Sopravvivere all’informazione
Persino gli esseri unicellulari come l’ameba o una muffa, nel loro piccolo, sono attrezzati per esplorare l’ambiente, fiutarne i pericoli e poi scambiarsi informazioni. Figuria
Alla domanda dà una risposta convincente il manuale del filosofo svedese Erik Angner che con pazienza e rigore metodologico polverizza i dubbi e libera la mente.
Recensire un libro che si è tradotto potrebbe sembrare l’esercizio inutile dell’oste che celebra il vino della sua cantina, ma parlare di Come l’economia può salvare il mondo di Erik Angner, per me, inizia dalla gioia che mi ha dato tradurlo. Tradurre vuol dire «portare dall’altra parte» ed è un esercizio prezioso: si va dall’altra parte del ponte a prendere i pensieri dell’autore e li si accompagna lungo le pagine dai lettori. Raramente ho provato una tale sintonia con chi scrive: se non è proprio la stessa nota, avverti comunque di essere sul pentagramma in accordo. E altrettanto raramente mi sono divertito così tanto a scoprire storie, ad accrescere le mie conoscenze, a fare riflessioni profonde sul ruolo di una disciplina e sul suo rapporto con la realtà.
La domanda può sembrare banale ma il fatto, e lo dico anche da docente, è che molti arrivano a frequentare un corso o a leggere un libro di economia con un’idea piuttosto limitata di questa scienza sociale. Tipicamente la si associa ai soldi, alla finanza e la figura che si ha in testa è quella del commercialista, del bancario o del capitalista brutto e cattivo.
Ma l’economia (quella politica) è una disciplina che studia il modo in cui prendiamo decisioni in condizioni incerte e di scarsità di risorse. Praticamente, si tratta di tutte le decisioni che prendiamo e va da sé, dunque, che l’economia potenzialmente possa davvero occuparsi di tutto. O, più correttamente, che ogni tipo di problema possa essere affrontato con il modo di ragionare tipico degli economisti.
Erik Angner, filosofo dell’Università di Stoccolma, ha un profilo del tutto unico nel panorama accademico: due PhD, entrambi ottenuti alla prestigiosa University of Pennsylvania. Uno in economia e uno in filosofia. Ed è proprio il connubio tra queste due competenze che lo porta con garbo e ironia ad accompagnarci dentro il tema del libro. A ben guardare, anche lui ci «traduce», perché questo libro sgombera, prima di tutto, il campo dagli equivoci con cui, tipicamente, le persone guardano all’economia.
Ah, la scienza triste! Non fa per me (no spoiler: ma la storia dell’origine di questa espressione merita la lettura del libro da sola).
Ah, la disciplina che si crede una scienza senza esserlo!
Ah, la materia degli arroganti che fanno previsioni tutte sbagliate.
Con pazienza e rigore metodologico Angner scioglie i nodi di questi dubbi e libera la mente dalla pigrizia degli stereotipi, addentrandosi poi nella meraviglia di una disciplina che, davvero, con i suoi strumenti può e deve occuparsi di problemi concreti e pressanti.
Ogni capitolo comprende una rassegna della letteratura economica su temi quali: come eliminare la povertà, come crescere bambini felici, come risolvere il problema della crisi climatica, come essere felici, come diventare ricchi. La solidità dell’evidenza scientifica si accompagna a una quantità di storie bellissime e al racconto di alcune grandi economiste e di alcuni grandi economisti che, con il loro lavoro, contribuiscono o hanno contribuito nel loro piccolo a cambiare il mondo: Alvin Roth, Cristina Bicchieri, Elinor Ostrom.
Ho tenuto per ultimo un capitolo formidabile: come essere umili. Andrebbe stampato in migliaia di copie e lanciato gratuitamente da un aereo sulle città in festa per quanto è prezioso. E l’ho tenuto per ultimo sia perché il titolo, che potrebbe sembrare a prima vista «arrogante» (ah, questi pregiudizi!), è in realtà l’ambizione gentile di una scienza che lavora per il bene della comunità.
E sia perché contiene un manifesto di vita felice che inizia garbatamente dall’occuparsi di ciò su cui si ha un cerchio di competenze solido, prosegue con l’importanza di mettere in discussione con evidenze e stimoli sempre nuovi le proprie convinzioni e si conclude con la consapevolezza sana di essere persone e comunità fallibili che cercano, nonostante tutto e grazie a tutti, di rendere il mondo un posto migliore.