L’innovazione uccide la fiducia?

Society 3.0


L’innovazione uccide la fiducia?

I risultati dell’Edelman Trust Barometer 2024 mettono in evidenza un problema di credibilità delle istituzioni nel governare la tecnologia. Instabilità sociale e polarizzazione politica sono rischi incombenti.

Il report 2024 di Edelman Trust Barometer 2024, la ricerca condotta in 28 nazioni con circa 32 mila persone coinvolte, rivela un nuovo paradosso della società: la rapida innovazione offre la promessa di un’era di prosperità, ma, al contempo, rischia di esacerbare i problemi di fiducia, portando a un’ulteriore instabilità sociale e a una polarizzazione politica ancor più accentuata.

In un anno in cui metà della popolazione globale andrà al voto, il report rivela che la maggior parte delle istituzioni non sembra degna di fiducia per quanto riguarda la capacità di governare le innovazioni nella società: si ritiene, soprattutto, che la politica e il potere esecutivo non abbiano sufficienti competenze per regolamentare e guidare le innovazioni emergenti. C’è, invece, più fiducia se i processi di innovazione potranno essere gestiti in partnership tra aziende e governi.

Quanto a un indice di fiducia più generale, il business gode ancora di un certo consenso (con un indice a quota 63 e in crescita), le Ong sono a 59 (+1 rispetto alla edizione 2023), i governi a 51 (percepiti come meno competenti ed etici rispetto al mondo del business, soprattutto da chi ha un reddito basso), e anche i media vengono giudicati poco affidabili, con un indice pari a 50.

L’innovazione crea un effetto rigetto nelle persone

Insomma, la cultura woke e green, che tiene insieme concetti come inclusione, diversità, attenzione ai cambiamenti climatici, passaggio dall’energia fossile all’elettrico, transizione verso il digitale, ovvero i pilastri del futuro immaginato in Occidente, è su un crinale molto scivoloso, con pericoli di riflusso culturale già testimoniati dalla grande voglia di destra che, politicamente, pervade il mondo: da Giorgia Meloni in Italia passando per Geert Wilders in Olanda, Javier Milei in Argentina, e un Donald Trump favorito alle prossime elezioni presidenziali negli Usa.

Edelman Trust Barometer si focalizza proprio sul pericolo di rigetto delle innovazioni conquistate finora: da un lato, ad esempio, ci sono i progressi determinati dai vaccini anti-Covid, dall’Inflation reduction act che negli Usa incentiva la rivoluzione green, dal boom della intelligenza artificiale con Chat-GPT o dalle decisioni prese al COP 28 di novembre 2023 sulla transizione energetica e l’abbandono di fonti fossili. Dall’altro, però, ci sono i segnali forti a contrasto di questa visione del mondo: il partito repubblicano, negli Stati Uniti, ha impostato la campagna per le presidenziali 2024 spingendo sul no alla transizione elettrica di auto e moto; Hollywood ha messo in piedi uno sciopero senza precedenti contro l’uso e l’abuso dello streaming e dell’intelligenza artificiale nella industria audiovisiva; e, come detto, le elezioni politiche in Italia, Olanda e Argentina hanno visto vittoriosi uomini e partiti che non appoggiano la rivoluzione green.

Guardando al mondo nel suo complesso, secondo l’indagine c’è comunque buona fiducia nella innovazione della energia verde, abbracciata con entusiasmo. Invece siamo a un bivio tra entusiasmo e resistenza per l’intelligenza artificiale e la biogenetica. Totale resistenza, infine, sugli alimenti geneticamente modificati. Naturalmente molte risposte sono di pancia, senza adeguate competenze e magari frutto di una generica paura verso mondi ancora poco conosciuti.

Per recuperare fiducia nella tecnologia servono regole

Tuttavia, il senso complessivo di sfiducia affiora soprattutto a causa della scarsa capacità dei governi nel regolamentare le innovazioni emergenti: governi bocciati in Uk (66%), Italia (65%), India (65%), addirittura Cina (64%), Stati Uniti (63%), Giappone (62%), Germania (60%), Francia (56%).

Si ritiene, ad esempio, che il progresso scientifico sia stato troppo influenzato dalla politica e dai governi negli ultimi anni (67% in Cina e Usa, 60% in Francia), e qui, ovviamente, giocano un ruolo importante la pandemia Covid e le polemiche sui vaccini e i green pass. Il problema si amplia, perché a livello mondo c’è proprio una sfiducia complessiva sulla capacità di gestire, governare e regolamentare le innovazioni, un po’ a prescindere dalle istituzioni: il 39% è convinto che l’innovazione sia scarsamente gestita, solo il 22% pensa invece che sia ben gestita, mentre il 39% non si esprime. Negli Stati Uniti l’indice di sfiducia sale a 56, a 49 in Uk e Germania, a 46 in Italia.

La resistenza alle innovazioni diventa una questione politica e di scelta di campo nelle democrazie occidentali: chi vota a destra, secondo l’indagine di Edelman, ha tassi di sfiducia nettamente più alti. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’indice di sfiducia nell’innovazione è al 57% per i conservatori, al 12% per i progressisti. In Germania lo scarto è 47% contro 27%, in Italia 32% contro 18%, in Uk 35% contro 22%, in Francia 45% contro 36%. Le persone, quindi, si trovano di fronte a tecnologie che continuano a cambiare troppo rapidamente, e a una conseguente società che muta costantemente e velocemente, in direzioni che, in base a risultati della indagine Edelman, non danno benefici al cittadino medio, ma solo alle classi sociodemografiche più privilegiate.

Migliora l’indice di fiducia generale

Detto dell’approccio verso l’innovazione, rimane comunque l’indice di fiducia generale misurato ogni anno da Edelman. Nel mondo l’indice di fiducia complessivo sale a 56 nel 2024, rispetto al 55 del 2023. In Italia resta stabile a 50. C’è un calo generalizzato nelle nazioni più sviluppate: Uk da 43 a 39, Germania da 46 a 45, Usa da 48 a 46, e pure la Cina arretra da 83 a 79. Bene, invece, l’India che incrementa da 73 a 76, ma la nazione che cresce di più è la Corea del Sud, ai minimi storici nel 2023 a quota 36, e che balza a 43 nel 2024. In generale, c’è più fiducia media tra i paesi in via di sviluppo (indice medio 63) che tra i paesi sviluppati (49). Confermata, rispetto alle passate edizioni, anche la percezione dei governi come meno competenti ed etici rispetto al mondo del business, che viene invece considerato non solo più competente, ma pure più etico.

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.