Perché non possiamo fare a meno di Taiwan
Una storiella americana – quasi una leggenda metropolitana perché di difficile attribuzione – racconta di una grande impresa manifatturiera, probabilmente una cartiera di Chic
Il nostro smartphone o il nostro navigatore satellitare per sapere dove ci troviamo non deve comunicare con nessuno. Legge solo i segnali che riceve dai satelliti GNSS, al limite li integra con il segnale EGNOS per avere la massima precisione. Ecco come funziona.
La navigazione satellitare è ormai ampiamente diffusa. È presente in molte vetture come dotazione di serie o opzionale, ma disponibile anche sui comuni smartphone. Con Google Maps, ad esempio, è possibile indicare una destinazione e ricevere le istruzioni per raggiungerla, in vettura come anche a piedi. Istruzioni che ci vengono fornite man mano che ci muoviamo: gira a destra, prosegui diritto eccetera.
Ma come è possibile questo? Attraverso due tecnologie: la localizzazione satellitare, che permette di sapere esattamente dove ci si trova, e le mappe digitali, che permettono quindi di calcolare il tragitto migliore per raggiungere la destinazione dal punto in cui ci troviamo. Ma come è possibile attraverso dei satelliti conoscere il punto esatto dove ci troviamo? Nonostante questa tecnologia sia diffusa da molti anni, il primo sistema satellitare (GPS) è stato sviluppato nel 1973, si trova ancora molta confusione su come funziona: alcuni pensano che ci siano telecamere che ci osservano, altri che i satelliti leggano o riflettano un segnale trasmesso dal proprio dispositivo: niente di tutto questo.
I satelliti per la localizzazione satellitare trasmettono soltanto l’ora esatta. Vedremo in seguito che con questa informazione è possibile risalire alla nostra posizione. Quindi è il nostro smartphone che ricava la nostra posizione: se non vogliamo che questa informazione venga diffusa facciamo quindi solo attenzione alle applicazioni che installiamo sul nostro telefono! I satelliti non possono sapere nulla!
Per capire come funziona è utile prendere come esempio il fulmine. Quando cade un fulmine vicino a noi, prima vediamo il lampo e dopo qualche tempo sentiamo il tuono. Questo è dovuto alla differente velocità con cui si propaga la luce, 300.000 chilometri al secondo, mentre il suono si propaga a soli 343 metri al secondo. Quindi un milione di volte più lento. Se il fulmine cade ad un chilometro di distanza da noi, la luce ci arriva in 3 milionesimi di secondo (microsecondi), praticamente istantaneamente. Mentre il suono lo percepiremo dopo tre secondi.
Se quindi cronometriamo il tempo in secondi che passa dal lampo al tuono, e moltiplichiamo per 343 metri, otteniamo la distanza alla quale il fulmine è caduto. Avendo visto, dalla luce, da che direzione è arrivato, possiamo anche calcolare approssimativamente il punto di caduta, rispetto a dove ci troviamo. Ma se ci fossero, almeno, tre stazioni nella zona dove è caduto il fulmine che misurano questo tempo tra il lampo e il tuono in modo molto preciso sarebbe possibile conoscere il punto esatto di caduta del fulmine, con estrema precisione (un metro o anche meno) mediante la triangolazione.
La prima stazione misura, ad esempio, esattamente quattro secondi tra il lampo e il tuono. Il fulmine è quindi caduto a 1372 metri da essa. Quindi deve trovarsi in un punto del cerchio di raggio 1372 metri, con centro nella stazione dove è stata effettuata la misura.
La seconda stazione misura un tempo diverso, diciamo 5,5 secondi e quindi definisce un secondo cerchio di raggio 1886,5 metri. I due cerchi si incrociano in due punti. Quindi il fulmine deve essere caduto in uno di questi due punti. Aggiungendo il cerchio ricavato dalla terza stazione, si elimina l’ambiguità dei due punti: i tre cerchi devono incrociarsi i un singolo punto, dove è caduto il fulmine.
Nel caso della localizzazione satellitare il principio di funzionamento è molto simile, ma sono le stazioni ad essere attive, non il ricevitore che si localizza: sono loro ad emettere dei “fulmini”, segnali radio, da posizioni note. Le stazioni sono i satelliti, che non eseguono misure ma inviano solo un segnale radio che contiene l’ora esatta del momento in cui il segnale è stato inviato. I satelliti si trovano a circa 20.000 chilometri dalla terra, cioè da dove ci troviamo. Il segnale impiega quindi 66 millesimi di secondo per raggiungerci. Se il nostro smartphone dispone anch’esso di un orologio molto preciso, sincronizzato con l’orologio del satellite, può quindi calcolare molto precisamente il ritardo con cui riceve il segnale e quindi la distanza esatta alla quale si trova il satellite.
Le orbite dei satelliti sono molto precise, è quindi possibile conoscere la posizione del satellite nell’istante in cui ha inviato il segnale radio. Il nostro navigatore satellitare può quindi calcolare il primo cerchio, e poi usare altri due satelliti per gli altri due cerchi e quindi localizzarsi in modo preciso. Però occorrono degli “orologi” molto precisi: il segnale radio percorre un metro in tre miliardesimi di secondo (nanosecondi). I satelliti dispongono quindi di orologi atomici (quattro per ogni satellite) per garantire tale precisione. Per evitare che anche il navigatore satellitare debba avere anch’esso un orologio di tale precisione, molto costoso, viene utilizzata l’informazione da parte di un ulteriore satellite.
Abbiamo quindi compreso che per localizzarsi occorre avere almeno quattro satelliti sopra di noi, che forniscano questa informazione precisa del tempo e di dove si trovano. Per essere sicuri di avere sempre (almeno) 4 satelliti “visibili”, cioè nella nostra parte della sfera terrestre, non oscurati dalle montagne, occorre disporne di molti di più.
Il sistema di localizzazione satellitare GPS si compone infatti di ben 33 satelliti. 30 sono operativi mentre tre sono mantenuti in orbita come “riserve”, pronte a sostituire eventuali elementi che si guastassero. In questo modo in ogni punto del mondo, e 24 ore su 24, è sempre presente un numero sufficiente di satelliti per localizzarsi.
I satelliti costituiscono quello che in gergo si dice “segmento spaziale” del sistema GPS. È anche presente un “segmento terrestre”. Sono diverse stazioni terrestri distribuite nel mondo che monitorano continuamente gli orologi atomici e l’orbita dei satelliti, e introducono correzioni laddove necessario. Il sistema GPS è nato negli anni 70, ma solo nel 1994 ha raggiunto la totale copertura terrestre. L’intero sistema è stato progettato e messo in funzione dagli Stati Uniti per scopi principalmente militari. Come si può facilmente immaginare questo sistema è molto utile per guidare un missile verso una destinazione definita con le sue coordinate (longitudine e latitudine) con una precisione molto alta, pochi metri.
Fino al 2000, per evitare che il segnale fosse usato anche da un “nemico”, i satelliti inviavano due diversi segnali: uno cifrato ad esclusivo utilizzo militare da parte degli Stati Uniti, un secondo segnale “civile” opportunamente degradato per fornire precisioni inferiori, con errori casuali fino a 100 metri. Dal 2000, esattamente il 2 maggio, questo errore è stato eliminato, perché era evidente che anche per gli usi civili il segnale aveva bisogno di tutta la precisione possibile. Però se necessario gli Stati Uniti possono in ogni momento spegnerlo o degradarlo di nuovo.
È evidente il ruolo strategico, sia militare che civile, della localizzazione satellitare e quindi tutte le grandi potenze hanno cercato di affrancarsi da questo sistema americano. Fortunatamente però non sviluppando soluzioni completamente differenti, ma in un certo modo compatibili tra di loro. Questo permette oggi di avere ricevitori in grado di utilizzare diversi sistemi di satelliti, con evidente beneficio in termini di robustezza e precisione del segnale ricevuto.
I sistemi globali presenti e in sviluppo sono i seguenti, oltre al GPS americano:
Nonostante la sofisticazione dei sistemi satellitari e le correzioni fornite da terra, la precisione che si ottiene non è superiore ai tre-cinque metri. Questo può non essere sufficiente per molte applicazioni civili. Nel seguito sono descritte le tecniche più utilizzate per aumentare la precisione.
Una stazione di terra, la cui posizione è stata calcolata con la massima precisione possibile, è in grado di calcolare l’errore che, in certo istante, ha il segnale ricevuto da un determinato satellite. In pratica conoscono la distanza “vera” tra loro e il satellite e misurano la distanza “calcolata” con il segnale ricevuto dal satellite. La differenza tra queste distanze è l’errore. Questo errore può essere trasmesso ad un satellite geostazionario, che cioè rimane sempre nella stessa posizione rispetto alla Terra, che lo può quindi ritrasmettere a tutti i ricevitori GNSS.
Questi ricevitori possono quindi correggere le misure di distanza da quel satellite, aggiungendo l’errore di distanza, ricevuta dal satellite geostazionario. L’Europa dispone del sistema EGNOS, European Geostationary Navigation Overlay System, basato su circa 44 stazioni di terra. Infatti, mentre il satellite geostazionario può essere uno solo, occorre che la stazione di terra che fornisce le correzioni non sia molto lontana dal ricevitore GNSS che utilizza queste correzioni. Questi errori possono anche essere diffusi per altre vie, non con satelliti. In Europa esiste SISnet, che distribuisce queste informazioni sugli errori dei satelliti su Internet. In questo modo la precisione arriva al metro, o anche meno.
La stazione di terra potrebbe però anche essere dedicata ed abbinata al ricevitore stesso. Un ricevitore GNSS viene posizionato fisso e lasciato fermo per un certo tempo. Mediando la posizione calcolata nel tempo, considerando diversi satelliti in molte diverse posizioni, si può arrivare ad una precisione molto elevata (un cm) nel calcolo della posizione del ricevitore fisso. Questo può quindi cominciare a calcolare l’errore di distanza e trasmetterlo ai ricevitori GNSS mobili nelle vicinanze (via radio). In questo modo si può arrivare a precisioni dell’ordine del cm. Soluzioni ancora più sofisticate (RTK, Real Time Kinematics) vanno a considerare anche la fase del segnale, ottenendo precisioni anche subcentimetriche.
Il segnale dei satelliti è a bassa potenza, 50 W circa. Adotta delle tecniche particolari per essere robusto ai disturbi, ma ovviamente non riesce a superare gli ostacoli. Quindi non è possibile riceverlo dentro agli edifici, come nelle gallerie o anche sotto gli alberi (fogliame).
Oltre all’utilizzo sui nostri veicoli e sui nostri smartphone sono moltissime le applicazioni civili dei sistemi GNSS. Vediamone alcune:
Nell’agricoltura di precisione ogni singola pianta è localizzata e tracciata: è quindi possibile conoscere a quali trattamenti è stata sottoposta e quali risultati si sono ottenuti, nel raccolto. È quindi possibile “modulare” opportunamente i trattamenti (innaffiature, concimazioni, ecc.) per aumentare al massimo il rendimento del terreno, evitando quindi tutti i trattamenti “inutili”.
Come accennato all’inizio è chiaro quindi che Il nostro smartphone o il nostro navigatore satellitare per sapere dove ci troviamo non deve comunicare con nessuno. Legge solo i segnali che riceve dai satelliti GNSS, al limite li integra con il segnale EGNOS per avere la massima precisione. Questa posizione, abbinata ad una mappa digitale, permette poi di essere guidati, in modo molto preciso e puntuale, verso la destinazione desiderata. Possiamo poi noi decidere, quando serve, di comunicare questa nostra posizione: ad esempio ad un amico o famigliare, oppure, e questo è molto importante, ad un servizio di soccorso.
Il dispositivo eCall, che è obbligatorio sui nuovi modelli veicolo da diversi anni, fa proprio questo: grazie al suo sistema dedicato GNSS conosce sempre la posizione della nostra vettura, ma solo in caso di incidente avvia una comunicazione per via cellulare e trasmette questa posizione a chi può attivare un intervento di soccorso, in modo automatico e anche se siamo impossibilitati a farlo noi stessi.