Fuga dalle notizie

Society 3.0


Fuga dalle notizie

Nell’era del giornalismo social siamo invasi da informazioni sempre più difficili da selezionare. Per questo aumentano fenomeni come la news fatigue e l’ansia da notizie che sempre più spesso evitiamo.

Divano, coperta e Netflix, oppure Prime, Sky o Disney Plus. Per molti è la serata perfetta. Ma poi, quale film vedere? Ed è così che parte lo scroll infinito, le ore passano e noi alla fine esausti ci arrendiamo, spegniamo tutto e ci rechiamo sconsolati a letto, oppure ci rifugiamo nella vecchia cara tv generalista. Questo è quello che succede sempre più spesso con le piattaforme di cinema on demand. Un meccanismo che, però, ritroviamo con accenti simili anche nel campo dell’informazione.

Il doomscrolling e la news avoidance

Oggi, infatti, siamo letteralmente invasi dalle news che riempiono i nostri feed social. Un enorme getto informativo che riusciamo a gestire con enorme fatica. Veniamo come sorpresi da questa valanga di contenuti, da questa sensazione di spaesamento e appesantimento mentale che ha un nome e si chiama news fatigue. Secondo Davide Bennato, docente di Sociologia dei media digitali dell’Università di Catania, «la news fatigue deriva da un altro fenomeno: quello dell’overload informativo. Viviamo in un ambiente mediale sovraccarico di informazioni. In ogni momento abbiamo oggi a disposizione una enorme mole di notizie, spesso dalle fonti confuse».  E questo meccanismo di “invasione” provoca, secondo diverse teorie sociologiche reazioni variegate che vanno dall’ansia, alla resa. Secondo il Digital News Report 2022 il 47% degli Italiani usa i social per informarsi (il 75% su piattaforme online) e questo accesso facile all’informazione può favorire un istintivo moto di ricerca compulsiva di notizie, un tipico meccanismo ansioso che si regge sul tentativo (o sull’illusione) che per gestire meglio la situazione bisogna essere continuamente aggiornati. È il cosiddetto doomscrolling, il bisogno di scorrere le pagine di un sito di news o le bacheche dei social network con lo scopo di scovare notizie negative. Dal 2020 d’altronde viviamo in un’epoca in cui pandemie, effetti del cambiamento climatico, fenomeni migratori, guerre, atti terroristici si susseguono ad un ritmo costante. L’utente è lì che si guarda attorno, soverchiato da queste notizie negative che ricerca compulsivamente nel tentativo (vano) di placare la propria ansia.

La reazione opposta, invece, è quella che Davide Bennato chiama “meccanismo di resistenza selettivo”, una sorta di resa che ci porta ad evitare le notizie.  È la news avoidance, un fenomeno osservato soprattutto durante la pandemia, tanto che secondo una ricerca pubblicata dal Reuters Institute, il motivo principale alla base dell’evasione volontaria dalle notizie, è quello di non intaccare il proprio umore con notizie negative o preoccupanti. E sempre secondo lo stesso studio il 38% degli intervistati spesso evita le notizie. Una percentuale è in netto aumento negli ultimi anni.

«In realtà – ci dice Davide Bennato – dopo il Covid si è tornati ad abitudini di consumo molto diverse. Le persone, in sostanza, evitano meno le notizie in generale, ma si sono rifuggiate in quelle che riguardano i propri interessi particolari. Si è passati, insomma, ad un consumo di notizie verticale, specialistico. Le notizie generali che popolano l’ambiente mediale, perciò, sono come un rumore di fondo, rispetto a quelle più vicine ai propri interessi».

Tutte queste reazioni, diverse e spesso opposte, sono connesse in maniera molto intima allo sviluppo dei media digitali e derivano dalla transizione che ha visto la finitezza delle notizie dell’era analogica contrapposta con il potenziale illimitato dell’informazione online. Prima dell’avvento di internet, insomma, si comprava un giornale, si guardava un TG e si ascoltava la propria radio preferita e l’assorbimento delle notizie rimaneva circoscritto a questi prodotti e ai loro momenti di fruizione. Oggi lo smartphone è con noi ovunque e in qualunque momento veniamo raggiunti da news e contenuti. Non c’è tregua e la fruizione dei contenuti si è fatta sempre più dogmatica e passiva. Tuttavia, ad essere cambiata non è solo la quantità di notizie con cui veniamo in contatto ma anche la loro qualità.

«Il modello classico della sociologia della comunicazione è quello dell’agenda setting dove i media determinano la scaletta dei temi, la loro gerarchia. Oggi questo avviene meno, perché le notizie circolano in maniera disordinata. Le persone accedono alle informazioni in maniera molto diversa e le agende mediali del consumo delle notizie sono di origine relazionale. È importante, cioè, quello di cui si parla nel mio network». Dal punto di vista sociologico, si prediligono sempre di più quei temi cosiddetti “a soglia bassa”, cioè vicini ai soggetti per esperienza diretta o perché più dibattuti nel loro network.

Il ruolo dell’algoritmo

Ovviamente in un siffatto scenario l’algoritmo gioca un ruolo di primo piano, in quanto è lui che seleziona le notizie del nostro feed sui social, con il rischio di creare quelle eco chamber in cui spesso rimaniamo intrappolati. «Una sorta di cane che si morde la coda – osserva Bennato – perché più ci informiamo su determinate tematiche, più queste acquisiranno centralità nella nostra agenda mediatica social. Se i mass media erano il deus ex machina dell’agenda setting tradizionale, oggi l’algoritmo è al centro della cosiddetta agenda sharing, l’agenda delle nostre condivisioni».

Ecco perché in questo meccanismo il lettore rischia di rimanere imprigionato, con quelle reazioni psicologiche ansiose, di fatica o elusione. A questo si deve aggiungere anche l’ormai noto meccanismo del bias di conferma, cioè quell’istinto che ci conduce a cercare notizie che confermano la nostra visione del mondo, non ricercando perciò il confronto con le altre opinioni. Avere a disposizione una grande quantità di informazioni non significa perciò avere un pubblico più cosciente. «Oggi viviamo in un ambiente ibrido sociale e tecnologico, dove tutti siamo chiusi nelle nostre camere», conclude Bennato. E nelle camere o si rimane imprigionati oppure si decide di uscire, sbattendo la porta e lasciandosi alle spalle tutto ciò che vi è dentro. E dentro quelle stanze, nel nostro caso, ci sono le notizie, le informazioni, i contenuti, che incapaci di gestire decidiamo di evitare, oppure di sorvolare passivamente.

Giornalista, pugliese e adottato da Roma. Nel campo della comunicazione ha praticamente fatto di tutto: dalle media relations al giornalismo. Brand Journalist e conduttore radiofonico, si occupa prevalentemente di economia, energia ed innovazione. Oltre la radio ama la storia e la politica estera.