L’insostenibilità della carne

Environment


L’insostenibilità della carne

Questo alimento ha migliorato il benessere e gli standard di vita delle persone ma ha un costo ambientale e sociale che non possiamo più permetterci.

La carne ha un costo ambientale – e sociale – così elevato che se smettessimo di mangiarla o banalmente ne riducessimo il consumo, potremmo assicurare un pianeta più vivibile alle nuove generazioni. Ma forse non siamo pronti per affrontare seriamente questo argomento o, più probabilmente, non vogliamo farlo.

L’industria della carne è una delle più inquinanti in assoluto, e i suoi prodotti hanno acquisito sempre più popolarità nella quotidianità delle famiglie in tutto il mondo. Ne è la prova il fatto che la produzione annuale di carne sia quadruplicata e il consumo di carne pro capite sia quasi raddoppiato negli ultimi cinquant’anni, passando dai circa 20 kg degli anni ’60 ai 40 kg circa del 2014. A livello globale però esistono delle differenze nella distribuzione del consumo di questo bene, come mostrano ad esempio il Regno Unito (che ha raggiunto il picco massimo dei consumi di carne, ora in diminuzione) e la Cina (che invece ha registrato un continuo incremento dei consumi, fino ad arrivare a dover acquistare territori in zone ricche di acqua fuori dal paese per poter allevare bestiame da macello).

Il nodo idrico della produzione della carne

​Ma veniamo ai dati veri e propri: per produrre 1 kg di manzo vengono usati circa 2.350 (duemilatrecentocinquanta!) litri d’acqua e vengono immessi in atmosfera 60 kg di CO2 equivalente (che corrispondono ai vari gas climalteranti emessi e convertiti nel “peso” che avrebbero se fossero anidride carbonica). Detti così possono sembrare numeri insignificanti, quindi cerchiamo di trovare un secondo termine di paragone per capire meglio la portata di tale informazione e – soprattutto – di tale emissione.

Innanzitutto, una persona che beve 8 bicchieri d’acqua al giorno, quindi circa 691 litri d’acqua all’anno, consuma 2.073 litri d’acqua in tre anni. Ciò significa che per produrre 1 kg di manzo, viene utilizzata la stessa quantità di acqua che beviamo in tre anni (attenzione: facciamo riferimento all’acqua che beviamo, non di cui ci serviamo ad esempio per cucinare, lavarci o innaffiare le piante). Se riflettiamo su questo dato, vediamo emergere la problematicità del consumo di carne, non solo a livello ambientale, ma anche a livello sociale: è come se durante un pasto in famiglia, in cui quattro persone mangiano in totale 1 kg di bistecche di manzo, consumassimo più di duemila litri di acqua, una quantità enorme che possiamo permetterci sia fisicamente – per ora – che idealmente, non essendo abituati a risparmiare questa preziosissima risorsa, poiché non abbiamo esperienza della sua scarsità. Potremmo non curarci dell’impatto della carne sulle risorse idriche e continuare a supportare un settore così impattante, ma dobbiamo riconoscere che – con qualche accorgimento – senza carne si può vivere, senza acqua no.

Emissioni boom

Oltre questo dato riferito all’acqua, c’è anche l’enorme quantità di emissioni derivanti dalla produzione della carne: 60 kg di CO2 per un solo kg di manzo, che equivalgono alla produzione della plastica necessaria per creare più di 300 bottiglie da 1.5 litri (contando che in media una bottiglia di plastica pesa 32 grammi e che produrre 1 kg di materiale plastico sono emessi 6 kg di CO2).

Un ulteriore elemento interessante è quello in riferimento alla produzione mondiale di cereali, di cui solo una piccola parte viene consumata dagli esseri umani. Infatti, il 70% di tale produzione viene usata per sfamare gli animali degli allevamenti intensivi. In questo caso, dunque, possiamo considerare la carne come causa profonda di una considerevole parte della deforestazione che attanaglia le foreste di tutto il globo. In sintesi, non solo la maggioranza dei cereali coltivati a livello globale non sono destinati al consumo umano, ma vengono anche tagliati alberi per fare spazio agli allevamenti intensivi e alle coltivazioni di mangimi destinati a sfamarli.

Alla fine, tutti questi ​numeri e concetti potrebbero restare impressi nella nostra mente come potrebbero dissolversi dopo poco, ma tutto ciò che dobbiamo ricordarci è solo e semplicemente questa concl​usione: la carne non è sostenibile e per contrastare la crisi climatica dobbiamo cercare di ridurne al massimo il consumo, così come il consumo dei prodotti animali derivati. Pur essendo consapevoli di quale apporto migliorativo abbia dato la carne per quant​​o riguarda il benessere e gli standard di vita delle persone, bisogna considerare che un consumo sproporzionato e una produzione intensiva poco si addicono – anzi, contrastano – alle scarse risorse di cui disponiamo e alla situazione climatica che stiamo vivendo. ​

Attivista per il clima e studentessa di Studi Internazionali all'università di Trento. Appassionata di ambiente e cambiamenti climatici, usa i social per divulgare di temi come crisi climatica, sostenibilità e femminismo.​