La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Affidarsi a un’altra persona, anche al punto di correre qualche rischio, perché riteniamo sia in grado di fare la cosa giusta. In che modo possiamo coltivarla al lavoro? Sfumature e segreti dell’ingrediente chiave di ogni organizzazione e relazione.
Da buon italiano del Sud, sono cresciuto a pane e proverbi popolari. “A buon intenditor, poche parole”, “Il lupo perde il pelo ma non il vizio”, “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, “Fra i due litiganti, il terzo gode”, hanno scandito la mia esistenza e influito, incredibilmente, su diverse scelte della mia vita.
In particolare, “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” – lo stile di vita delle cummari pugliesi – è stato il mio mantra, e la mia rovina, per troppo tempo. Ogni volta che, soggiogato dalla mia inesperienza, mi affidavo alla presunta saggezza dell’adagio più ripetuto di sempre, mi andava male. Anzi, malissimo.
Ed è proprio in quel momento, alla soglia del burnout, che ho compreso che “Fidarsi è bene, non fidarsi è… peggio”, e ho finalmente congedato la voce sussurrata delle cummari nella mia testa per iniziare un nuovo capitolo della mia vita. E, quando nel 2020 ho avviato il mio business, ho scelto di basarlo sulla fiducia perché sapevo che solo in questo modo avrei potuto.
Garantire la proattività, facilitare la collaborazione e migliorare la capacità di acquisire nuove conoscenze e competenze del mio team. Per farlo, però, avrei dovuto trovare un buon equilibrio tra due tipi di fiducia: una più pratica, quella cognitiva, e un’altra più profonda e relazionale, quella emotiva.
La prima, si basa sulla convinzione che gli altri svolgano i loro compiti e rispettino l’insieme di regole pratiche stabilite dalla tua azienda. Se presente, garantisce il corretto funzionamento organizzativo dell’ufficio, del team o dell’intera azienda.
La seconda, invece, si fonda sulla convinzione che gli altri abbiano cura di e interesse per te e, per essere coltivata, richiede tempo, empatia e trasparenza poiché permette di creare relazioni solide e durature.
Mentre lo sviluppo della fiducia cognitiva presuppone rispetto delle indicazioni tecniche e performance lavorative, quella emotiva è ben più complessa poiché si costruisce attraverso comportamenti positivi continuati e costanti.
Nella mia organizzazione, abbiamo adottato tre strategie per coltivare questi due tipi di fiducia e bilanciarli armoniosamente.
“Puoi essere ingannato se ti fidi troppo, ma vivrai nel tormento se non ti fidi abbastanza” è una famosa frase di Frank Carnè, ministro e scrittore americano, che ha sostituito le malelingue nella mia testa per ricordarmi che la fiducia è una virtù da coltivare e non una debolezza da reprimere.