Lavoro: cresce la soddisfazione fra i giovani italiani
La situazione lavorativa ed economica delle nuove generazioni italiane è notoriamente critica: tassi di disoccupazione elevati, entrata ritardata nel mercato del lavoro, precariat
Un Paese che non investe sulle donne non ha futuro. Lo ha scritto Bankitalia: più donne al lavoro, più PIL. Ce lo ricorda un capolavoro dell’arte etrusca, la coppia conservata al museo di villa Giulia a Roma.
Procediamo passo dopo passo e cerchiamo, ordinando gli spunti e i fatti dell’oggi, di riflettere sui benefici attesi dalla rimozione – come dice l’articolo 3 della nostra Costituzione – degli ostacoli che ci separano dall’uguaglianza di genere nel mondo professionale.
Di cosa parliamo:
Bankitalia: più donne al lavoro, più prodotto interno lordo
Spostiamoci ai nostri giorni, dominati dal desiderio di ripartire per lasciarci alle spalle la crisi economica e finanziaria innescata dalla pandemia. È Cristina Scocchia, ceo di Kiko a colloquio con il supplemento L’Economia del Corriere della Sera, a darci uno spunto di riflessione: il nostro Paese riprenderà a correre se il tasso di occupazione femminile crescerà. «Se lavora solo una donna su due, contro il 68% degli uomini, il rilancio non avverrà. Aumentare l’occupazione delle donne garantirebbe un aumento del Pil pari al 7%, un’occasione che non possiamo mancare», ha spiegato la manager.
Sono le stesse cifre ufficiali di Bankitalia, diffuse nel documento dal titolo “Le donne e l’economia italiana“: la promozione dell’accesso femminile al mercato del lavoro permetterebbe all’Italia di incamminarsi verso l’obiettivo indicato dall’agenda di Lisbona (60%), facendo crescere “meccanicamente” il prodotto lordo nazionale. È la sintesi dell’approccio macroeconomico, al quale si accompagna quello microeconomico, incentrato sugli effetti positivi della presenza femminile sul lavoro nei riguardi dei risultati e della governance delle imprese e delle istituzioni.
Il dito dell’Italia, dunque, deve essere puntato sulla parità di genere che, secondo il Global Gender Gap Report 2020 formulato dal World Economic Forum, ci vede posizionati al 76esimo posto su 153 Paesi. Troppo poco, malgrado – è bene dirlo per onestà intellettuale – non manchino esempi virtuosi. Pensiamo, guardando alle recenti nomine nei posti di comando, alla Sapienza di Roma, dove per la prima volta una donna, Antonella Polimeni, è stata indicata alla guida: si tratta di una novità assoluta per l’ateneo fondato nel 1303, che può vantare tra i laureati i Nobel Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Giulio Natta, Carlo Rubbia e Franco Modigliani.
Oppure, spostandoci al settore privato, a Elena Goitini, prima donna a capo di un grande istituto bancario in Italia: sarà lei a governare la Bnl Gruppo Bnp Paribas. Come diffuso attraverso i mezzi di informazione, sarà la prossima assemblea degli azionisti di aprile a nominarla, promuovendola da responsabile della divisione private e wealth management a ceo. Soddisfatti i vertici aziendali a partire da Thierry Laborde, responsabile dei mercati interni: «Sono molto orgoglioso che la Bnl sarà guidata da una donna con ampia e consolidata esperienza nei mestieri della banca, maturata in contesti internazionali e in grandi gruppi», ha dichiarato, ripreso dai media. Oppure, volgendo lo sguardo a un passato non lontanissimo, a Fabiola Gianotti, scelta per dirigere nel 2016 il Cern di Ginevra, il centro europeo di ricerca nucleare.
Malgrado la disuguaglianza tra il numero di donne e uomini nel governo Draghi (8 su 23 ministri), il premier ha riflettuto pubblicamente sull’importanza della presenza femminile nel discorso al Senato, pronunciato in occasione del voto di fiducia: «La mobilitazione di tutte le energie per il rilancio Paese non può prescindere dal coinvolgimento delle donne – ha spiegato lo scorso 17 febbraio –. Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi».
Alle dichiarazioni del governo fa da contraltare la campagna europea “Half of it”, nata alla fine del 2020 per stimolare la destinazione di almeno metà delle risorse del fondo per la ripresa dell’Unione a misure che includano le donne nella vita sociale ed economica. Una campagna, questa, sostenuta anche in Italia dal manifesto di “Donne per la Salvezza – Half of it” promosso, tra le tante professioniste, da Linda Laura Sabbadini, responsabile del dipartimento per le statistiche sociali dell’Istat e a capo del W20, il gruppo internazionale di lavoro sull’empowerment femminile che affianca il G20, in programma quest’anno in Italia alla fine di ottobre.
È tempo, dunque, di rimboccarsi le maniche, superando gli stereotipi e andando al di là delle apparenze. Lo possiamo fare prendendo spunto, ancora una volta, dall’arte, questa volta rinascimentale: è Sandro Botticelli, nella celebre “Nascita di Venere”, conservata alle Gallerie degli Uffici a Firenze, ad aver voluto non cancellare le imperfezioni della dea della bellezza, invitandoci a guardare oltre il suo aspetto fisico. Pensiamo, sempre a proposito della grande tela, ai capelli biondi con colore differente all’attaccatura oppure alle rughe dipinte sul collo. La bellezza è anzitutto interiore. Dentro ciascuna donna sono custodite doti professionali che il Paese, inteso come la somma delle istituzioni pubbliche e private, deve valorizzare per ripartire. Largo, dunque, alle donne con le loro hard skill e le soft skill. Per il bene dell’Italia.