La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Si chiama Chief robotic officer e ha il compito di organizzare e gestire il lavoro delle macchine. E questa rivoluzione 4.0 riguarda i manager senior. Perché le capacità di management contano più della tecnologia.
Si chiama Chief robotic officer e ha il compito di organizzare e gestire il lavoro delle macchine . E questa rivoluzione 4.0 riguarda i manager senior. Perché le capacità di management contano più della tecnologia.
Dopo i chief executive officer, il chief financial officer, la quarta rivoluzione industriale, quella dell’Internet delle cose fa spazio nelle aziende a una terza C, quella del Chief robotic officer. Una nuova figura professionale il cui compito è gestire il lavoro dei robot di nuova generazione, che non sono più solo uno strumento per svolgere lavori meccanici e ripetitivi, ma intelligenze artificiali in grado di interagire con gli uomini per migliorare l’efficienza aziendale e tagliare i tempi di produzione. Dei manager insomma che siederanno al nostro fianco, suggerendo strategie e piani di azione, con i quali capiterà di avere anche battibecchi e tensioni, come succede normalmente tra persone che condividono lo spazio ufficio per 8 ore al giorno.
Una nuova realtà che non si respirerà solo nelle imprese ma anche nelle strutture sanitarie piuttosto che negli studi professionali. Così capiterà di vedere un consulente finanziario robot e uno umano seduti attorno a un tavolo intenti a proporre un innovativo piano pensione a un cliente. Oppure un avvocato che con il suo collega robot controlla la linea di difesa di un cliente prima di entrare nell’aula di tribunale. E se a organizzare, gestire, premiare il lavoro degli umani ci sono manager preposti, per i robot ci saranno i Chief Robotic Officer ovvero i Cro.
Non è fantascienza, ma una realtà che sta pian piano prendendo piede in tutto il mondo, tanto che secondo Gartner, società internazionale di consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo della Information technology, entro il 2020 il 10% delle aziende avrà al suo interno un Cro.
La tendenza è destinata a proseguire a ritmi sostenuti negli anni successivi visto che secondo le previsioni di Cisco system fino al 60% di molte industrie in settori chiave come agricoltura, sanità ed energia, entro i 2025 impiegherà un Cro. Prova ne è che in Paesi dove la quarta rivoluzione industriale è già a un livello avanzato, come gli Usa, all’interno delle fabbriche sono già state create posizioni di Chief Robotics Officer. A conferma che l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro indubbiamente sostituirà molti ruoli e responsabilità umane, ma creerà anche nuove professionalità, nuovi ambiti lavorativi e contribuirà a equilibrare le tensioni generazionali oggi esistenti tra senior e Millennials sul fronte dell’educazione It. Rispetto alle tecnologie finora esistenti, infatti, per gestire le intelligenze artificiali destinate a interagire maggiormente con gli umani sia sotto l’aspetto fisico sia emotivo e cognitivo, non serviranno tanto i nativi digitali abili a usare la tecnologia, ma piuttosto professionalità senior con alle spalle una esperienza di gestione di risorse, comprese i robot di ultima generazione, mantenendo in modo efficace l’ambìto vantaggio competitivo che dà valore reale al business.
Uno scenario che, per quanto riguarda l’Italia, dove il mercato dei progetti Industria 4.0 nel 2016 valeva circa 1,7 miliardi di euro, è però ancora molto lontano. Le nostre imprese negli ultimi 12 mesi si sono indubbiamente avvicinate ai temi della 4° rivoluzione industriale, tanto che, in base alla ricerca dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, su un campione di 241 imprese manifatturiere, solo l’8% dichiara di non conoscere il tema (un anno fa era il 38%), il 28% sta valutando di fare qualcosa, mentre un altro 28% ha già avviato l’adozione di soluzioni. Il fervore dello scenario italiano è testimoniato da una media di 3,4 applicazioni già adottate da ciascuna azienda, soprattutto su tecnologie di Industrial IoT e Industrial Analytics. Da qui a parlare di Cro però ce ne vuole. «Nelle nostre fabbriche i robot vengono usati su linee di montaggio e di ispezione, dunque per lavori poco qualificanti che coinvolgono una persona su 200», ha osservato Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano. «Per l’introduzione di una robotica collaborativa sarebbe necessaria una riprogettazione di prodotto e di processo. Ma siamo ancora molto lontani da tutto ciò».
Anche perché sono operazioni che richiedono investimenti e sforzi importanti da parte delle imprese. E Paolo Passoni, Business Development Manager del segmento Technical di Randstad ha confermato: «Anche se la robotica sta entrando sempre più nel nostro tessuto industriale, al momento non abbiamo ricevuto richieste da parte delle aziende per la ricerca di Cheaf robotic officer». La maggior parte delle aziende made in Italy in questo momento, si sta concentrando sullo sviluppo del digitale, che porta a risultati importanti in termini di efficienza, miglioramento della produttività, ottimizzazione industriale, con investimenti inferiori. «Questo motiva la loro ricerca di figure come il Data analyst piuttosto che di sviluppatori in ambito Ict», ha spiegato Passoni. E Miragliotta ha aggiunto: «Molto richiesti sono anche gli It Ot integrator, professionisti in grado di capire come si possono acquisire informazioni dai sistemi operativi per poi trasferirli nei sistemi informativi tradizionali in modo tale che l’impianto fisico abbia a una sua controparte nel sistema digitale».
Non è una disciplina banale anche perché fino a ora nell’ organizzazione delle aziende It e Ot erano due figure separate. Caccia aperta anche per i Data scientist, definiti dall’economista Hal Ronald Varian «i professionisti più sexy del futuro», ovvero più interessanti visto che il loro compito è analizzare i dati raccolti per poi suggerire al management le informazioni utili per prendere decisioni e definire strategie. Tutte figure tanto richieste quanto carenti sul mercato. «Tanto che Randstad ha deciso di fare campus formativi per ragazzi neodiplomati o neolaureati in informatica per ampliare loro competenze», ha concluso Passoni.