Sessualità: per i giovani meglio libera e fluida
Negli ultimi 10-15 anni, sottotraccia e senza troppi clamori, si è sviluppata una rivoluzione che ha cambiato il mondo delle relazioni romantiche. I giovani descrivono una societ
Non solo Tik Tok. Sono tante le domande che i genitori si pongono circa l’utilizzo dello smartphone da parte dei giovanissimi. Una guida per non sbagliare.
A che età è giusto dare degli smartphone a dei bambini? Cosa rispondere ai propri figli quando reclamano un profilo social perché tutti gli amichetti già lo hanno? È possibile una educazione digitale per i più piccoli?
Sono tante le domande che i genitori si pongono circa l’utilizzo dello smartphone da parte dei giovanissimi e su quali siano i rischi – ma anche le opportunità – legati a questo strumento. Non è semplice dare una risposta così come non è facile capire come agire.
Partiamo da una constatazione di fatto: questi device sono oramai presenti in ogni casa e sappiamo bene quanto sia importante saper utilizzare la tecnologia. Con il lockdown e l’attivazione della DaD, è cresciuto in maniera esponenziale il numero dei giovanissimi che, giocoforza, hanno dovuto ricorrere a pc e tablet per continuare a fare lezione e per rimanere in contatto con insegnanti e compagni.
Vi sono però dei potenziali rischi da prendere in considerazione. Gli smartphone sono infatti strumenti complessi: se è vero che hanno alcune funzionalità molto semplici come fare una telefonata o scattare una foto, essi celano, però, delle potenzialità enormi. Come sottolinea il professore Giuseppe Riva, direttore dell’Applied Technology for Neuro-Psychology Lab. di Auxologico e docente di Psicologia delle nuove tecnologie dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, «dare uno smartphone a chi non è in grado di utilizzarlo e di riconoscerne i rischi è pericoloso come consegnare una Ferrari a chi non ha la patente (col rischio che vada a sbattere contro un muro)».
Un altro aspetto sul quale è fondamentale soffermarsi nasce dalla circostanza che, spesso, esista un divario generazionale tra genitori e figli nella modalità di utilizzo di tali device: anche quando, apparentemente, utilizzano gli stessi apparecchi, come un computer o uno smartphone, l’impiego che ne fanno è spesso diverso. Per rendersene conto basterebbe sfogliare l’elenco delle applicazioni installate (o la cronologia dei browser). I giovanissimi sono portati ad avere le “loro” app, i loro videogame, i loro social e le loro community che spesso i genitori neanche conoscono. Questi due mondi, troppo spesso paralleli tra di loro, potrebbero non incrociarsi in assenza di un intervento attento da parte dei genitori e, in certi casi, al di là del muro invisibile, possono accadere cose tutt’altro che virtuali.
Quando iniziano a navigare su un social, anche per gli adulti è difficile rendersi conto di quanto tempo venga trascorso on-line. Come spiegano gli esperti è “colpa” della dopamina, una molecola fondamentale nella regolazione di sensazioni di piacere, motivazione e dipendenza. Come approfondisce anche una serie in streaming (visibile gratuitamente sul canale Arte.tv), spesso le diverse app e i social network sono concepiti proprio per stimolare, nel nostro cervello, la produzione di tale molecola. Se per un adulto è difficile staccarsi da tali apparecchi, immaginate cosa possa accadere nel cervello di un bambino e quanto sia importante avere regole chiare. La ricerca del consenso o la “gara” di popolarità con gli amici può, infatti, portare a superare i limiti, a pubblicare foto “acchiappa like” e a compiere gesti anche estremi per attrarre l’attenzione.
Forse non tutti sanno che in Europa e in Italia esistono delle normative che fissano una età minima prima della quale non si può attivare una iscrizione ad un social network, né, in generale, ad altre applicazioni (come quelle note di messaggistica tipo WhatsApp o Telegram).
Secondo il regolamento europeo sulla privacy e sul trattamento dei dati personali (cosiddetto Gdpr), il divieto sussiste per i minori di 16 anni. Tale disciplina, però, può essere derogata dai singoli Paesi. L’Italia, ad esempio, con un decreto, ha stabilito un limite più basso: 14 anni. Addirittura molti portali applicano la normativa statunitense che fissa l’età minima a 13 anni.
In concreto quindi, in Italia, nessun minore di 13 anni potrebbe iscriversi ai social network e, per i ragazzi di 13/14 la fruizione di tali social è possibile solo previa autorizzazione dei genitori.
Cosa accade nella realtà dei fatti? Perché, giorno dopo giorno, aumenta il numero dei bambini iscritti ai social? Ciò accade poiché cresce la percentuale dei genitori che autorizzano i propri figli ad accedere a quelle community già frequentate da molti loro amici.
Senza un controllo e una corretta guida, però, “salire a bordo” di strumenti così importanti, appunto i social, può creare dei problemi ai bambini stessi o agli altri. Come i fatti di cronaca registrano, infatti, sempre più spesso il web diventa terreno per episodi di cyberbullismo diffusissimi tra i giovanissimi.
Vi è anche da ricordare una cosa: nel nostro Paese nessuna persona è imputabile penalmente se non ha compiuto quattordici anni. In tal caso non ne risponde nessuno? Non è proprio così perché chi esercita la potestà genitoriale può essere chiamato a rispondere in sede civile per culpa in vigilando e culpa in educando.
Avete mai sentito la frase patti chiari, amicizia lunga? Il problema, spesso, con i propri bambini è capire (da entrambe le parti) quali siano i patti da rispettare per utilizzare i social. Immaginate poi se i genitori – per ciò che riguarda lo smartphone – non sanno esattamente quali siano le regole da fissare.
Su questo aspetto un lavoro molto interessante è stato realizzato dal professore Giuseppe Riva che, sul portale “Nativi Digitali“, ha messo a disposizione tre diversi contratti tra genitori e figli, scaricabili liberamente.
I documenti sono:
Sono composti dalla parte che costituisce il vero e proprio contratto ma anche da due sezioni di schede di approfondimento per rendere figli e genitori più consapevoli dei rischi e delle opportunità della rete.
Prendendo ad esempio il contratto che prevede l’utilizzo di uno smartphone con l’accesso a internet (indicato dalle scuole medie), riportiamo alcune regole base fondamentali.
I genitori devono conoscere la password di accesso – che, al contrario, non va comunicata agli amici – e, fino alla maggiore età, devono poter visionarei contenuti del telefonino.
Lo smartphone andrà consegnato la sera fino alla mattina, tenuto spento durante i pasti e i compiti, lasciato a casa o spento quando non serva davvero (come a scuola) e dove non sia opportuno l’utilizzo (a teatro o al cinema).
Ogni regola è, di per sé, un importante richiamo ai diversi rischi legati all’utilizzo di questi device. Molte rappresentano esempi concreti di cosa si possa o non possa fare, spiegandone i rischi, per prevenire anche episodi di cyberbullismo.
Tra queste il divieto di fotografare o filmare persone in privato senza il loro esplicito consenso, il divieto di inviare foto o video (nemmeno) di parti intime perché questo gesto potrebbe rovinare l’esistenza di una persona, spiegando che, una volta che condividiamo una immagine, ne perdiamo il controllo e tale condotta, fra l’altro, potrebbe integrare una fattispecie di reato. Allo stesso modo non si dovrà usare lo smartphone per molestare, denigrare o far sentire a disagio un’altra persona.
Nell’era pre social, i genitori ossessionavano i loro figli ripetendo loro di non dare confidenza agli sconosciuti e di avvisarli di eventuali comportamenti sospetti o addirittura molesti. Questi avvisi rimangono validi anche sul web così come è opportuno che i bambini avvertano subito i genitori o gli adulti di riferimento su eventuali molestie subite o comunque su condotte non appropriate sui social.
Non sono solo i giovanissimi a dover imparare a utilizzare gli smartphone. È importante che anche i genitori facciano la loro parte e che quindi siano consapevoli dei mezzi (fisici e “virtuali”) che verranno utilizzati dai loro ragazzi e conoscano i propri doveri e le responsabilità di supervisione.
Sono molti gli adulti che, ad esempio, si interrogano sulla opportunità di conoscere la password utilizzata dai propri bambini per accedere a device o a social network. È importante che chi esercita la potestà genitoriale spieghi chiaramente che, per la tutela del minore e degli altri, debba essere messo in condizione di verificare che sia tutto a posto, sia in relazione a ciò che il figlio compie sia per eventuali episodi di bullismo subiti.
Per far sì che i propri figli poi abbiano un comportamento corretto e limitino allo stretto necessario l’uso degli smartphone, i genitori devono ricordarsi di dare il buon esempio evitando di fare telefonate durante i pasti o di consultare lo smartphone quando si è al ristorante, in biblioteca o al cinema.
Cosa fare nel caso in cui le regole vengano violate? Come affrontare la situazione? Secondo il professore Riva in tali casi l’adolescente dovrà pagarne le conseguenze, ovviamente in maniera commisurata alla gravità della condotta tenuta: dovrà rifondere, in qualche modo, l’eventuale danneggiamento dello smartphone o affrontare la situazione che si sia venuta a creare. Sarà, però, importante che genitori e figli parlino tra di loro e capiscano le ragioni di un determinato comportamento e come evitare che si ripeta. Sbagliando si impara, a tutte le età.