Pubblicità: perché l’IA non fa paura
L’Intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo della pubblicità. Ma con un impatto non drammatico sui processi creativi. Poiché, come concordano i vertici delle pr
L’acquisto di un veicolo elettrico è fortemente condizionato dalla disponibilità di una colonnina per fare il pieno di chilometri. Ci sono soluzioni alternative?
Nell’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, CO2, responsabili dei cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, le autorità pubbliche stanno spingendo ad adottare veicoli a trazione elettrica, pianificando nel 2035 lo stop completo alla vendita di vetture con motore tradizionale a benzina, diesel, GPL o metano. I veicoli non dovrebbero più emettere gas serra allo scarico.
Per permettere questa transizione i costruttori di veicoli stanno mettendo a listino un grande numero di modelli a trazione puramente elettrica (BEV, Battery Electric Vehicle), accanto a soluzioni ibride, con motorizzazioni sia tradizionali che elettriche. La penetrazione sul mercato dei veicoli BEV, puramente elettrici, sta però procedendo a rilento. Nei primi dieci mesi del 2023, hanno rappresentato il 14% dei veicoli immatricolati in Europa, ma con differenze molto importanti tra paesi e paesi.
In Italia la situazione è peggiore rispetto a molti altri stati Europei, nel 2022 le vendite di veicoli elettrici erano scese del 15% rispetto all’anno precedente. Nel 2023 la situazione è migliorata, ma la quota rimane intorno al 10%, decisamente inferiore rispetto agli altri paesi.
Quali sono le ragioni di questa diffusione limitata? Proviamo ad elencarle brevemente.
I costruttori di veicoli elettrici stanno investendo molto sull’incremento dell’autonomia dei veicoli elettrici, ma questo risolve solo parzialmente il problema della ricarica. È esperienza purtroppo comune a molti utilizzatori di veicoli elettrici di incontrare problemi quali:
I problemi spesso portano a creare opportunità di business, attraverso soluzioni che li risolvono o ne mitigano le conseguenze. Nel seguito ne vengono descritte alcune, tra le più importanti.
Se invece di ricaricare la batteria esaurita la cambiassimo con una batteria carica? È quello che facciamo comunemente con molti dispositivi: l’operazione è molto rapida e permette immediatamente il riutilizzo del dispositivo. Questa soluzione richiede che il veicolo sia opportunamente predisposto e la realizzazione di stazioni dedicate per eseguire l’operazione di cambio batteria rapidamente ed in automatico.
Un primo tentativo di realizzare questa soluzione è stato portato avanti da BetterPlace, una società israeliana che ha aperto la sua prima stazione di ricarica funzionante la prima settimana di dicembre 2008 al Cinema City di Pi-Glilot, vicino a Tel Aviv, in Israele. Le prime consegne ai clienti di auto elettriche Renault Fluence Z.E. dotate di tecnologia di commutazione delle batterie sono iniziate in Israele nel secondo trimestre del 2012, e al momento del picco massimo, a metà settembre 2012, c’erano 21 stazioni di scambio di batterie operative aperte al pubblico in Israele.
Better Place ha presentato istanza di fallimento in Israele nel maggio 2013. Le difficoltà finanziarie dell’azienda sono state causate da una cattiva gestione, dagli sforzi dispendiosi per stabilire punti di appoggio e gestire progetti pilota in troppi Paesi, dall’elevato investimento richiesto per sviluppare l’infrastruttura di ricarica e di scambio e da una penetrazione del mercato molto inferiore a quella originariamente prevista.
Ma l’idea è rimasta valida ed è stata ripresa negli ultimi anni in Cina, dove sono ormai migliaia le stazioni per lo scambio batterie. Ad esempio, Nio, un costruttore automobilistico cinese, ha installato, alla data di settembre 2023, 2000 stazioni per lo scambio batterie per i suoi veicoli. Sta già anche esportando questo concetto in Europa, dove, sempre a settembre 2023, aveva installato 27 stazioni. L’operazione è estremamente semplice. Il guidatore posiziona il veicolo all’interno della stazione, in pochi secondi, meno di un minuto, un sistema automatico provvede a rimuovere la batteria esaurita e sostituirla con una carica. In questo video è possibile vedere come funziona. Il sistema non è alternativo alla ricarica elettrica delle batterie, laddove non sia disponibile una stazione di scambio batterie, è sempre possibile ricaricare il veicolo ad una colonnina.
Nio sta sviluppando la sua rete di stazioni parallelamente allo sviluppo della sua rete di vendita dei veicoli. L’azienda stima che il 77% dei possessori di veicoli Nio in Cina dispongono di una stazione di cambio batteria entro un raggio di tre chilometri dalla loro abitazione. Il cambio batteria è poi molto interessante per un settore particolare: le flotte di taxi. Basterebbero poche stazioni per poter servire tutti i taxi di una città. Il cambio batteria permetterebbe, come adesso succede sui veicoli tradizionali a benzina/diesel, di poter utilizzare un veicolo su tutte le 24 ore del giorno, turnando gli autisti.
Un altro interessante approccio è quello di capovolgere il modello per cui il veicolo deve posizionarsi presso la colonnina, ma fare sì che sia la colonnina a portarsi vicino al veicolo, anziché prevedere delle colonnine fisse, che quindi possono servire un numero limitato di veicoli e, soprattutto, richiedono che il guidatore rimuova il veicolo quando la ricarica è terminata, attività che può essere poco gradita se il guidatore si trova impegnato, ad esempio, in una riunione di lavoro.
Questa soluzione si presta bene nelle strutture adibite a parcheggio, nei centri commerciali come anche in ambito urbano. Dove ci sono strutture chiuse, private, ed è quindi permesso che questi robot si muovano autonomamente tra i veicoli stessi. La stazione di ricarica robotizzata, in grado di muoversi autonomamente all’interno del parcheggio, a bassa velocità e quindi in modo molto sicuro, si porta nei pressi del veicolo e lo ricarica. Trasporta quindi batterie adeguate alla ricarica rapida del veicolo. Al termine della ricarica può quindi spostarsi presso un altro veicolo oppure tornare alla sua base per ricaricarsi, o sostituire le batterie esaurite con batterie cariche.
Il problema principale da risolvere per questa soluzione è la connessione elettrica tra il veicolo e la stazione robotizzata di ricarica. Su questo aspetto le aziende hanno ipotizzato soluzioni diverse.
La più semplice è quella manuale: il guidatore prenota il servizio e il sistema gli indica un parcheggio libero dove troverà il robot di ricarica che lui provvederà direttamente a collegare al veicolo. Lo stesso guidatore dovrà poi disconnettere il robot quando la ricarica è terminata, ma non dovrà necessariamente spostare il veicolo. In questo modo la ricarica avviene esattamente come su una colonnina, il vantaggio è che un qualsiasi parcheggio può essere utilizzato. Il servizio di ricarica potrebbe però anche prevedere un operatore che si sposta all’interno del parcheggio per connettere/disconnettere le varie stazioni robotizzate dai veicoli.
In questo caso il guidatore può quindi “prenotare” la ricarica, indicando al sistema il suo orario di arrivo e di partenza dal parcheggio. Il sistema provvede quindi a schedulare la “missione” di ricarica, tenendo conto degli altri veicoli che hanno richiesto un servizio simile. Il guidatore non deve preoccuparsi di collegare il veicolo o di spostarlo al termine della carica. Il veicolo occupa un parcheggio “standard” e il guidatore lo troverà carico quando ritorna.
Le aziende che propongono questo sistema stanno anche pensando a evitare la necessità dell’operatore, ma in questo caso il veicolo deve essere in qualche modo predisposto con un collegamento a contatto, una presa facilmente accessibile, disposta sotto il veicolo, oppure un contatto “wireless”, con un sistema ad induzione elettromagnetica. Una azienda propone anche un “adattatore” che il guidatore trova nel parcheggio e provvede a collegare alla presa di ricarica quando il veicolo viene parcheggiato, adattatore al quale il robot potrà poi facilmente connettersi.
Un’altra soluzione, che evita l’operatore, è quella di utilizzare un robot in grado di utilizzare le prese standard del veicolo. Dispone quindi di un braccio antropomorfo in grado di aprire lo sportellino e inserire la spina “standard”. Il robot potrebbe in questo caso portarsi dietro la “batteria” di ricarica, collegarla al veicolo e lasciarla presso il veicolo per tutto il tempo di ricarica. Andando quindi a servire, come fosse un operatore, altri veicoli. Al termine della ricarica il robot disconnette la batteria dal veicolo e la riporta nella stazione di base per far sì che si ricarichi a sua volta. A questa soluzione stanno lavorando, ad esempio, Volkswagen e Hyundai.
Eliminare la necessità di ricaricarsi sarebbe ovviamente la soluzione più interessante. Per far questo occorre che la strada stessa fornisca l’energia necessaria al veicolo per muoversi. Soluzioni con linee ad alta tensione sospese sono state proposte per i veicoli commerciali. Un bus urbano potrebbe avere un trolley per collegarsi alla linea sospesa, al capolinea o durante le fermate, e mantenere sempre le batterie in carica.
Soluzioni con ricarica ad induzione, quindi senza contatto, attraverso bobine annegate nell’asfalto sono anche state sviluppate e sperimentate con successo. Recentemente in Piemonte è stato sviluppato un bus urbano (Blue Trolley Bus) con ricarica ad induzione e predisposto per la guida autonoma. Il veicolo è stato sviluppato in collaborazione tra l’università di Torino e la società Blue Engineering, con fondi di sviluppo regionali del Piemonte. La combinazione di guida autonoma con la ricarica wireless non è casuale: per massimizzare l’efficienza del collegamento wireless tra il veicolo e il sistema di ricarica annegato nella strada è molto utile poter controllare in modo preciso il loro relativo posizionamento laterale.
La mobilità individuale ha trovato una soluzione estremamente efficace e semplice grazie alle motorizzazioni endotermiche, cioè a benzina, diesel, gpl e metano: il rifornimento è rapido, le stazioni di rifornimento diffuse e l’autonomia dopo ogni rifornimento elevata. Gli spostamenti sono per nulla condizionati dalla necessità di rifornire il veicolo. Se abbiamo cura di evitare di trovarsi con il serbatoio a secco, il veicolo è sempre pronto per soddisfare le esigenze di mobilità, anche le più diverse.
Con la mobilità elettrica attuale questo non è più possibile: l’autonomia è limitata, la ricarica richiede tempo, l’infrastruttura pone dei limiti. Se non si parte da casa con tutta l’autonomia necessaria si corre sempre il rischio di incorrere in imprevisti: colonnina non disponibile, guasta o non adeguata alle nostre esigenze. E restare a piedi. E se poi troviamo la colonnina dobbiamo sempre prevedere di tornare per liberarla, quando la ricarica è terminata, oppure attendere che la ricarica si completi. Se a questi problemi non si trova soluzione, il consumatore cercherà inevitabilmente di “posticipare” la transizione verso l’elettrico, sia continuando a guidare veicoli endotermici o passando solo all’ibrido plug-in, che offre i vantaggi dell’elettrico senza molti dei suoi problemi (ma con costi di acquisto ancora più elevati).
Le soluzioni che abbiamo visto, se adottate su larga scala, possono ridurre in modo significativo le problematiche. Lo scambio delle batterie potrebbe consentire lunghe percorrenze, con rifornimenti molto brevi, come adesso succede per i veicoli endotermici. I robot di ricarica possono rendere “virtuali” le colonnine di ricarica: ogni parcheggio potrebbe essere utilizzato per ricaricarsi. E il guidatore non dovrebbe fare nulla. L’esperienza di guida potrebbe addirittura migliorare: trovo sempre il veicolo carico, senza dover recarmi al distributore o fare operazioni particolari. Ma sarà necessario un grosso sforzo in termini sia di investimenti sia di standardizzazione delle soluzioni adottate: lo scambio delle batterie, ad esempio, dovrebbe essere possibile su ogni veicolo predisposto, indipendentemente dal costruttore del veicolo stesso.
E questo potrà portare ad una accelerazione della transizione “naturale” verso una mobilità puramente elettrica. Mobilità che sarà necessariamente “diversa”, ma con differenze che potranno anche essere positive rispetto all’attuale situazione, non solo in termini di impatto ambientale.