Alla Scoperta dei “mostri” dell’economia
Cosa vuol dire essere un economista? È una domanda piuttosto interessante cui provare a dare una risposta. Negli ultimi anni, l’economia ha attraversato un periodo turbolento. S
La corsa del prezzo del metallo giallo non ci parla di soldi e investimenti ma di geopolitica e sostenibilità. Ecco perché
Se lo guardassimo tutto insieme, non vedremmo altro che un cubo alto, lungo e profondo 22 metri. Sarebbe un blocco immaginario capace di racchiudere tutto l’oro del mondo, ovvero la quantità estratta fino ad oggi. E lo vedremmo per ciò che già è: una massa di materia pesante e immobile. Ma tutt’altro che muta. Poiché tutto l’oro del mondo si muove ed è capace di raccontare cose molto preziose anche a chi non se lo può permettere né lo conserva, a chi non lo indossa né lo utilizza per realizzare prodotti.
Come quasi tutte le materie prime, i prodotti, l’energia, ogni cosa che si compra e si vende ha un valore informativo. Ci dice qualcosa d’altro rispetto all’apparente e momentaneo essere oggetto di uno scambio. Anche in questo caso, anche oggi, una delle narrazioni economiche più diffuse e ricorrenti lo riguarda, e racconta di quanto se ne scambi e quanto sia salito e salga ancora il suo prezzo. Ma il suo messaggio profondo ci dice altro.
E questo valore informativo, il suo argomento sottostante, proietta il messaggio nel passato, nel presente o nel futuro a seconda del punto di osservazione preso per analizzarne le informazioni. Prendiamo un esempio utile, come ben raccontato dal libro di Paolo Gila e Maurizio Mazziero Le mappe del tesoro. Geopolitica delle materie prime: la vera sfida strategica del XXI Secolo (Hoepli, 2024). Il libro ci dice che la voracità di oro da parte della Cina può essere certo spiegata da ragioni di consumo, attribuibili al desiderio dei consumatori per il lusso ed il valore; ma come giustifichiamo le sue riserve d’oro, crescenti e non dichiarate? Per rispondere proviamo a dividere l’argomento in tre momenti.
Se prendiamo in prestito le lenti informative per tentare di comprendere quali messaggi oggi ci stiano mandando le dinamiche collegate all’oro, dobbiamo riferirci ed utilizzare alcuni vincoli precisi:
La storia ci racconta un susseguirsi nel tempo di varie corse estrattive, ben piantate nella memoria collettiva, dalla California all’Alaska, dal Klondike in Canada, fino all’Australia. Ma ci sono corse all’oro ben più antiche, che portano indietro fino all’Impero Romano e alla Transilvania del Medioevo, fino ad arrivare all’Africa odierna, passando per la Scozia e la Russia dei Monti Urali. Protagonista delle guerre e dei conflitti tra potenze, anche nel recente passato l’oro ci ha dato informazioni critiche attraverso il suo prezzo, le quantità scambiate ed i soggetti coinvolti. E con questo lessico, l’oro ci consegna da sempre un messaggio profondo riguardante l’incertezza del momento economico e politico e le intenzioni dei suoi principali protagonisti. Ma a darci informazioni non c’è solo la proiezione del passato sul futuro.
Anche il presente dell’oro ha un valore informativo. E parla di azioni e reazioni alle dinamiche economiche del momento. Non solo quando correla la salita del suo prezzo alla discesa dei tassi di interesse – cosa che oggi è per altro messa in dubbio. L’attività di estrazione, per esempio, è giocata nel presente e vive di scelte di investimento economico tradotte in scelte di investimento industriale sulle miniere e nella filiera. Tra queste c’è la corsa all’oro green, che traduce le recenti richieste di consumo nella volontà delle grandi case di gioielleria globali di poter offrire ai clienti un “oro pulito” da pratiche estrattive e di raffinazione inquinanti e non sostenibili. Allo stesso modo – come analizzato dalla Market Intelligence di S&P Global – il presente delle elezioni americane e della guerra in Ucraina o del potenziale esplosivo del Medio Oriente scarica sulla corsa all’oro la sua inevitabile incertezza.
Oggi, scrive Alessandro Giraudo in Storie straordinarie delle materie prime (Add editore, 2022) il tenore delle miniere scende e nel bacino ad est dell’Australia devono lavorare una tonnellata di terra per estrarne un grammo. Su queste basi, immaginando il futuro fisico dell’oro, viene quindi il dubbio che i costi estrattivi saliranno, così come salirà la volontà di limitare al minimo l’impatto ambientale dell’estrazione. Ma anche qui, le dinamiche attuali raccontano sul futuro qualcosa di più interessante delle procedure estrattive e di tutti i vincoli o le innovazioni riguardanti l’attività mineraria. Torniamo infatti alla domanda iniziale: perché qualche paese aumenta le scorte e non lo dichiara? Per rispondere sfogliamo l’elenco del World Gold Council delle banche centrali che hanno acquistato più oro nel 2024, e nell’ordine troviamo quelle dei seguenti Paesi:
Ci possono dunque essere diverse ragioni per cui alcuni Paesi acquistano sempre più oro tramite le loro banche centrali. Per prima cosa potrebbero farlo perché prevedono di dover affrontare nel futuro momenti di grande incertezza, da cui si devono logicamente proteggere. E questo potrebbe essere il caso proprio della Cina.
Infatti, quando Goldman Sachs scrive che le ragioni dell’acquisto riguardano la protezione dal rischio di sanzioni finanziarie o aumenti delle tensioni commerciali si riferisce forse al possibile conflitto tra Cina e Taiwan? Ma c’è un’altra ragione e riguarda la possibilità che alcuni paesi comprino oro con le loro banche centrali per puntare nel lungo periodo ad una diversificazione dal sistema globale di pagamento in dollari. Ma si tratterebbe di qualcosa di “secolare” – come ha suggerito l’economista Mohamed El-Erian – e supererebbe i tempi normali del valore informativo che riguarda il futuro prossimo e le dinamiche geopolitiche di medio lungo periodo.