La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Scende la fiducia degli italiani nei confronti dei media. La disinformazione è una minaccia concreta e arriva spesso dai social. Il ruolo dei Ceo per cambiare le cose. I risultati dell’Edelman trust barometer.
Nel 2023 l’indice di fiducia degli italiani, come testimonia l’Edelman trust barometer global report, è in calo un po’ su tutti i fronti. Il rapporto più atteso dalla comunità dei media e degli opinion maker vede un indice generale scendere da 53 a 50 (è a 59 per gli italiani con alto reddito, a 46 per quelli a basso reddito) in un processo che tende, come in altri paesi, a una polarizzazione della società. Ma è interessante che comunque l’istituzione alla quale gli italiani si affidano con più slancio continua a essere «il mio datore di lavoro», che ha un indice di 72, seppur in discesa di quattro punti rispetto al 2022.
I pilastri, insomma, rimangono il mondo del lavoro, e poi, più in generale, il business (57, -2 punti), visto come la sola istituzione competente ed etica, e premiato dagli italiani molto di più di altri Paesi: tanto per dire, in Corea del Sud la sfiducia verso il mondo degli affari è invece alta (indice solo a 38), così come in Giappone (47) e in paesi europei come Spagna (49), Germania e Uk (50) o Francia (53). Invece l’ottimismo, magari un po’ ingenuo e non proprio spontaneo, lo si trova maggiormente in Cina (84), Indonesia (83) e India (80). L’attaccamento al proprio lavoro e al business è alto, rappresenta una sorta di ancora di salvezza alla quale affidarsi, ma i timori nei confronti del futuro sono enormi: riguardo all’economia, l’indice di fiducia dell’Italia (“sarò più ricco tra cinque anni”) è infatti tra i più bassi al mondo, a quota 18, e con 9 punti in meno del 2022. Peggio della Penisola ci sono solo Germania a 15 (-7 punti), Francia a 12 (-6) e Giappone a 9 (-6). La Cina è l’unico paese al mondo con un indice di fiducia nella ricchezza futura in aumento rispetto al 2022.
Tornando all’Italia, c’è anche un certo disincanto tricolore nel guardare in generale al business: solo il 38% degli italiani pensa infatti che il mondo degli affari non sia politicizzato. Alla favola del business che opera totalmente sganciato dalla politica credono tanto, invece, in Sudafrica, Singapore, Cina, Malesia, Indonesia, India, Kenya e Thailandia, tutti paesi, va detto, piuttosto lontani dagli standard democratici occidentali.
Crescono certamente le differenze nella società italiana, che ancora non è polarizzata in maniera severa ma che, come rileva l’analisi di Edelman su 28 paesi, è entrata in una zona di pericolo, insieme con Francia, Germania e Regno Unito. Le spaccature e la lontananza tra varie fasce sociali italiane sono dovute a una sfiducia nel governo, a una lenta ma inesorabile perdita di una identità condivisa, a un senso di ingiustizia sistemico, al pessimismo economico e alla poca credibilità nei mezzi di informazione, in particolare nei social media. Per il 55% degli italiani, comunque, nel 2023 «la mia nazione è più divisa che in passato».
Il Paese al mondo con le più gravi diseguaglianze, e quindi con forti polarizzazioni, è di gran lunga l’Argentina, e poi, più distanti, ecco Colombia, Stati Uniti, Sudafrica, Spagna e Svezia. Quanto alla coscienza di avere un paese più polarizzato rispetto a un tempo, al primo posto ci sono Olanda, Brasile, Svezia e Francia.
Guardando ai dati di Edelman raccolti sulla Penisola, gli italiani hanno un indice di fiducia nei mezzi di informazione in discesa a 47 (-3), e pure quello nei confronti del governo flette a 46 (-3). Resta comunque più alto di quello della Spagna (36) e del Regno Unito (37), ed è ai livelli della Germania (47). I governi sono invece più che amati, ma guarda un po’, in Cina (89), Emirati arabi uniti (86) e Arabia Saudita (83).
Quanto alle istituzioni sovranazionali, la fiducia italiana per le Ong scende a 49 (-5 punti sul 2022, ma lo scandalo della corruzione di parlamentari europei a Bruxelles, con molte organizzazioni governative coinvolte, determinerà ulteriori cali); l’Organizzazione mondiale della sanità è a 63 (-3, e la gestione della pandemia da Covid-19 in Italia non ha aiutato), l’Ue a 57 (-3, ma tracollerà ancor di più dopo l’inchiesta sulla corruzione), e l’indice di fiducia nell’Onu è a 53 (una diminuzione notevole, di sette punti, soprattutto vista la sostanziale incapacità del Palazzo di vetro nel governare la guerra in Ucraina).
La polarizzazione, insomma, è la vera grande minaccia per l’Italia come per molti altri Paesi. Secondo Dave Samson, vicepresidente globale dei public affairs di Edelman, infatti, «siamo in un periodo di grandi cambiamenti sistemici in un mondo multipolare, con forze divisive che alimentano le rivendicazioni economiche. Se le richieste continueranno a essere trascurate, il risultato sarà un aumento dei livelli di polarizzazione, un rallentamento della crescita economica, una maggiore discriminazione e un’intrinseca incapacità di risolvere i problemi. Gli amministratori delegati e le aziende leader dovranno svolgere un ruolo centrale nell’affrontare questi problemi e nel contribuire a ripristinare l’ottimismo economico». Il calo dell’indice di fiducia nei confronti dei media non va sottovalutato. E, come emerge anche dall’edizione 2023 del Global risk report, lo studio pubblicato annualmente dal World economic forum, la disinformazione accentua la polarizzazione. Infatti, si legge nel report, «particolarmente delicato è certamente lo snodo della disinformazione, con la proliferazione spesso inarrestabile di fake news attraverso i social media, che possono culminare in gravi atti eversivi come l’assalto alle istituzioni (Brasilia e Washington, per citare due casi recenti, ndr). Parallelamente, la leadership guidata dalle crisi e le rivalità geopolitiche rischiano di creare un disagio sociale senza precedenti, complice l’ulteriore erosione della coesione sociale dovuta alla riduzione degli investimenti in sanità, istruzione e sviluppo economico. Infine, le tensioni crescenti rischiano non solo di spingere la corsa geoeconomica agli armamenti, ma anche di alimentare il processo di rimilitarizzazione, soprattutto sfruttando le nuove tecnologie e gli attacchi