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L’impatto delle catastrofi su piccole imprese e aziende agricole. Dati allarmanti sulla bassa copertura assicurativa e conseguenze economiche. Strategie per incentivare la protezione di filiere strategiche.
Il tessuto produttivo del made in Italy, rappresentato per la maggior parte da eccellenze realizzate da aziende di piccole e medie dimensioni e dall’unicità della filiera agricola i cui prodotti sono esportati in tutto il mondo, è in pericolo. Non parliamo dell’effetto delle tariffe doganali ma dell’impatto delle catastrofi naturali che hanno messo in evidenza l’estrema esposizione a fenomeni sempre più distruttivi e frequenti. Secondo un recente studio di Cerved sono 73.000 le imprese italiane che si trovano ad affrontare un rischio climatico significativo. I settori più esposti sono quelli dell’energia, dell’oil&gas, del cemento, dell’acciaio e dell’agricoltura. Per Germanwatch l’assegno staccato per i danni è stato salatissimo: fra il 1992 e il 2022 parliamo di 60 miliardi di euro.
La crisi climatica non guarda i confini e tutta l’agricoltura europea è in grande sofferenza: secondo un recente report di Bei (Banca europea degli investimenti) e Commissione UE, gli eventi climatici estremi causano mediamente 28,3 miliardi di euro di perdite ogni anno per il comparto agricolo. Ancora una volta, però, è l’Italia, assieme alla Spagna, a patire i maggiori danni che possono arrivare a 20 miliardi di euro in un solo anno. Come se non bastasse la situazione è destinata a deteriorarsi:
Il quadro è aggravato da un contesto climatico sempre più instabile come ha messo in evidenza l’Osservatorio Città Clima di Legambiente realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol:
le tipologie di evento più frequente sono state siccità (+54,5%), esondazioni (+24 %) e allagamenti (+12%).
Di fronte a uno scenario di questo tipo in rapido e profondo deterioramento, però, le Pmi italiane, soprattutto quelle agricole, scontano un basso livello di protezione. Sempre secondo Germanwatch la sottoassicurazione raggiunge il 98 % per i terremoti e il 97 % per le alluvioni e complessivamente soltanto il 7% delle Pmi ha una polizza ad hoc.
Qualcosa però si muove: dal 1° gennaio 2023 è operativo il Fondo mutualistico nazionale Agri-CAT, finanziato con 350 milioni di euro annui e destinato a garantire copertura contro rischi catastrofali agricoli.
La situazione potrebbe cambiare anche grazie alla Legge di Bilancio 2024 che ha introdotto un obbligo per tutte le imprese (tranne quelle agricole che usufruiscono del fondo dedicato) di stipulare una polizza assicurativa contro calamità naturali per fabbricati, impianti e attrezzature. Questa mossa è volta a sostituire la logica emergenziale con un sistema strutturale di gestione del rischio.
I tempi per adempiere all’obbligo di sottoscrizione cambiano in base alla dimensione delle aziende.
Il decreto prevede anche un meccanismo di riassicurazione pubblica tramite SACE, che può coprire fino al 50 % degli indennizzi, garantendo così stabilità al sistema assicurativo e contenimento dei costi.
Interventi strategici in pochi passi
L’obbligo di copertura CAT-NAT rappresenta un primo passo importante ma è necessario non abbassare la guardia alla luce dei dati e della situazione generale. Ecco, quindi, alcune direttrici di intervento strategico su cui sarà necessario puntare nei prossimi anni:
Fonti principali:
Osservatorio nazionale clima Legamebiente/Unipol, Bilancio 2024, dicembre 2024