Adattarsi al clima: le città cambiano colore
Le aree urbane risentono più delle aree rurali del surriscaldamento globale. Il cosiddetto “effetto isola di calore” può aumentare le temperature di 4-5 gradi centigr
Credevo che una Conferenza sul clima presieduta da un petroliere avrebbe affossato finalmente lo sviluppo delle energie fossili e credevo anche a Babbo Natale. O forse non esiste?
I sunti dell’ultima CoP 28 ormai sono tanti: un compromesso che, come sempre, accontenta chi vede il bicchiere mezzo pieno e indigna il partito del bicchiere mezzo vuoto. Non si è detto phase out (abbandono) e neanche phase down (graduale abbandono), di petrolio e carbone, ma è stata consacrata la necessità di “transitare” verso nuove soluzioni, anche eliminando i sussidi più distorsivi e disfunzionali e migliorando l’efficienza energetica – fare di più con meno – in tutti i settori. Ma non è tutto, e neanche la parte più importante di una CoP che è stata un successo per le ragioni peggiori. Proviamo a sbirciare dietro le quinte.
Io credevo che una CoP clima presieduta da un petroliere avrebbe affossato finalmente lo sviluppo delle energie fossili; e credevo anche a Babbo Natale. O forse non esiste? Che sarebbe stata una contesa era chiaro fin dal principio, e come ogni contesa, i combattenti avevano una strategia: non ci sono buoni e cattivi, solo interessi contrastanti ma che paiono onestamente leciti e giustificati dal punto di vista di chi li difende. Allora:
Lo slancio in attacco del Paese ospite era partito molto forte: sbloccare i tanti e importanti processi ingrippati da anni alla CoP in tutti i settori diversi da quello energetico. Così, tutta l’influenza anche economica del mondo fossile si è dispiegata per un anno ottenendo progressi impensabili nel loss and damage – gli aiuti per i paesi più fragili ed esposti ma meno colpevoli – nel varare finalmente una finanza climatica per l’adattamento, nello sdoganare e finanziare i nature based approaches, strategie fondamentali di protezione dell’ecosistema come miglior garante dell’equilibrio climatico. Il calcolo era di ottenere in cambio una certa tolleranza sui dossier energia; però Babbo Natale li ha presi per la manica, ha incamerato tutti i progressi come dovuti, ma sull’energia non ha ceduto. Alla fine, non è caduto nessuno – un equilibrio di compromesso come si è detto – ma il tabellone degli elfi segna più punti.
Un successo? Sì, restando nella logica del gioco dei negoziati. Ma se facessimo anche noi un passo indietro a osservarci con distacco, come forse dovrebbero fare i “petrolieri” intenti a difendere il meccanismo che renderà la loro stessa patria inadatta alla vita umana? Nel mondo reale phase out, phase down o transit from non fa la minima differenza. Conta sapere che stiamo andando troppo lenti per disinnescare dei vicinissimi punti di collasso oltre i quali il pianeta diventa ostile per tutti. E conta la risposta dell’economia reale, ricordandoci che il suo vero decisore è il versante della domanda: si produce solo quello che i consumatori chiedono. Ed è allora inevitabile un giudizio su questa CoP28 che è anche un tirare le somme di tutte le altre 27: la CoP non basta più. Se vogliamo salvarci abbiamo pochissimo tempo e deve scendere in campo il vero decisore finale, che non è né la finanza né l’industria, né tantomeno la politica. Siamo io e te, con le nostre scelte. E a questo sarà dedicato il prossimo post per un nuovo anno, un 2024, che deve cambiare tutto.