Geopolitica e notizie fanno il brand

Society 3.0


Geopolitica e notizie fanno il brand

Le aziende hanno una responsabilità nello spostamento degli equilibri politici. Devono prendere una posizione netta contribuendo al flusso dell’informazione in maniera autorevole. I risultati dell’Edelman trust barometer 2022 e del rapporto Censis sui media.

Negli ultimi anni, soprattutto con la pandemia da Covid-19, avevamo assistito a un aumento dell’indice di fiducia in Cina, Russia, Medioriente, con uno spostamento del baricentro mondiale verso Est, ovvero verso quelle aree geopolitiche con governi forti, dittature, economie centralizzate e una capacità di gestire l’emergenza sanitaria con polso durissimo e senza mai fare trapelare panico. I fatti del 2022, invece, sembrano cambiare radicalmente lo scenario, con quella che potremmo definire la riscoperta dell’Occidente. L’invasione russa in Ucraina ha di fatto escluso Mosca da ogni tipo di rapporto con Europa e Stati Uniti che, cercando fonti di approvvigionamento energetico alternative, metteranno in ginocchio l’economia della Russia, sostanzialmente basata sugli introiti da esportazione di gas e petrolio, nei prossimi anni. 

Il sistema cinese è entrato in crisi

La crisi si fa sentire anche sulla economia cinese, con forti ripensamenti circa i modelli con cui le grandi imprese occidentali avevano delocalizzato proprio in Cina tutte le loro linee produttive, pensando, un po’ ingenuamente, alla Cina anche come mercato di sbocco. La gestione “Zero Covid” di Pechino si è infine dimostrata un disastro, con uno scontento sempre più accentuato nella popolazione locale. 

E in effetti il nuovo Edelman Trust Barometer 2022, con un focus particolare su business geopolitico, condotto in 14 nazioni con mille intervistati per nazione, mostra plasticamente questa resurrezione della fiducia verso l’Occidente: i rialzi maggiori dell’indice generale ci sono nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Germania, mentre calano Cina, Emirati arabi uniti e Arabia saudita.

Il mondo del business è quello più apprezzato in termini di fiducia (indice a 62, +1 rispetto all’inizio del 2022), con notevoli incrementi da parte di Usa (+6) e Regno Unito (+5), un -4 per Cina e un -2 per gli Emirati arabi uniti. Segue il settore delle Ong, che però sarà fortemente penalizzato nei prossimi mesi dal recente scandalo al Parlamento europeo. A 56 l’indice generale di fiducia verso i governi, con un +6 negli Usa, un +5 nel Regno Unito, e poi -2 sia in Cina, sia negli Emirati. 

Cresce la fiducia verso i media (+2, a 56), un comparto che durante la pandemia era stato messo sotto accusa per la divulgazione di troppe fake news. Ora, invece, i media del Regno Unito crescono di 10 punti, quelli degli Stati Uniti di 6, la Francia di 5, mentre Cina e Arabia saudita scivolano di 3 punti.

Tutto ciò si traduce anche in una maggiore affidabilità dei giornalisti: l’indice generale di fiducia verso questa categoria sale di ben 7 punti a quota 52, con i notevoli +13 in Germania, +11 nel Regno Unito, +10 in Francia, +7 negli Usa.

Lecito censurare le notizie se la fonte è dubbia

In sostanza, come indica bene anche l’ultimo rapporto Censis dedicato a I media delle cris, la sedimentazione delle notizie su pandemia e guerra in Ucraina, in un contesto dove i social media hanno acquisito un rilievo sempre più importante, valorizza il lavoro giornalistico di verifica e selezione delle notizie. Non è lecito diffondere qualunque notizia, da qualunque fonte essa provenga, e per il 60,1% degli italiani è invece legittimo il ricorso a una qualche forma di censura, soprattutto quando si tratta di notizie evidentemente false. «In effetti – spiegano i ricercatori del Censis – più che una censura, questa pratica può essere considerata una tutela della qualità dell’informazione, sempre che sia assicurata l’accuratezza del controllo sulla falsità delle notizie, su cui, quando le polemiche sono molto infuocate, non sempre si può giurare». 

Tornando al Report di Edelman, interessante è anche il dato relativo alla fiducia dei cittadini nelle aziende con sede principale nel proprio paese: crolla quello dei cinesi, di 10 punti, mentre sale di 13 punti per gli americani, e di 11 per i britannici (+5 anche per Germania e Francia). 

Le tensioni in Ucraina, inoltre, hanno molto influenzato i comportamenti dei consumatori, che al 47% hanno preteso, da parte delle aziende e dei brand, una chiara posizione circa il conflitto, comprando o boicottando i marchi proprio in base a questi orientamenti. L’indice di fiducia verso le aziende che hanno interrotto i loro business con la Russia è salito di 31 punti; +27 punti per quelle che li hanno sospesi solo temporaneamente; +10 per chi ha organizzato aiuti umanitari per le popolazioni coinvolte nel conflitto. Al contrario, crollo di 38 punti dell’indice di fiducia verso le imprese che sono andate avanti nel business con la Russia, e -20 punti per chi si è limitato a una dichiarazione generica di supporto all’Ucraina, senza poi fare nulla di concreto.

La geopolitica conta per l’affermazione di un brand

La geopolitica è diventato uno dei fattori che contribuiscono alla costruzione di un brand, con le aziende che quindi devono preoccuparsi non solo dei fattori economici (creare lavoro, benessere, fare innovazione) o sociali (corsi di aggiornamento per i lavoratori, rapporti con le comunità locali, attenzione all’inquinamento, al cambiamento climatico, alla diversity, alle questioni di genere), ma, appunto, anche delle responsabilità geopolitiche relative alla promozione dei valori della propria nazione e al contrasto verso le nazioni che invece violano i diritti umani e le leggi internazionali. 

Ci si attende, perciò, che sia il chief executive officer dell’azienda, senza attendere le decisioni politiche del governo centrale, a reagire immediatamente con azioni in risposta ai mutati scenari geopolitici. Le imprese, infatti, in base alla indagine Edelman, hanno la capacità e il potere di influenzare la geopolitica attraverso le loro decisioni di investimento: oltre la metà degli intervistati (56%) ritiene che l’uscita delle imprese dalla Russia provocherà il ritiro delle forze dall’Ucraina. 

«Se vogliono continuare a godere della fiducia dei consumatori, dei dipendenti e degli stakholders, i Ceo devono essere pronti ad adottare strategie coerenti con i loro valori aziendali – commenta Fiorella Passoni, amministratore delegato di Edelman Italia – perché, come afferma il mio collega Dave Samson, vicepresidente globale per i Corporate affairs di Edelman, l’azione guida la fiducia e la fiducia guida l’azione».

Milanese, laureato in Economia e commercio alla Università Cattolica del Sacro Cuore, è giornalista del quotidiano ItaliaOggi, co-fondatore di MarketingOggi, esperto di storia ed economia dei media, docente di comunicazione ed economia dei media per oltre 10 anni allo IED di Milano.