Lavoro: cos’è l’effetto Titanic

Society 3.0


Lavoro: cos’è l’effetto Titanic

Negli ultimi 10 anni la popolazione attiva compresa tra i 50 e i 64 è salita al 37% del totale, mentre gli under 49 sono scesi al 38%. Così la piramide demografica frena il ricambio generazionale.

È l’“effetto Titanic”: sempre più lavoratori con esperienza al lavoro e, allo stesso tempo, minor ricambio generazionale. Come ha fotografato l’Istat pochi mesi fa, la popolazione attiva di età compresa tra 50 e 64 anni è aumentata fino a raggiungere, nell’ultimo decennio, il 37%, mentre quella della fascia tra i 35 e i 49 anni si è ristretta al 38%. «La “nave demografica” ha preso il posto della “piramide demografica”», commenta Paola Profeta, prorettore della Bocconi e docente di scienza delle finanze.

Mai come oggi il tema del “generation balance” al lavoro è diventato attuale: approfondiamolo con la voce di quattro professionisti: assieme a Profeta, l’economista Federico Capeci, autore di Generazioni e CEO di Kantar Insights Division, Luca Quaratino, docente di organizzazione aziendale all’università IULM, e Cristiana Scelza, vicepresidente di Prysmian e presidente di Valore D, protagonisti dell’incontro organizzato dall’associazione non profit Side by Side presso la sede di Leroy Merlin ad Assago dal titolo Integrazione generazionale come acceleratore della crescita.

Più senior a prua, meno giovani a poppa

Torniamo ai dati diffusi dall’Istat. La tradizionale “piramide demografica” nel mondo del lavoro sta subendo una trasformazione significativa. Possiamo parlare di “effetto Titanic”, dove la prua della nave rappresenta un numero crescente di professionisti senior con competenze consolidate. La poppa vede, invece, una base più ristretta di giovani lavoratori con un minor ricambio generazionale. «Diminuiscono i 35-49enni e aumentano i 50-64enni – sintetizza la professoressa Profeta –. La forza lavoro è più anziana rispetto ad anni fa: questo pone diverse sfide alle organizzazioni, su cui dobbiamo riflettere e che vanno affrontate».

Impariamo da Mannheim: ogni generazione è una fascia di memoria

Non è solo una questione di età: «La generazione è una fascia di memoria – sottolinea il manager e autore Capeci –. Ho sposato la teoria del sociologo Karl Mannheim, che nel 1928 definì la generazione come un fenomeno sociale complesso». Accanto alla collocazione generazionale, intesa come la posizione oggettiva in un tempo storico-sociale e l’appartenenza alla stessa fascia d’età, ogni generazione è caratterizzata dal legame concreto tra membri della stessa generazione e dall’unità intesa come risposta alle sfide del proprio tempo. «Una generazione nasce quando un gruppo di adolescenti, nel periodo di massima formazione personale, è attraversato da una serie di fenomeni economici, tecnologici e culturali talmente forti che lo cambiano per sempre – aggiunge Capeci –. È un nucleo di persone che si mettono insieme, rafforzate dalle icone del momento, dai consumi e dai social media come TikTok, se parliamo dell’oggi. Guardano le cose in modo differente e hanno valori diversi, che vengono consolidati e diventano generazionali». Dunque, pensando alle quattro generazioni presenti oggi al lavoro, siamo di fronte «a una frammentazione enorme, perché di fatto vedono la realtà in modo diverso».

I giovani tra presentismo, soggettivismo e multi-appartenza

Già, ma quali sono le caratteristiche della generazione Z che ha fatto l’ingresso nel mondo del lavoro? «Un primo tratto distintivo è il “presentismo”: sono alla continua ricerca di una soddisfazione, di un risultato da ottenere nel breve termine – riflette il professor Quaratino –. Il secondo aspetto è il “soggettivismo”: il soggetto è diventato centrale rispetto alla collettività. Per le generazioni precedenti il senso di appartenenza all’organizzazione aziendale era una cosa normale. Per le nuove generazioni non è un valore e, per questa ragione, alcuni studiosi parlano di “Me corporation”. Il terzo e ultimo elemento caratterizzante è la “multi-appartenenza”: quello che è sempre stato un “reato grave” nelle aziende, ossia andarsene, non vale per i giovani di oggi, che hanno un’idea di “revolving doors”: in un posto di lavoro entrano ed escono».

Una nuova leadership

In questo nuovo quadro sociale, qual è lo stile di leadership da adottare? «Le sfide del manager sono sempre le stesse. È vero, che è un po’ più complicato, ma i principi sono i medesimi – nota la manager Scelza –. Per motivare i collaboratori a restare in un’azienda e a contribuire attivamente, i leader devono promuovere la partecipazione, la trasparenza e il rispetto dell’equità». Al centro della loro attenzione, dunque, ci deve essere l’attenzione alla diversità: «È un valore non solo dal punto di vista etico, ma anche economico: diverse “skills” portano diversi punti di vista e, come dimostrano i rapporti di McKinsey, esiste una correlazione diretta tra Ebitda e diversità nei board e nella popolazione aziendale», prosegue la numero uno dell’associazione delle imprese che dal 2009 si impegna per l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva.

Dalle donne il rilancio della forza lavoro

Il fattore di diversità, dunque, non può che essere al centro dell’attenzione delle aziende. La partecipazione delle donne al mondo del lavoro, in particolare, può essere una chiave importante per lo sviluppo del nostro Paese: «La loro piena partecipazione vorrebbe dire – commenta la professoressa e prorettore Profeta – ribilanciare la forza lavoro attuale che, come abbiamo visto, si sta spostando sempre di più verso l’età anziana. Significherebbe dare accesso a una platea più ampia di talenti, perché le donne rappresentano il 50% della popolazione». La conclusione è semplice: nel momento in cui la popolazione in età lavorativa si riduce e ci sono sempre meno giovani, dobbiamo promuovere la partecipazione delle donne al lavoro. L’“effetto Titanic” è una realtà: non resta che prenderne atto e favorire, appunto, la partecipazione, la trasparenza e l’equità.

Top voice di LinkedIn in Italia, milanese, dal 2017 cura su LinkedIn la “Rassegna quotidiana del cambiamento sul lavoro” delle ore 8 ed è promotore del portale Rassegnalavoro. Ogni giovedì, su LinkedIn, conduce alle 18 il talk “New Normal Live” dedicato alla “nuova normalità” sul mondo del lavoro. Giornalista professionista, ha scritto per più di 30 testate come il Corriere della Sera. Si occupa di comunicazione digitale aziendale e, in particolare, della progettazione, della realizzazione e dell’implementazione di community professionali. Suo il libro ​“Tempo di IoP: Intranet of People” dedicato alla comunicazione interna d’impresa. ​