è anche quello di porre un argine a fenomeni nati sul web, ma che poi sono sfociati in problematiche sociali rilevanti, si pensi al cyberbullismo, dell’incitamento alla discriminazione e all’odio, al revenge porn, o alla pedopornografia.

L’intervento si indirizza verso gli attori che operano nel campo dei contenuti e dei servizi online. Sono i cosiddetti “intermediari” di servizio, ovvero quelle piattaforme social o web presso cui il legislatore europeo promuove il concetto di responsabilità.

Come agisce il DSA

Il DSA prescrive per questi intermediari degli obblighi precisi, come l’indicazione chiara delle condizioni di servizio, l’esplicitazione delle informazioni sulla moderazione dei contenuti e su come gli algoritmi sono usati, la trasparenza sui sistemi di profilazione e suggerimento della pubblicità online, il divieto di pratiche ingannevoli, l’adozione di misure per collaborare con le autorità nazionali in caso di reato.

Per quelle piattaforme che possono vantare dimensioni maggiori (si pensi ai grandi social network o ai motori di ricerca) sono previsti ulteriori obblighi, come quelli di risposta ad eventuali crisi, di prevenzione di abuso dei propri sistemi, condivisione dei dati principali e dei propri algoritmi con le autorità, l’obbligo di sottoporsi ad audit e controlli da parte di soggetti indipendenti.

«Con il DSA – sottolinea il professore Oreste Pollicino – si assiste anche ad una discontinuità nei contenuti rispetto al passato: si passa da una dimensione sostanziale a una procedurale, facendo leva sul concetto di accountability, di responsabilità delle piattaforme nei confronti degli utenti. Un principio tipico della legislazione americana verso cui il legislatore europeo guarda». L’obiettivo europeo, insomma, è quello di sposare un approccio molto vicino a quello statunitense, per parlare un linguaggio comprensibile alle grandi major del settore (per la stragrande maggioranza americane), puntando sul concetto di accountability, di responsabilità nei confronti degli utenti.

La Governance e le sanzioni

Il Digital Services Act istituisce due nuove figure: quella del Compliance Officer, figura interna all’azienda a cui spetta con imparzialità e trasparenza il monitoraggio dell’osservanza del regolamento; e quella del Digital Services Coordinator, autorità nazionale indipendente che deve vigilare sull’applicazione del regolamento con obblighi di trasparenza, imparzialità, tempestività di azione e reportistica annuale sulle proprie attività.

L’intervento prevede delle sanzioni che possono arrivare anche al 6% del fatturato annuo totale e prevede per gli utenti anche la possibilità di richiedere un risarcimento per danni a seguito di violazioni commesse dalle stesse piattaforme.

Ulteriore novità introdotta dal DSA è quella che riguarda i “Codici di Condotta”, che sono intesi come vere e proprie fonti di diritto. Il professore Oreste Pollicino ha curato il Nuovo Codice di condotta europeo contro la disinformazione del giugno 2022, che ha previsto diverse novità rispetto alla sua versione del 2018. Tra queste, come sottolineato dal professore Pollicino su Lavoce.info, spicca «la presenza molto più dettagliata degli indicatori di misurabilità degli impegni presi», per valutare in maniera più precisa i comportamenti da esaminare e gli eventuali interventi da promuovere.  

Il nuovo codice di condotta europeo sulla disinformazione, dunque, si appresta a divenire un importante fondamenta su cui basare le azioni stesse del DSA, visto che questi codici ora «sono visti come strumenti di co-regolamentazione, verso i cui firmatari ora il DSA introduce obblighi e penalità in caso di inadempienza», chiarisce il Pollicino.

Il DSA lede il diritto di manifestazione del pensiero?

Sul rapporto tra le norme del Digital Services Act e la libertà di manifestazione del proprio pensiero, le posizioni della comunità scientifica non sono omogenee. Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali, ha per esempio ravvisato il rischio «che il DSA rafforzi il ruolo, già enorme, dei gestori delle piattaforme nel dettare la linea editoriale mediatica globale e di plasmare le coscienze collettive». Di diverso avviso Pollicino, secondo cui «non c’è alcun conflitto tra il DSA e i principi di libertà di espressione del proprio pensiero. Questo perché il testo prevede la presenza di un sistema di notifiche che allerteranno i soggetti interessati da un eventuale intervento, senza rimozioni di contenuto eccessive». Come dire, utente avvisato…

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.