La musica è cambiata

Society 3.0


La musica è cambiata

Il 10 gennaio di 71 anni fa veniva lanciato sul mercato il 45 giri. Da allora tutto è cambiato, con l’esplosione dello streaming e del digitale, che ha stravolto il modo di fare e ascoltare musica.

Un vinile verde con un singolo country di Eddy Arnold, sette pollici di diametro e cinque minuti di musica per lato. Il 10 gennaio di 71 anni fa l’RCA lanciò sul mercato un disco piccolo e leggero: il 45 giri, come la sua velocità di rotazione al minuto. Un disco di 18 centimetri, perfetta risposta al 33 giri, immesso sul mercato dalla Columbia Records l’anno prima.

A 71 anni da quel ‘Texarkana Baby’ di Eddy Arnold tutto è cambiato, anche la musica. Dalla puntina sul vinile si è passato al click in streaming. Lello Savonardo, sociologo dell’Università di Napoli, ha studiato le trasformazioni della musica dall’analogico al digitale, scrivendo uno dei testi più consultati in materia Sociologia della Musica, edito da Utet.  «Il vinile come oggetto culturale – osserva Savonardo – ha rappresentato un’estensione dell’identità dell’ascoltatore. Il suo ascolto era rituale e fortemente caratterizzato dal punto di vista culturale e contribuiva alla costruzione di un’identità sociale forte». Conservare la copertina di un vinile nella propria mediateca, nell’era della musica 1.0, equivaleva a un vero e proprio gesto culturale e identitario, raccontava il proprio io, la propria formazione, il valore e la definizione del proprio essere.

Per vedere la musica uscire da case, sale concerto e locali pubblici bisognerà aspettare il 1978, anno di nascita del Walkman, ideato a Akio MoritaMasaru Ibuka e Kozo Ōsone, e prodotto dalla Sony. Il primo modello è di colore blu e argento e ben presto diventerà il compagno di strada di tanti adolescenti degli anni ’80. Ma sarebbe impossibile pensare al walkman, senza considerare l’audiocassetta, lanciata sul mercato sin negli anni ’60. «Con le cassette registrabili si fa largo il concetto di Mixtape – precisa Savonardo – una sorta di collage di canzoni che dal vinile passano sulle musicassette: una decina di brani che, nel walkman, iniziano a camminare con me, nel mio tempo e nel mio spazio e a indicare momenti del mio quotidiano».

Il tramonto delle cassette arriva negli anni ’90, con l’affermazione del CD masterizzabile e soprattutto con lo sviluppo della musica in formato Mp3, apripista dei lettori di musica digitali, di cui l’iPod della Apple del 2001 ha rappresentato il più illustre esemplare.

Con l’MP3 i dati vengono compressi e la musica diventa leggera, liquida, trasportabile da un device ad un altro. Nasce la playlist e la musica ben presto arriva nelle stanze degli ascoltatori in streaming. Napster prima e Spotify poi diventano i protagonisti di una modalità di ascolto musicale. Secondo l’IFPI, organizzazione mondiale dell’industria musicale, l’ascolto di oggi avviene sempre di più attraverso i nuovi device: il 37% degli ascoltatori lo fanno ancora attraverso la radio, ma il 22% usa lo smartphone, il 16% il computer e cresce persino l’utilizzo di smart speaker, dispositivi di intelligenza artificiale, usati dal 5% degli appassionati. È il trionfo dello streaming, usato dal 57% degli ascoltatori di musica, percentuale che raggiunge l’85% tra i più giovani.

«Con il digitale – rivela a Changes Davide d’Atri, AD Soundreef, gestore indipendente dei diritti d’autore riconosciuta dall’Intellectual Property Office del Regno Unito – l’asse si è spostato sempre di più dal possesso all’accesso. Sono mutate le occasioni in cui si ascolta e i canali su cui viene diffusa la musica, inoltre il digitale ha mutato anche le modalità produttive».

Le tecnologie digitali hanno permesso, infatti, il lancio su vasta scala di software di campionamento e montaggio audio che oggi sono alla portata di sempre più persone, permettendo una democratizzazione della produzione musicale. Sempre più persone producono musica, su canali sempre più numerosi e accessibili. Ma questo impone una nuova attenzione al diritto d’autore. In soccorso della sua tutela arrivano, come ci dice sempre Davide D’Atri, le stesse tecnologie digitali. «L’utilizzo della blockchain nell’industria musicale è molto interessante. Come Soundreef stiamo lavorando al processo di notarizzazione blockchain che permette di certificare l’esistenza di un brano con il vantaggio che il processo non è in capo ad un singolo ente ma è distribuito, decentralizzato e immutabile. Trasparenza e sicurezza per le proprie opere sono garantiti».

La rivoluzione digitale che ha investito la musica, ha stravolto anche il ruolo del musicista. La stella tra palco e realtà di cui cantava Ligabue, si è ormai calata nelle piazze social. «Le pop star erano visti come miti inarrivabili – ci dice il Prof. Savonardo – oggi invece il musicista sta diventando un influencer con cui interagire attraverso i social, un amico, sempre più opinion leader e meno star».

Ma se la musica è ormai dematerializzata e digitalizzata, come si spiega il ritorno del vinile certificato da tante ricerche e tante analisi? Con una semplice constatazione: il vinile non sta affatto tornando, al massimo non è completamente morto come ci si aspettava. Al di là di certe enfatiche letture giornalistiche, infatti, il fenomeno dell’acquisto del vinile rimane di nicchia.

Secondo la RIAA (Recording Industry Association of America) nel primo semestre del 2019 le entrate dalle vendite di dischi nel mercato USA sono cresciute del 13% rispetto al 2018 e il trend potrebbe portare il vinile a superare presto il mercato (ormai in decadenza) dei CD.  Guardando all’Italia, il mercato del vinile, secondo la Federazione Industria Musicale Italiana, è cresciuto del 46% nel 2018, eppure i numeri in valore assoluto restano modesti, visto che lo streaming rappresenta ben il 63% del mercato musicale in Italia. Addirittura nel nostro paese il giro d’affari del vinile nel 2018 è stato in calo passando dai 16 milioni di euro del 2017 ai 13 milioni del 2018. Niente febbre del disco, dunque. Si rassegnino i nostalgici, la storia non sta tornando, la musica è davvero cambiata.

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.