Il Rinascimento del country

Society 3.0


Il Rinascimento del country

Lo storytelling di questo genere musicale mette al centro le emozioni e le racconta in modo diretto usando un linguaggio vicino ai social media. Ecco perché sta vivendo una stagione d’oro e arriva in maniera trasversale a tutte le generazioni.

Ci sono diversi indicatori che segnalano il successo contemporaneo del country, uno dei sound americani per eccellenza. Il primo ha a che fare con i numeri. Soprattutto quelli, oggi essenziali per l’industria musicale, dello streaming. Nel 2023 gli ascolti globali di musica definibile country sono aumentati di quasi il 25% rispetto all’anno precedente, mentre nei primi mesi del 2024 si è registrato addirittura un +70% nel Regno Unito, dato ancora più interessante perché riferito a un mercato e un pubblico storicamente distante, con qualche eccezione, dall’universo del country. Quella che una volta veniva considerata una musica legata a doppio filo a un’America stereotipata, e non esattamente “progressista”, piace come non mai anche al resto del mondo, tagliando trasversalmente le generazioni e forse persino le etnie.

Da Taylor Swift a Beyoncé fino a Dolly Parton

A fare da traino, in questa resurrezione del country, sono state alcune star con il tocco di re Mida. Partiamo dalla più grande di tutte: Taylor Swift. La musicista trentacinquenne che sta abbattendo come un rullo compressore qualunque record nella storia dell’entertainment proviene proprio dal country, il suono con cui è cresciuta e si è imposta all’attenzione giovanissima. Oggi quello dell’artista è diventato un pop universale, perfetto appunto per lo streaming e “algoritmico” nel concetto (nel senso che mescola un po’ di tutto: folk, dance, rock, melodia, easy listening), ma il suo DNA country è ancora evidente. Tuttavia, non c’è solo la potentissima Taylor.

Un’altra stella del firmamento musicale americano che apparentemente è agli antipodi della Swift – perché nera e indiscussa regina del rap e r&b degli ultimi vent’anni – si è di recente cimentata un po’ a sorpresa con il country. Si tratta di Beyoncé, che ha pubblicato un concept intitolato Cowboy Carter, sulla copertina del quale è ritratta a dorso di un cavallo bianco con tanto di Stetson in testa e bandiera a stelle e strisce in mano. Più country & western di così, anche in termini di immaginario kitsch, è impossibile. Il disco dal punto di vista artistico lascia perplessi e non è certo tra le cose migliori di Beyoncé, ma il suo successo su Spotify è stato colossale. Il suo tentativo di avvicinare due ambiti apparentemente distanti è comunque interessante – anche se già ci aveva provato, con ben altri esiti in fatto di qualità, un gigante come Ray Charles – e certamente ha avvicinato al country una parte consistente della sua base di fan. Sono state fondamentali nell’introdurre molti Millennial e GenZ al genere anche dive amatissime dalle nuove generazioni come Lana del Rey e Kacey Musgraves. Ibridandosi con il rock alternativo di band come i Wilco, il country è penetrato anche nei gusti degli ascoltatori del cosiddetto universo indie, essendo elemento costituente di quel macro-genere definito “Americana” diventato molto popolare negli ultimi decenni. Al punto che forse oggi, alle orecchie di chi è più giovane, rischia di sembrare più antiquato il rock, un tempo musica rivoluzionaria per antonomasia, che non il country, ovvero la rappresentazione plastica di tutto ciò che il rock rifiutava.

Country: una rinascita che abbatte vecchi pregiudizi

In passato, sul country hanno pesato alcuni pregiudizi, spesso non del tutto ingiustificati. Il principale è quello di essere una musica tendenzialmente conservatrice, quando non addirittura reazionaria. La colonna sonora preferita dai cultori dei valori dell’America bianca e profonda, a cominciare dal patriottismo e dalla famiglia. Con tutto il suo immaginario fatto di banjo, torta di mele, bandiera sudista sul porticato, camionisti tristi, bionde procaci al bancone del bar, stivali con gli speroni ai piedi e autostrade che si perdono all’orizzonte. Se è vero che molto country racconta esattamente questo genere di cose, soprattutto quello proveniente dall’epicentro di Nashville, è altrettanto vero che nella sua lunga storia non sono mancati artisti che hanno provato a innovare un linguaggio musicale apparentemente immutabile, aprendolo a tematiche più libertarie, democratiche e genericamente “di sinistra”. Uno su tutti: Johnny Cash. L’indimenticabile man in black, scomparso ne 2003 a 71 anni, pur sembrando scolpito in una quercia secolare del Tennessee si è sempre contraddistinto per la sua apertura al mondo.

Nelle sue canzoni prendeva posizione contro la guerra in Vietnam e a difesa dei diritti civili, ha dedicato dischi alla cultura dei nativi americani, nel suo popolarissimo show televisivo invitava esponenti della controcultura come Bob Dylan e Neil Young, la sua prima moglie era una latino-americana. Un altro classico “fuorilegge” country è il tuttora attivo e ancora arzillo, nonostante i 91 anni suonati, Willie Nelson: instancabile propagandista delle droghe leggere, amicone di Snoop Dog, autore di canzoni che parlano – anatema, per una certa fetta del pubblico country – di cowboy omosessuali ben prima di film come Brokeback Mountain. E visto che un’altra delle accuse che spesso sono state rivolte al genere è quella di essere espressione di una società patriarcale e maschilista, vale la pena citare Loretta Lynn. Una delle più grandi autrici e interpreti nella storia del country, che nei suoi brani non esitava ad affrontare tematiche femminili e femministe ante-litteram in una società tutt’altro che ben disposta a sentirsele raccontare, come ad esempio l’importanza della pillola nel percorso di liberazione delle donne o il dramma della violenza domestica.

Ma l’aspetto che rende oggi il country così popolare, al di là di una coscienza civile e politica di molti artisti assimilabile ai nomi appena fatti, e che lo pone singolarmente in sintonia con le dinamiche dei social media, è la sua propensione allo storytelling. Le canzoni country raccontano spesso storie (quasi sempre tristi) in modo semplice e diretto, diventando quindi un veicolo efficace per manifestare le proprie emozioni. Esattamente quello che è successo durante la pandemia e il lockdown, quando molte persone (soprattutto giovani) chiuse in casa hanno reagito improvvisandosi “narratori in musica” e utilizzando una formula stilistica tra le più accessibili e comprensibili che esistano. Non è un caso, forse che questo ritorno di fiamma del country sia avvenuto dal 2020 in poi.

Copywriter, giornalista, critico musicale e docente di comunicazione. In pubblicità ha ideato campagne per brand come Fiat, Sanpaolo Intesa, Lancia, Ferrero, 3/Wind. Insegna comunicazione presso lo IAAD di Torino e la Scuola Holden. Collabora con testate quali Rolling Stone, Il Fatto Quotidiano, Rumore. Ha scritto e tradotto diversi volumi di storia e critica musicale per case editrici come Giunti e Arcana.​