La luce è meglio di un’aspirina

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La luce è meglio di un’aspirina

Nell’architettura moderna l’illuminazione naturale diventa un alleato per il benessere delle persone. Anche nella domotica. Changes ne ha parlato con il light designer Filippo Cannata.

Nell’architettura moderna la luce naturale diventa un alleato per il benessere delle persone. Anche nella domotica. Changes ne ha parlato con il light designer Filippo Cannata.

Per Charles-Edouard Jeanneret-Gris, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Le Corbusier, l’architettura non è altro che il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce. La definizione dell’architetto svizzero naturalizzato francese che ha influenzato la storia dell’architettura moderna evidenzia in maniera chiara il ruolo che la luce naturale ha in un progetto e come forma e illuminazione siano collegate indissolubilmente l’una all’altra tanto che la prima non potrebbe esisterebbe senza la seconda. 

Le Corbusier, insieme con Carlo Scarpa e Loius Kahn, ha riportato in auge le potenzialità della luce naturale dopo che nel 900 i progettisti l’avevano messa da parte per via della potenzialità dell’elettricità. Oggi la luce ha un ruolo sempre più centrale nel progetto architettonico, al pari di un materiale per definire gli ambienti interni e costruzioni. Ed è sempre di più al centro di progetti che puntano al benessere delle persone che li fruiscono. A livello fisiologico, infatti, l’esposizione alla luce naturale favorisce la produzione di e riduce la concentrazione di ormoni responsabili dello stress, oltre a ridurre i consumi energetici e i costi di gestione degli immobili. Changes ne ha parlato con Filippo Cannata, che quasi 30 anni fa ha fondato Cannata&Partners, un laboratorio di ricerca che approfondisce argomenti e contenuti correlati alla luce nell’architettura e nell’urbanistica, alla sua storia, alla sua evoluzione per mezzo della tecnologia e del design, alle sue manifestazioni in natura, al suo impiego in ogni ambito professionale ed artistico.  

Oltre che lighting designer, lei è un filosofo della luce. In quale pensatore del passato si riconosce di più?
La mia ricerca sulla luce è un percorso di conoscenza libero da ogni preconcetto, da ogni presunzione e da ogni pregiudizio, per vedere emergere nuove idee frutto della esperienza in sé delle cose, nella continua ricerca di approcci tecnici e filosofici appropriati. Lo studio della luce, come linguaggio tecnico, si può studiare sui libri, cosa ben diversa è invece cercare di individuare un Principio inteso come una “parte di qualcosa da cui cominciare a muoversi” e questo dipende esclusivamente dalla sensibilità di ciascuno, dalla capacità di ascolto di se stessi e degli altri e non è decodificabile.
La mia filosofia della luce va intesa dunque come la ricerca di quel mondo interiore in cui ritrovare emozioni che danno il senso a una vita fatta di continue scoperte. Al centro di ogni progetto: l’uomo. Se devo pensare ad un filosofo del passato in cui riconoscermi potrei dire di essere stato affascinato da Platone. “Il mito della caverna” rappresenta tutt’oggi per me la metafora per eccellenza della Conoscenza. Ma è con Aristotele che ho capito l’importanza di individuare un metodo: “Dal generale si scende nel  particolare, la felicità risiede nella conoscenza” del dettaglio.
La luce è uno strumento di conoscenza perché attraverso la luce possiamo “svelare e rivelare” dettagli che altrimenti resterebbero nascosti, come ben sapevano i Greci per i quali la verità, a-létheia, è appunto uno s-velamento, un percorso che ci porta a togliere dall’oblio (Lethe) un fatto, un dato o anche uno spazio.​

Il principio ontologico basilare della metafisica dice che luce è che essa costituisce la componente strutturale essenziale di ogni essere fisico, animato e inanimato. E’ da qui che lei ricava la sua ispirazione quando progetta?
Certamente. La metafisica esamina le cose aldilà della materia e dell’energia, va oltre le apparenze dei fenomeni per coglierne l’essenza della realtà, il senso profondo delle cose. La mia ricerca va proprio in questa direzione: l’esperienza e l’emozione per il raggiungimento del benessere dell’uomo.

Nella società moderna il tempo ha cambiato forma. Accanto alla vita reale convivono almeno altre due esistenze: virtuale e aumentata. La luce che ruolo ha oggi nello scandire il tempo?
Se accettiamo l’idea di vivere il tempo come un flusso, dunque non un tempo che si può misurare con un orologio, stiamo ammettendo che il tempo non trascorre ma è, come sostiene Hammond (Il mistero della percezione del tempo). Rifletto spesso sull’argomento ‘tempo’, ne ho scritto un capitolo nel mio libro “Le stanze della luce” in cui parlo del “tempo necessario”. Il tempo è e resta quello scandito dalla natura, anche se so bene che nella società moderna il mio può sembrare un eufemismo. Il tempo in relazione alla luce è fondamentale. La forza della luce risiede nella capacità di interpretare l’essenza dei fenomeni e di plasmarsi con essi. La luce interpreta non è mai “protagonista”.

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​​Il gioco di luci e forme in Piazza Conti Guidi a Vinci (Firenze), uno dei progetti dello studio Cannata&Partners.

Diversi studi ci dicono che oggi i rischi dell’inquinamento luminoso sono aumentati. La luce che emanano le città è eccessiva. Cosa ne pensa? E che ruolo possono avere gli architetti per contribuire a migliorare questa situazione?
La questione dell’inquinamento luminoso oggi è un tema molto serio e delicato, va affrontato con grande determinazione. Occorre progettare con consapevolezza per cercare di ridurre al massimo le conseguenze devastanti che oggi, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti. Gli architetti hanno un ruolo importantissimo in questa delicata questione e possono, anzi devono, contribuire a migliorarla. Come? Attraverso la formazione, cominciando dalle Università dove si svolge il dibattito architettonico, urbanistico e di illuminazione. Un uso sapiente e calibrato delle sorgenti luminose da adoperare sul nostro pianeta sono alla base della buona vita futura uniti ovviamente ad un buon design dell’apparecchio. A questo ci sarebbe da aggiungere che l’inquinamento luminoso è dato anche da altri fattori che non riguardano solo l’illuminazione di monumenti, architetture o strade, quali insegne luminose, negozi che restano accesi tutta la notte ecc.

Come andrebbe utilizzata la luce artificiale per salvare il buio e la notte?
La luce durante le ore notturne dovrebbe concorrere alla creazione di un vero e proprio Paesaggio Notturno, facendo emergere quella che riteniamo sia la sua immagine nascosta. Il suo volto segreto, che non si vede di giorno, perché il sole mescola insieme il bello e il banale e che non si è visto finora di notte perché la luce artificiale, senza un vero progetto, sembra fatta apposta per nascondere e impoverire piuttosto che “mettere in luce” l’identità dei luoghi e la bellezza dei monumenti. La luce dovrebbe esaltare le emergenze architettoniche e monumentali, creare una “scena urbana notturna” fatta di scorci, prospettive che ti attraggono e di meraviglie, facendo attenzione ad utilizzare la luce solo dove occorre senza sprecarla e senza ‘nascondere’ il cielo. E’ proprio per questa ragione che non vediamo più le stelle e non sappiamo più godere della luce della luna! Dovrebbe interpretare i valori duraturi e nobili di una città, come la tradizione, l’identità, le sollecitazioni estetiche e il contesto paesaggistico e, invece, oggi la luce notturna è solo amorfa luminescenza senza vita. Un approccio moderno, che parla un linguaggio contemporaneo, capace di ricollegarsi alla tradizione culturale e materiale del luogo, alle esigenze dei cittadini e dei turisti ci chiede di avere grande cura e rispetto della notte e, per converso, dell’inquinamento luminoso. Andiamo ormai verso una nuova etica, che di fatto è antica, che potrebbe diventare un elemento distintivo oggi e avere valore di forte attrazione turistica. Riuscire a creare attraverso la luce la giusta percezione, il piacere della novità e la curiosità di appropriarsi dei nuovi tratti inediti della fisionomia della propria città, in altre parole creare un nuovo rapporto con la propria memoria è la nuova sfida della luce. Non lasciandomi condizionare dalla presenza della luce artificiale: vorrei fosse possibile osservare la notte con altri sensi oltre a quello visivo, con il cuore!

E che ruolo ha la luce naturale come alleato in architettura?
La luce naturale in architettura svolge un ruolo importantissimo, fondamentale. E’ attraverso lo studio della luce naturale che scegliamo l’orientamento dei nostri edifici per ottenere il massimo comfort all’interno di essi. La luce esprime anche un concetto “sacrale” con un forte potenziale simbolico e mistico. Non condivido la dualità luce/architettura: la luce è sempre architettura e l’architettura è sempre luce: sono assolutamente inscindibili; non vi può essere progetto alcuno per il quale si possa ignorare la luce: la luce è nella Materia. Da una parte l’architettura e dall’altra la fonte di luce e, soprattutto, la luce stessa che proviene da una sorgente luminosa, devono essere fuse così intimamente e inseparabilmente che si possa parlare di un’architettura della luce.

Esiste poi una zona di confine, la penombra. Che ruolo ha?
Esiste un legame molto stretto tra luce e ombra, come tra suono e silenzio o tra note acute e gravi in musica. E’ nella dialettica tra questi apparenti contrasti che può vivere l’uomo. “Avevo imparato a osservarla mentre, silenziosa, scivolava sulle cose facendole esistere, avevo capito come potesse far percepire, nella sottile modulazione delle penombre, le indefinite articolazioni dello spazio”. (Dalla Prefazione del mio libro “Le Stanze della Luce”). Per me la luce è ragione e filosofia di vita, un mezzo pratico ed uno strumento valido di cui mi servo all’occorrenza per sfumare, attenuare, cancellare ma anche arricchire, evidenziare, esaltare quegli aspetti della realtà che si impongono all’animo attento e sensibile. La luce è idea, sentimento, colore, profondità, atmosfera, stile, espressione poetica, è un fenomeno che possiede numerose declinazioni di intensità a cui corrispondono altrettanti significati, e l’ombra, lungi dall’essere unicamente il solo volto del giorno al tramonto, è una entità che può magnificare la luce fondendosi con essa in giochi inattesi e seducenti che aggiungono poesia e suscitano emozione. Nella mia concezione, l’ombra è compagna della luce, più che esserne l’antagonista; ogni progetto di luce trae origine da questo assunto fondamentale, dalla consapevolezza di questo imprescindibile rapporto all’interno del quale le parti hanno senso nella relazione reciproca ma tuttavia ciascuna possiede un ruolo, una presenza, un significato specifici.
Avvolta dalle sue mille seducenti sfumature, l’ombra può instaurare con la luce un dialogo dolce, dal carattere confidenziale, in cui l’alternanza di sequenze di toni pacati e di modulazioni ed espressioni più decise dell’uno e dell’altro interlocutore conferisce un certo dinamismo alla scena, oltre che un rilevante valore simbolico. Plasmando l’ombra che dà forma e tridimensionalità allo spazio, è possibile creare geometrie chiaroscurali che generano un’interessante percezione estetica ed emozionale; le ombre e le trasparenze si coniugano con l’intimità, favoriscono la riflessione ed il raccoglimento. Condizione intermedia tra luce ed ombra, la penombra diventa metafora di equilibrio e armonia degli elementi. La penombra, zona di confine per eccellenza contraddistinta dall’interferenza tanto lieve della luce quanto tenue del buio, beneficiaria degli effetti misurati e positivi dell’una e dell’altro, rappresenta per me un luogo privilegiato che favorisce l’immedesimazione e la partecipazione alla scena, che accompagna e asseconda la sublimazione emotiva, spirituale, immaginaria, che incoraggia l’apertura delle porte dell’anima.  L’atmosfera morbida e soffusa di uno spazio in penombra agevola la percezione della poesia che si cela dietro una concezione luminosa, la profonda comprensione del significato di un racconto di luce. Quel “fluire empatico” di luce ed ombra, esito di una illuminazione espressiva e sapiente, impiegata in maniera suggestiva, viene a toccare una dimensione recondita, dimenticata, all’interno della quale l’emozione vince ogni rigore razionale.

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L’esterno della Piazza Conti Guidi a Vinci (Firenze) un progetto dello studio Cannata&Partners.

Il buio quale parte ha nel progetto?
Persino il buio assume una connotazione positiva, diviene elemento essenziale dotato di un valore intrinseco, rigenerante. Il presupposto di fondo è che la luce continua, immutabile, non rivela nulla, piuttosto appiattisce ogni cosa. Contrariamente a quanto abbarbicato nella coscienza umana, per me il Buio non corrisponde al nulla, non è semplicemente tenebre e oscurità, ma è una realtà vissuta e vivibile che, combinata alla penombra e alla luce, in un’alternanza pensata e funzionale, tale da rivelarsi armonia, diviene veicolo di sensazioni forti ed intensi stati emozionali.  Il buio custodisce molte cose anche se non le rivela, e la sua vastità stimola la nostra immaginazione. Il mio buio, per quanto misterioso, non è inquietante, è un buio complice, favorevole, poiché permette di godere meglio di ciò che accade nel cerchio di luce, consente di vedere cose che non si vedono in condizioni normali. Il buio, interruzione di un momento luminoso, riveste la stessa importanza del silenzio, pausa di un atto comunicativo, perchè come il silenzio favorisce l’ascolto, e attiva altre capacità sensoriali. Il passaggio dalla luce alla penombra, dall’ombra al buio, l’avvicendarsi della presenza e dell’assenza, caratterizzano ogni mia realizzazione. I giochi e gli effetti che derivano dal loro piacevole fondersi e mescolarsi, lungi dall’essere mera proiezione di un flusso luminoso, divengono sensazione pura e ricercata, i contrasti che ne risultano definiscono uno stile elaborato, frutto di una lunga esperienza e di una profonda umiltà.
Ciascun elemento è dunque ingrediente essenziale e opportunamente combinato agli altri contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo supremo di ogni progetto di luce, il benessere dell’uomo da infondersi attraverso il più completo e totale appagamento dei sensi.

Può definire il suo concetto di bellezza di un luogo?
Un luogo può considerarsi bello se ci avvolge, ci fa sentire a nostro agio senza avvertire le durezze dello spazio o del tempo.

Ha detto che la sfida più difficile per chi progetta la luce è illuminare una casa. Può dirci perché e come sta cambiando il suo lavoro con l’affermarsi della domotica?
Il mio sogno è sempre stato quello di illuminare con l’ombra e nell’ombra andare alla ricerca del silenzio e ascoltare il respiro della vita. L’ascolto dei miei pensieri, le emozioni del pubblico mi avvicinano a questo. In una casa il problema non è rendere visibile la percezione spaziale, la profondità, il colore, i contrasti… tutto questo è bello, anche emozionante, ma non commovente! Ascoltare la melodia dello spazio, saperne leggere la storia, annusarne il profumo, osservare la meraviglia della gente che lo abita, è commuovere.
Senza dubbio la tecnologia in una casa, ma non solo, aiuta e molto. Specie quando questa riesce a migliorare la vita di persone anziane e/o portatori di handicap. Andare a letto la sera e con un semplice gesto spegnere le luci di tutta la casa e con esse chiudere il gas, inserire l’allarme, abbassare le tapparelle e chiudere la porta a chiave tutto in un solo gesto: la tecnologia aiuta eccome. Diventarne vittime perché lo stesso pulsante invece di chiudere, per uno strano mistero, apre e a quel punto non sappiamo più come fare se non chiamare qualche esperto che sappia ripristinare il sistema. Tutto questo può generare ansia. La Tékne ha sempre avuto una connotazione ambigua, non è ricettacolo né del Bene né del Male, che sono propri dell’Uomo che della Tékne fa uso.
Ma l’Uomo è soggetto alla Hybris, la vendetta divina per la propria presunzione: quella di cui Ulisse si macchiò pregiudicandosi il ritorno nella patria Itaca. Ma vi fu un più famoso e antico esempio di Uomo che scontò la pena decisa da Hybris, il primo grande Trickster della storia umana, l’archetipo della furbizia, colui che “pensa prima”, Prometeo. La Salvezza sta allora nell’uso oculato della Tecnologia.

Può darci un esempio di suoi lavori recenti di utilizzo della luce in chiave di benessere per l’uomo?
Un progetto in cui la luce può essere interpretata in chiave di benessere per l’uomo è la Piazza Conti Guidi a Vinci. Il progetto riguarda l’illuminazione della nuova configurazione, ideata dall’artista Mimmo Paladino, della piazza principale di Vinci, la città nativa di Leonardo, un luogo dalla forma irregolare e amorfa circondato da edifici pubblici e residenziali di varia altezza che si erigono da livelli differenti. Questo, della piazza di Vinci non è uno dei lavori più recenti ma è senza dubbio quello in cui si realizza, meglio che in chiunque altro, la sintesi tra spazio urbano, elemento artistico, elemento luminoso. E’ un luogo in cui gli elementi si fondono al punto da non poter più essere distinti, si avverte, frequentando la piazza, quel senso di serenità, benessere che scaturisce solo quando le parti si mescolano col tutto in armonia tra di loro. In questo intervento la luce interpreta e si integra con l’opera del Maestro, dona un impressione di sollevamento, di assenza di gravità (sia nel senso fisico che spirituale), aiuta a percepire l’ascesa della mente verso una nuova dimensione spirituale.​​

Sono responsabile delle attività di editoria aziendale e di content marketing di Lob Pr+Content. Giornalista, appassionata di economia e nuove tecnologie, ho la stessa età di Internet e non riesco​​​ più a vivere senza.