Welfare: un piano per ogni età

Society 3.0


Welfare: un piano per ogni età

Il rischio di invecchiamento della popolazione in Europa orienta i piani aziendali che devono rinnovarsi soddisfacendo e supportando i bisogni dei lavoratori over 50.

leaves of the four seasons

Il rischio di invecchiamento della popolazione in Europa orienta i piani aziendali che devono rinnovarsi soddisfacendo e supportando i bisogni dei lavoratori over 50.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto redatto dalla Mapfre Economic Research l’invecchiamento della popolazione comporterà una transizione demografica a medio e lungo termine che inciderà sull’economia globale e sui consumi ed eserciterà un’ulteriore pressione sui conti pubblici in relazione al mantenimento di un’adeguata copertura sanitaria. Secondo gli esperti, già oggi l’aumento dei senior sarebbe all’origine della crescente interdipendenza finanziaria, della secolare stagnazione e dell’aumento delle disuguaglianze economiche. Insomma, un quadro a tinte fosche anche perché invertire la rotta non sarà affare da poco visto che l’età media tende ad aumentare sempre di più. In base ai dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità, infatti, tra il 2000 e il 2015 è salita di 5 anni a livello globale, attestandosi intorno ai 40. Risultato? Oggi il 25% della popolazione mondiale ha più di 60 anni, una percentuale che in Italia è arrivata al 28,7%. E nelle nostre aziende l’incidenza degli ultra 50enni sul totale degli occupati è del 34,1%. Se a questo si aggiunge l’allungamento dell’età pensionabile si capisce bene come gli older worker, rischino di diventare un problema anche per le imprese. Se non gestiti in modo adeguato, così come la loro convivenza in azienda con i colleghi più giovani, infatti, produttività e sopravvivenza stessa del business sono a repentaglio. 

Priorità Over50
Le riviste di management da anni parlano della necessità di sviluppare e gestire piani di active ageing per valorizzare al meglio i talenti senior interni e trasformarli in un motore di crescita per l’impresa, ma anche di riprogettare le politiche retributive, adeguare l’offerta di benefit e di flexible benefit all’evoluzione della forza lavoro. Ma il messaggio, in Italia, fatica ancora a passare se è vero, come dice l’ultima indagine Deloitte Human Capital Trends, che un HR manager su tre considera i lavoratori più anziani come uno svantaggio competitivo.  «Oggi c’è una forte necessità di rinnovamento delle organizzazioni aziendali così come delle politiche di HR, dei sistemi di benefit e compensation e del welfare aziendale in generale», spiega Francesca Rizzi, amministratore delegato di Jointly, società di consulenza in ambito di welfare aziendale. 

Bisogna rivoluzionare i percorsi di carriera
Rinnovamento che deve partire dalla costruzione di percorsi di carriera innovativi progettati sulle necessità dei lavoratori che cambiano in base al ciclo di vita. «Oggi, invece, in Italia tutto quello che va oltre la carriera tradizionale viene guardato con sospetto dalle aziende», interviene Simona Cuomo, professore associato di Leadership all’Università Bocconi e autrice con Adele Mapelli del libro Engagement e carriera: Il peso dell’età. «È un fattore culturale sul quale è necessario lavorare ancora molto.  Da noi l’unico modello di carriera valido è quello gerarchico funzionale con le persone che si spostano di continuo da una città all’altra, da un Paese all’altro, sono sempre connesse, si fermano in ufficio fino a tarda ora. Se si esce dallo schema si è automaticamente fuori dai giochi. Ma è necessario proporre modelli di carriera diversi. Le aziende devono accettare il fatto che le persone arrivate a una certa età possono anche non avere più voglia di spingere sempre verso l’alto, alcuni possono desiderare di rallentare, fare un passo indietro senza però pregiudicare il loro futuro professionale». 

Creare il clima giusto per esprimere le diversità
Proprio il contrario di quello che è emerso  da uno studio condotto da ValoreD in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, che ha sottolineato come la maggior parte dei lavoratori senior ancora oggi ha paura di esplicitare le fragilità  legate a momenti difficili, come possono essere la gestione di un genitore anziano piuttosto che il proprio indebolimento fisico, perché si sente a rischio.

Per questo è importante creare un clima dove le persone, anche in base alla loro età, siano libere di esprimere la diversità dei loro  bisogni e di ingaggio rispetto alla posizione lavorativa. «Diversi studi hanno provato che spostando le persone in ruoli più consoni al loro ciclo di vita il loro rendimento aumenta e il business aziendale ne può solo beneficiare», aggiunge Cuomo. In questi casi però generalizzare è vietato visto che ci sono senior che reggono benissimo stress e carichi di lavoro. Tanto che in base all’analisi fatta da Deloitte nel 2019 su dati 2018, il 19% degli over50 made in Italy pensa di smettere di lavorare a 67 anni (vs un 13% di media europea) e l’11% a 70 anni (vs il 7% degli intervistati nel resto d’Europa). Motivo in più per le aziende di riconoscere questa fetta di dipendenti come una risorsa che può aiutare a contrastare la carenza di competenze.
«Per raggiungere l’obiettivo le imprese dovrebbero andare verso una personalizzazione sempre più sofisticata della gestione organizzativa e dei benefit», sostiene Cuomo. Su questa strada bissare quello che fanno altre imprese non è consigliabile. «È fondamentale ascoltare le proprie persone e i loro bisogni che possono variare anche in base al territorio su cui la società opera visto lo squilibrio dei servizi offerti dalle varie regioni italiane», chiosa la docente della Bocconi.

Piani welfare, avere tutto per tutti non basta
Per venire incontro alle esigenze dei vari target di lavoratori anche i piani welfare aziendali devono rinnovarsi se l’obiettivo è supplire alle carenze del welfare nazionale, soddisfacendo e supportando i bisogni dei lavoratori che a 60 anni, oggi, se ne ritrovano ancora sette di lavoro davanti e in futuro ancora di più.  «In base alla nostra esperienza 4 sono le esigenze più importanti dei lavoratori senior su cui le aziende si devono concentrare», spiega Rizzi. «La prima è senza dubbio quella legata alla gestione dei figli, siano essi in fase scolastica e universitaria o già laureati a causa delle difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro e degli stipendi bassi.  La seconda è quella della gestione dei genitori anziani che richiedono sempre più tempo e cure. Seguono la gestione della salute personale e la formazione continua per colmare digital gap».
Su tutti questi fronti le aziende italiane più accorte, all’interno dei piani welfare, hanno già previsto servizi di sostegno ad hoc più o meno efficaci. «Finalmente anche le imprese nazionali hanno iniziato a capire che al loro interno ci sono persone che invecchiano e che hanno bisogno di servizi ad hoc», spiega Alberto Perfumoamministratore delegato di Eudaimon, società che propone consulenza e servizi di welfare aziendale e che ogni anno redige un osservatorio sul mercato in collaborazione con Censis.  «Nella maggior parte dei casi le imprese mettono a disposizione dei loro dipendenti over50 soluzioni servizi come rimborso spese mediche, prevenzione malattie cardiovascolari o oncologiche. Piuttosto che servizi di supporto per genitori anziani e per i figli tipo rimborso spese libri scolastici ma anche servizi di orientamento per la scelta universitaria o per l’ingresso nel mondo del lavoro», dice Perfumo. Ma dimenticano che gli Over50 di oggi non sono quelli di 10 anni fa «Per questo andrebbero inseriti nei pacchetti welfare anche servizi ad hoc di tipo ricreativo, culturale, per facilitare la socializzazione, aspetto quest’ultimo che, in una società come quella moderna, non va assolutamente trascurato».

Più responsabilità da parte delle aziende
Anche i servizi di carattere sociale come il supporto per le spese della badante andrebbero però pensati meglio. «Dall’Osservatorio welfare dello scorso anno è emerso chiaramente che i senior hanno una grande difficoltà ad accedere ai servizi di carattere sociale», prosegue Perfumo. «Questo perché molto spesso non sanno come orientarsi sul mercato. Non tutte le persone anziane hanno infatti per forza bisogno di una badante, a volte basta un’assistenza a ore. Andrebbe dunque sviluppata maggiormente la parte di supporto e di tutoraggio orientativo verso questo tipo di servizi».

Ho lavorato per 20 anni nelle redazioni di riviste economiche (Gente Money, Panorama Economy) e digitali (News 3.0). Dal 2015 sono freelance. I temi che riguardano il lavoro e il management sono rimasti la mia passione, anche ora che scrivo per l’Italia dal Mozambico. ​​​