Addio influencer

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Addio influencer

La promozione di brand e prodotti in rete si chiama ancora influencer marketing ma tutto sta cambiando. Tra micro e nano creator, personaggi virtuali, leader di pensiero e ambassador quali sono i trend 2023.

Il Wall Street Journal raccontava poco tempo fa di come l’influencer marketing non è più dominio quasi esclusivo dei marchi del beauty (giro di affari mondiale generato nel 2022 pari a 16,4 miliardi di dollari, secondo uno studio del Parlamento europeo, e che salirà a 23 miliardi di dollari nel 2023), del fashion e del wellness. Adesso sono finanza, studi di tributaristi ed esperti di pianificazione fiscale e perfino società di traslochi i settori più attivi su questa leva di marketing con investimenti in crescita esponenziale. 

Ad esempio, sul fronte normativo: in Francia si sta lavorando a una legge che vieti agli influencer di promuovere interventi di chirurgia estetica, e che introdurrà una disciplina severa per la pubblicità di prodotti e servizi finanziari, le partnership nel settore degli alcolici e i rischi legati alla promozione del gioco d’azzardo. La promozione di bevande con aggiunta di zucchero, sale o edulcoranti sintetici o di prodotti alimentari lavorati, inoltre, dovrà comprendere informazioni sanitarie adeguate.

In secondo luogo, c’è il tema della imposizione fiscale: un po’ tutte le Agenzie delle entrate europee sono scatenate alla caccia dei ricavi dal web e dei redditi più o meno dichiarati dagli influencer. Soprattutto in vista del 2024, quando tutte le piattaforme saranno obbligate a comunicare i dati dei guadagni online (dai 2 mila euro in su) degli utenti per adempiere alla direttiva Dac7 (direttiva 2021/514/Ue).

Il nodo credibilità

Ma il punto che toccherà più in profondità il concetto di influencer marketing è legato alla credibilità degli influencer stessi, con uno spostamento verso i micro e nano influencer, e il ritorno dei leader di pensiero, più autorevoli e senza macchia. Come sottolinea una analisi di Skeepers, società francese presente in 44 Paesi nel mondo e tra le principali attive in progetti di customer experience e di engagement, la crescita degli influencer virtuali è uno dei trend da tenere d’occhio nel 2023. Si tratta di personaggi virtuali creati direttamente dai brand con la tecnica Cgi (Computer-generated imagery), con una strategia che consente alle aziende di prevenire i rischi di cattivi buzz o di cattiva reputazione, simulando l’estetica dell’influencer marketing, in una maniera totalmente controllabile.

C’è pure il cosiddetto astroturfing, una tecnica per simulare un ampio sostegno online (utilizzando più account, apparentemente non correlati, per pubblicare commenti positivi) che, generando un falso senso di approvazione, rende sempre più difficile fidarsi del marketing online.

Tutto ciò, quindi, va a incrinare autenticità e trasparenza, sia nel rapporto tra brand e creator, sia nella relazione con gli utenti finali, favorendo così la crescita di micro e nano influencer e di user generated content, figure e format che, al contrario, garantiscono una maggiore spontaneità e naturalezza nella comunicazione di brand e prodotti.

Secondo Skeepers sono infatti gli utenti stessi che oggi preferiscono le raccomandazioni di altri user rispetto alla comunicazione diretta dei marchi o di grandi ambassador. «Sempre più aziende abbracciano le strategie di micro e nano influencing perché offrono un messaggio più concreto e diretto all’utente. La forza è proprio nel legame tra utente e influencer: un rapporto paritario che rende il messaggio veicolato simile al consiglio di un amico. Sfruttare la possibilità di avere come ambassador del proprio brand la fascia dei micro e nano influencer», commenta Andrea Scotti, country manager di Skeepers Italia, «è dunque un’opportunità da non perdere, perché al contrario di macro e vip, il loro stile di vita è molto più simile a quello di una persona comune». 

Da Influencer a Leader di pensiero

Il trend è confermato pure dalla riflessione di Martina Hoffard, a capo del marketing europeo della piattaforma Spectrum Markets. Come spiega la manager, «in ogni settore, anche in quello finanziario, si trovano quelle persone, gli influencer, che tentano di vendere o pubblicizzare qualcosa, partendo dal presupposto che i loro follower si fidino delle loro recensioni o opinioni. Ma gli influencer, paladini della rivoluzione del lavoro digitale, sembrano però perdere terreno per le finalità prettamente commerciali associate alla loro professione».

Non si tratta, ovviamente, di un crepuscolo per la categoria, ma appare ormai chiaro che per essere leader si debba emergere come tali, oltre il prodotto e verso la competenza. Proprio per questo Spectrum Markets ritiene che la collaborazione con leader di pensiero esperti, in grado di fornire una visione chiara, oggettiva e approfondita possa rappresentare un valore aggiunto non solo per l’azienda, ma anche per la community digitale e no: una risposta alla complessità dell’ambiente online, dove la fiducia è la moneta più preziosa”.

La leadership di pensiero, prosegue Hoffard, è una pratica di trasferimento della conoscenza che implica l’esibizione delle competenze di un individuo con l’obiettivo di diventare un’autorità fidata all’interno di un’area tematica. Dietro tale leadership vi sono però tre paradossi da valutare, riassumibili nella ricerca di equilibrio tra autenticità e posizionamento, tra umiltà e autorevolezza, tra generosità e self-promotion. 

La leadership di pensiero non deve essere confusa con il content marketing, poiché la prima si concentra sulle conversazioni e l’espressione di opinioni, mentre il secondo mira a promuovere prodotti o servizi. Rispetto all’influencer marketing, quindi, la leadership di pensiero non ha una finalità commerciale immediata e mira a costruire la propria credibilità e reputazione fornendo informazioni affidabili su un argomento: l’affidabilità e la sincerità possono generare opportunità di business, portare gli stessi clienti a cercare un leader di pensiero, senza che debba essere per forza quest’ultimo a proporre idee ai potenziali interessati. Ciò rende la leadership di pensiero uno strumento potente. Il titolo di leader di pensiero si ottiene con la fiducia, dimostrando un’autentica competenza, una voce sinceramente affidabile in un’epoca in cui l’affidabilità è spesso falsificata grazie a buone tecniche Seo usate in cattiva fede. Insomma, conclude Hoffard, «la leadership di pensiero riconosce che l’affidabilità è la moneta più preziosa online, qualcosa che non si può falsificare, almeno non a lungo, e che si perde nel momento in cui viene usata in modo irresponsabile. Detto così, la leadership di pensiero non sembra affatto complicata. È semplicemente una risposta razionale al dilemma centrale della vita online: i leader di pensiero sono coloro che sono più abili nel bilanciare la raccolta di influenza e il suo uso responsabile». 

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.