Sessualità: per i giovani meglio libera e fluida
Negli ultimi 10-15 anni, sottotraccia e senza troppi clamori, si è sviluppata una rivoluzione che ha cambiato il mondo delle relazioni romantiche. I giovani descrivono una societ
Durante l’adolescenza maturiamo una forte relazione con alcuni particolari prodotti associati a momenti felici. Si chiama retro-marketing o marketing della nostalgia e oggi funziona sui Millennials.
Tra la fine degli anni 70 e la prima metà degli anni 80 il mondo occidentale venne travolto da una terribile nostalgia per gli anni 50-60, partendo dal film Grease o dalla serie tv Happy Days e transitando per esperimenti italiani tipo la versione televisiva di Bandiera Gialla. Un’ondata che portò con sé, ovviamente, anche una riscoperta di brand e prodotti dell’epoca: dalla brillantina, che nessuno usava più da 20 anni, al giubbotto di pelle nera o le scarpe Converse All Star di tela.
Qualcosa del genere sta accadendo pure adesso, soprattutto da quando la serie Stranger things di Netflix ha fatto diventare prepotentemente cool tutto quanto riguarda gli anni 80-90.
Il retro-marketing, o marketing della nostalgia, ha in effetti delle regole codificate da circa 35 anni, quando Robert Schindler e Morris Holbrook dimostrarono come la nostalgia attivi sensazioni prevalentemente positive. “Fantasticare sui ricordi ha un legame stretto con il tendere al futuro con un atteggiamento più consapevole, e che la nostalgia sia utilizzata di fatto dalle persone per attenuare la tristezza, per recuperare la consapevolezza dell’efficacia delle proprie azioni e reazioni, e per riacquistare un senso di condivisione e comunità” scrivono Schindler e Holbrook.
Il potenziale più alto per strategie di marketing della nostalgia è comunque verso il target dei Millennials, i nati tra il 1981 e il 1996, che sono i figli della rivoluzione digitale: nella loro infanzia/adolescenza hanno vissuto in prima persona il passaggio dall’analogico al digitale, e sono molto sensibili a prodotti e messaggi che rievocano quegli anni.
Ma come è possibile una lettura tutto sommato positiva di una condizione, quella della nostalgia, che invece sembrerebbe evocare tristezza e abbandono? In effetti, se guardiamo sul dizionario, la nostalgia è definita come: «Uno stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere». Insomma, si ha nostalgia di aspetti della vita passata che non possono più essere recuperati e rivissuti nel presente, se non nella memoria e nei ricordi.
Ma nella nostalgia c’è anche il rivivere con un senso di appagamento le esperienze che abbiamo fatto. «È una emozione agrodolce», sottolinea la psicologa e ricercatrice Krystine Batcho «in quanto porta con sé sia il dispiacere del non poter ri-sperimentare, sia il piacere e il calore di aver vissuto e condiviso, con la consapevolezza di voler far esperienza del proprio presente, di rimanere ingaggiati nel qui e ora». Secondo Batcho, in momenti di cambiamento, quando ci si confronta con l’incertezza e la novità, la nostalgia diventa uno strumento di conforto. «Permette di ricordare tutti i cambiamenti importanti che siamo riusciti a gestire e ad affrontare nel corso della vita – sottolinea Batcho -. E questo aumenta la nostra autostima».
La nostalgia diventa quindi anche una modalità per misurare i cambiamenti e i progressi nel corso della propria vita. E non stupisce che dalle ricerche emerga che coloro che tendono a perdersi maggiormente nei ricordi nostalgici siano proprio i giovani adulti, che si trovano in una fase evolutiva della vita di cruciale importanza, nella quale guardare al passato in modo nostalgico fornisce quella base sicura da cui partire per potersi muovere in modo autonomo nella vita adulta.
Come ben descritto dal testo Retro marketing di Daniela Bavuso e Natale Cardone (Edizioni Lswr), durante l’adolescenza maturiamo una forte relazione con alcuni particolari prodotti associati a momenti felici, fino a raggiungere il cosiddetto reference age peak che mediamente si colloca attorno ai 24 anni. Da lì in poi quei brand e quei prodotti li ameremo per sempre. In particolare:
In sintesi, da un lato si spolvera di coolness un’epoca e la si ripropone a un target giovanissimo che non l’ha vissuta, dall’altro si evocano atmosfere piacevoli e vintage per il segmento di pubblico che invece era ventenne negli anni 80-90: brand come Coca-Cola, Lego, Casio, H&M, Netflix, Microsoft o Burger King, allora, lanciano prodotti dal sapore nostalgico proprio perché questi revival studiati con grande attenzione sono in grado di mettere in atto dei bias cognitivi, distorsioni della mente, per cui i ricordi positivi prevalgono su quelli negativi (un fenomeno psicologico chiamato anche retrospettiva rosea) e rappresentano un investimento sicuro considerato il grande successo che riscuotono.
D’altronde, come racconta Carlo Meo, primo studioso italiano del marketing della nostalgia, «il futuro è un mondo di brand e prodotti che recuperano il meglio del passato combinandolo con le nuove esigenze di consumo».