Pubblicità: perché l’IA non fa paura
L’Intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo della pubblicità. Ma con un impatto non drammatico sui processi creativi. Poiché, come concordano i vertici delle pr
Dopo l’Antropocene siamo entrati nell’era in cui l’intelligenza naturale dialoga e collabora con quella artificiale. Come affrontarla con il cuore e con il cervello, sposando il pensiero complesso.
L’intelligenza artificiale è arrivata e non manca giorno che non scopriamo nuove applicazioni. Siamo di fronte a una rivoluzione copernicana al punto che possiamo parlare di IAcene: dopo l’Antropocene siamo entrati nell’era in cui l’intelligenza naturale dialoga e collabora con quella artificiale, l’IAcene appunto. I benefici sono tanti. A questi si accompagnano alcune trappole. Vediamoli insieme per riflettere con lucidità su come affrontare il cambiamento in atto nel mondo del lavoro.
Di cosa parliamo:
Come hanno documentato Shakked Noy e Whitney Zhang dell’MIT di Boston in una bella ricerca del 2023, grazie all’utilizzo di ChatGPT è stato possibile aumentare la produttività: il tempo medio impiegato nell’attività di scrittura è diminuito del 40 per cento e la qualità dell’output è aumentata del 18 per cento. Non solo: i 453 professionisti coinvolti hanno ridotto notevolmente il tempo dedicato alla stesura iniziale di un documento, con l’incremento di quello impiegato per rifinire e migliorare il testo finale, aumentando la qualità del testo prodotto. Alle persone, dunque, è stata riservata la parte più nobile, ossia quella di revisione, delegando alla macchina o intelligenza artificiale la parte più compilativa.
Tutto bene? Quasi tutto. Quando si fa una SWOT analisi, accanto alle opportunità, occorre analizzare i rischi. Il primo rischio che corriamo è quello che possiamo chiamare la sindrome della pappa pronta. Facciamo mente locale. Google ci ha abituato ad avere sottomano una serie di fonti, dalla lettura delle quali è possibile arrivare a una nostra sintesi. Dobbiamo tutto all’intuizione di Larry Page, cresciuto con il metodo Montessori sul pensiero critico ed ex ricercatore all’università di Stanford: fu lui a inventare, come racconta il libro Business stories to share di Andrea Dotti, il PageRank, ossia la classificazione dei risultati in base all’autorevolezza delle fonti. Lanciata una ricerca, Google restituisce oggi un elenco di link da leggere e sintetizzare.
Con le reti neurali generative siamo di fronte a una macchina che non ci chiede di fare la sintesi, ma che ci dà la sintesi. Dopo aver lanciato un prompt, abbiamo un contributo sintetico. Il rischio è quello di fermarsi a questa sintesi, ossia alla “pappa pronta”.
Un secondo rischio è quello che possiamo chiamare la sindrome della risposta giusta. Le reti neurali generative ci danno una risposta “corretta”. La buona professionista o il buon professionista deve avere solo le risposte giuste oppure anche le domande giuste? In sistemi ordinati può andare bene la “risposta giusta”, ma in sistemi non ordinati, come quelli di lavoro attuali, il professionista, oltre alle risposte, deve avere le domande giuste. Su questo è necessario fare grande attenzione, perché l’intelligenza artificiale può illuderci di essere in possesso delle parole giuste. Possono esserlo, ma anche no.
Dopo aver riflettuto sulle opportunità e su alcuni pericoli, vediamo cosa fare o, meglio, come affrontare l’IAcene. Il primo passo da compiere è quello di evitare quella che l’economista Marc Alvesson ha definito la “stupidità funzionale”: non possiamo permetterci di mettere da parte la nostra proattività, limitandoci a fare gli esecutori o gli “assistenti dell’intelligenza artificiale”.
Il secondo passo è quello di sviluppare il pensiero complesso. Interessante, a questo proposito, è l’esempio di Benedetto Vigna, il ceo di Ferrari, che in un’intervista a Vincenzo Borgomeo su Repubblica ha dichiarato: «La realtà è troppo complessa e mutevole per essere perfettamente conosciuta e controllata. La capacità di accettare e reagire all’imprevedibile è più importante della pretesa di controllare l’incontrollabile: il più agile a imparare ha sempre vinto e continuerà sempre a vincere». È l’elogio del pensiero complesso, pronto ad affrontare l’imprevisto.
Il terzo passo è quello di acquisire tante competenze, anzi meta competenze, ossia la capacità di combinare le competenze: imparare, imparare, imparare, dunque. Non a caso, lo psicologo Howard Gardner parla della necessità di sviluppare “intelligenze multiple”: «Una mente educata oggi, da sola, non basta più. Si verifica, infatti, sempre più spesso che la conoscenza si annidi negli spazi o nelle connessioni tra le varie discipline». In sintesi, dunque, no alla stupidità funzionale e sì al pensiero complesso e alle intelligenze multiple. Sono queste le chiavi per affrontare l’IAcene con il cuore e il cervello.