La sfida dell’elettrico si vince alle stazioni di servizio

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La sfida dell’elettrico si vince alle stazioni di servizio

Per sconfiggere l’ansia da ricarica è necessario aumentare il numero di colonnine. Il governo tedesco ha deciso di renderle obbligatorie nei distributori tradizionali. La situazione in Europa.

La scossa alla mobilità elettrica? La darà in questa fase iniziale la politica. A insegnarlo la Germania dove la cultura dell’auto è da sempre molto avanzata e i grandi gruppi industriali, dalla VW alla Mercedes, passando per la BMW, stanno decisamente percorrendo la strada dell’elettrificazione della gamma. Per sostenere questa evoluzione il governo federale ha deciso di obbligare le stazioni di servizio tradizionali in cui è possibile acquistare i classici carburanti fossili, a installare anche le colonnine per effettuare la ricarica di veicoli elettrici. Obiettivo dichiarato? Arrivare in breve tempo a quota 70mila dispositivi di questo tipo, numero ritenuto dagli esperti il minimo necessario per far diventare le EV mezzi di trasporto di massa. Il 10 per cento, circa 7mila, dovranno essere colonnine a ricarica rapida.

L’ANSIA DA RICARICA
Scommettere su infrastrutture di ricarica adeguatamente sviluppate e ben distribuite su tutto il territorio può aiutare l’automobilista a combattere e vincere l’ansia da ricarica, principale ostacolo psicologico alla diffusione dei veicoli green. L’allarme, del resto, è stato lanciato proprio da ACEA, l’Associazione europea dei costruttori di automobili che ha rilevato come a una costante crescita di immatricolazioni di veicoli alla “spina” non corrisponda in questo momento una realizzazione altrettanto veloce e costante di stazioni di servizio con le colonnine elettriche. Sulla base dei dati della seconda edizione di Making the Transition to Zero-Emission Mobility”, uno studio annuale che tiene traccia dei progressi sulla disponibilità delle infrastrutture e degli incentivi necessari per favorire la diffusione sul mercato dei veicoli a propulsione alternativa, emerge che negli ultimi tre anni le vendite di veicoli a batteria sono aumentate del 110% mentre la realizzazione di colonnine soltanto del 58%.

Come se non bastasse si nota un forte squilibrio geografico nel Vecchio Continente con zone in cui la densità di colonnine è molto alta e altre in cui la ricarica può trasformarsi in una sorta di caccia al tesoro. Il 75% dei punti di ricarica, infatti, è concentrato in 4 soli Paesi: in testa a tutti la piccola Olanda (50.824), seguita dalla virtuosa Germania (40.517), dalla Francia (30.367) e dal Regno Unito (28.538). L’Italia non si trova molto in fondo alla classifica europea, anzi. Secondo un altro studio pubblicato da Motus E dal titolo “Le infrastrutture di ricarica pubbliche in Italia” a dicembre 2020 erano attivi 19.324 punti di ricarica sparsi per lo Stivale, dislocati in 9.709 stazioni accessibili al pubblico.

COLINNINE SÌ MA FAST
Altro nodo da sciogliere riguarda poi il tipo di ricarica assicurata da queste infrastrutture. Il report, infatti, mette in evidenza che oltre a essere complessivamente poche (si parla di qualcosa come 200.000 punti di ricarica in tutta Europa secondo ACEA), le stazioni di servizio a disposizione sono anche “troppo lente”. Secondo Acea, infatti, soltanto 28.586 sono del tipo fast con una potenza superiore ai 22 kW. I punti con potenze inferiore, invece, sono la stragrande maggioranza (171.239). Come se non bastasse molti dei cosiddetti punti di ricarica “normali” inclusi nelle statistiche dell’UE sono in realtà semplici prese di corrente a bassa capacità che alla resa dei conti si rivelano poco adatte per ricaricare i veicoli a una velocità accettabile.

Proprio per questo motivo l’ACEA ha chiesto alla Commissione europea di accelerare la revisione della direttiva sulle infrastrutture per i combustibili alternativi dell’UE come parte del suo piano di recupero COVID, compresi gli obiettivi di implementazione chiari e vincolanti per tutti gli Stati membri. In sostanza senza maggiore coordinamento se si vuole svoltare anche perché, sempre secondo la stessa Commissione,  secondo stime prudenti entro il 2030 serviranno quasi 3 milioni di punti di ricarica.

MANCA UN COORDINAMENTO EUROPEO
In attesa di una decisione politica da Bruxelles i singoli Paesi si muovono in ordine sparso: in testa, come abbiamo visto, la Germania che vuole premere sull’acceleratore di una transizione che, a ben guardare, sarebbe iniziata già diversi anni fa ma che procede troppo lentamente e in maniera non armonica con le vendite di veicoli elettriche. Secondo quanto riportato da Statista dalle parti di Berlino si assisterebbe già da anni a una lenta ma costante diminuzione nel numero di stazioni di servizio tradizionali che è passato da 14.410 nel 2010 a 14.089 nel 2020. Il numero di punti di ricarica in Germania si è, invece, sviluppato nella direzione opposta: dal 2012 al 2021, il loro numero è aumentato quasi dieci volte. Adesso l’obbligo per legge di installare punti di ricarica accanto alle tradizionali pompe di benzina dovrebbe accelerare questo trend.

La Francia, invece, ha da poco varato un piano da cento milioni di euro che prevede un sostegno del 30% alle aziende che creino un sito di ricarica elettrica con almeno quattro colonnine su una delle autostrade principali del paese. Il contributo sale al 40% del totale se il sito di ricarica ospiterà più di quattro colonnine. Nel bando è previsto anche che almeno due delle colonnine debbano essere da 150 kW.

Anche in Italia la filiera automotive sta chiedendo a gran voce di affiancare agli incentivi per l’acquisto di veicoli green anche adeguati investimenti per la realizzazione di colonnine di ricarica veloci (almeno 100kw). I fondi ​necessari potrebbero arrivare dal Next Generation EU.

Giornalista, vivo di e per la scrittura da quattordici anni. Cresco nelle fumose redazioni di cronaca che abbandono per il digitale dove perseguo, però, lo stesso obiettivo: trasformare idee in contenuti.​