Biowaste: perché l’Italia frena

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Biowaste: perché l’Italia frena

L’economia circolare del rifiuto organico è settore strategico per ambiente, economia e sociale. Ma la scarsa qualità e la capacità eccessiva degli impianti stanno minando il sistema Italia.

Il biowaste, o rifiuto organico, rappresenta una delle sfide ambientali e gestionali più significative del nostro tempo. In Italia, l’avere una gestione virtuosa del biowaste assume un ruolo cruciale per numerosi motivi, ambientali, economici e sociali.

Il biowaste, che comprende tutti i rifiuti di origine organica come residui alimentari e scarti di giardinaggio (rispettivamente il cosiddetto “umido + verde”), rappresenta una quota significativa del totale dei rifiuti prodotti nel Paese. Secondo i dati Ispra, per l’esattezza, tale percentuale si attesta sopra il 38% del totale della raccolta differenziata.

La corretta gestione è una risorsa anche economica

Una corretta gestione di questi rifiuti non solo contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dalla decomposizione anaerobica in discarica, ma favorisce anche la produzione di risorse rinnovabili quali compost e biogas. Vediamo cosa sono.

  • Compost. Derivato dal trattamento del biowaste, è un ammendante organico che migliora la qualità del suolo, aumenta la sua fertilità e aiuta a conservare l’umidità. Questo non solo supporta l’agricoltura sostenibile ma riduce anche la dipendenza da fertilizzanti chimici, con benefici evidenti per l’ambiente. In tale direzione va anche la disciplina relativa agli acquisti verdi della Pubblica Amministrazione che proibisce l’utilizzo di ammendanti non rinnovabili (torbe) e indica per la fertilizzazione del terreno sostanze naturali, dove come prima voce troviamo proprio il compost.

  • Biogas. Parallelamente, il biogas prodotto dagli impianti di compostaggio può essere utilizzato come fonte di energia rinnovabile, contribuendo alla diminuzione dell’uso di combustibili fossili e all’incremento dell’indipendenza energetica del Paese. Considerati gli ambiziosi obiettivi europei sulla produzione del biometano, è oggi ritenuto strategico l’apporto che può arrivare proprio dal biogas che, purificato, può appunto diventare biometano. La gran parte arriva e arriverà dai rifiuti agricoli ma cresce la percentuale derivante dalla Forsu (frazione organica dei rifiuti solidi urbani). Secondo le stime del CIC, già nel 2022 venivano immessi in rete 167 milioni di metri cubi di biometano ottenuto da Forsu e nel 2024 potrebbero essere intorno a 250 m3.

  • Gestione efficace con l’economia circolare. Una gestione efficace del biowaste vuol dire applicare i principi di economia circolare, creare e salvaguardare posti di lavoro e opportunità di mercato legate alla raccolta, al trattamento e alla trasformazione di questi rifiuti in risorse. Questo processo non solo contribuisce a ridurre l’impatto ambientale ma promuove anche l’innovazione nel settore del riciclo e promuove le economie locali nei territori che ospitano gli impianti.

L’allarme qualità della raccolta

Nonostante questi potenziali benefici, la gestione del biowaste in Italia oggi si confronta con sfide significative, come la necessità di migliorare la qualità e l’efficienza del trattamento e di gestire la capacità degli impianti in modo sostenibile anche dal punto di vista economico.

Dopo anni di crescita della raccolta dei rifiuti organici, i dati Ispra segnano una battuta d’arresto. Ma a preoccupare è soprattutto l’allarme sulla qualità, nonostante l’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi che avrebbero dovuto comportare una miglior raccolta e spingere la richiesta di compost. A dare i numeri e lanciare l’alert è il Centro Studi del CIC, il Consorzio Italiano Compostatori.

  • Come aumentare la quantità di raccolta della frazione organica. In Italia, nel 2022, sono state raccolte 7,25 milioni di tonnellate di rifiuti organici considerando la frazione umida (5,46 milioni di tonnellate) e verde (1,79 milioni di tonnellate), registrando una diminuzione di circa 144.000 tonnellate rispetto al 2021, “dovuto in parte agli strascichi delle anomalie generate dalla pandemia da Covid-19 e in parte al calo della popolazione residente in Italia”. Ha spiegato Lella Miccolis, presidente del CIC, a commento dei dati.

  • Obiettivo ridurre il ricorso a fonti fossili. Considerando il totale di rifiuti a matrice organica (e quindi anche fanghi civili ed agroindustriali e altro) complessivamente trattati negli impianti italiani, si è registrata invece una crescita di circa 55.000 tonnellate per un totale di 8,35 milioni di tonnellate di rifiuti. Dalla trasformazione dei rifiuti a matrice organica, sono state ottenute circa 1,9 milioni di tonnellate di compost e 409 milioni di metri cubi di biogas, valorizzati mediante la produzione di circa 411 GWh di energia elettrica lorda, 169 GWh di energia termica lorda e 167 milioni di metri cubi di biometano utilizzabile sia per l’immissione in rete per consumi domestici che per l’autotrazione come carburante rinnovabile, con l’obiettivo di ridurre il ricorso alle fonti fossili.

Il punto debole è l’umido

Uno dei punti cruciali riguarda l’intervenire sull’implementazione delle raccolte differenziate dell’umido su tutto il territorio italiano. Sono infatti ancora circa 5 milioni gli abitanti residenti in comuni con livelli di intercettazione della frazione umida con ampi margini di miglioramento, oltre ai comuni che ancora oggi non hanno attivato servizi dedicati di raccolta dell’umido. A ciò si assomma un rilevante calo della raccolta differenziata della frazione verde pubblico.

Per poter generare un prodotto di qualità e garantire che il sistema e il settore siano efficienti, le impurità nella raccolta devono essere al di sotto di specifiche percentuali. Secondo i CAM del Ministero dell’Ambiente, il contenuto di impurità merceologiche dovrebbe essere entro il 5%. Nonostante ciò, la realtà dei fatti – fotografata dal Centro Studi CIC – fa emergere come la purezza merceologica media della frazione umida raccolta sia scesa dal 93,8% all’attuale 92,9%. In buona sostanza la frazione umida raccolta e avviata agli impianti di trattamento presenta quindi una percentuale di materiali impropri (materiale non compostabile – MNC) pari al 7,1% del materiale conferito, il che colloca il rifiuto “nazionale” nella classe di qualità B rispetto al sistema di valutazione elaborato dal CIC. Evidentemente, quindi, le indicazioni ministeriali sono purtroppo ad oggi spesso disattese. Tra i principali problemi vi è l’uso di sacchetti non compostabili (e risultano ancora circolanti quelli usa e getta di plastica, nonostante il divieto).

Impianti: c’è il rischio di overcapacity

Quando si parla di sostenibilità ambientale si è soliti credere che a mancare – per una corretta transizione ecologica – siano gli impianti. Questo non è sempre vero, come nel caso del compostaggio. In Italia il riciclo dei rifiuti organici nel 2022 è stato affidato a 357 impianti di trattamento biologico, autorizzati a trattare circa 12 milioni di ton/anno di rifiuti a matrice organica, con un ampio margine di crescita rispetto alle 8,35 milioni di tonnellate, raccolte.

In particolare, sono 283 gli impianti di solo compostaggio che producono compost. Rispetto all’anno precedente sono saliti a 74 (11 in più rispetto al 2021) gli impianti che trattano i rifiuti a matrice organica mediante digestione anaerobica, in prevalenza integrati con il processo di compostaggio, per la produzione di compost e biogas.

In Italia c’è l’autosufficienza impiantistica, garantita a livello nazionale e macroregionale. Rispetto a ciò il Centro studi CIC mette in guardia: la promozione di altra capacità impiantistica (anche incentivata economicamente da fondi pubblici) può generare fenomeni di sovra capacità territoriale stante le due condizioni concomitanti: l’avvio all’autosufficienza territoriale e il mancato completamento delle raccolte della frazione umida in alcuni territori.

Per frenare il fenomeno dell’overcapacity che potrebbe mettere in crisi economica gli impianti esistenti e avere ricadute negative nel mondo del lavoro (alcuni siti hanno infatti cominciato a diminuire la capacità e a ricorrere a strumenti di cassa integrazione) si ritiene sia necessaria una pianificazione strategica nei territori che consideri questa nuova tendenza, al fine di trovare un equilibrio sostenibile tra rifiuto prodotto (legato alla quantità e qualità della raccolta dei biowaste) e un’impiantistica dedicata.

Specializzata su temi ambientali e sui new media. Co-ideatrice del premio Top Green Influencer. È co-fondatrice della FIMA e fa parte del comitato organizzatore del Festival del Giornalismo Ambientale. Nel comitato promotore del Green Drop Award, premio collaterale alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 ha vinto il prestigioso Macchianera Internet Awards per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all'economia circolare. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione e docenza sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.