La società dei poli opposti
L’inondazione di Valencia ha ben evidenziato i pericoli di una gestione territoriale in cui pochissimi erano decisori e concentrati su altri obbiettivi, mentre i molti, e veri co
Non basta essere gentili e formali. Facciamoci aiutare dalla linguistica per creare stili di dialogo che aiutano a lavorare meglio. Anche quando impostiamo l’out of office.
«Compila il file che trovi in allegato. Termine di consegna oggi alle ore 15». Non vi è mai capitato di ricevere un’email come questa? Poche parole, tutte orientate – citando lo stile di gestione del lavoro indicato come “situazionale” da Kenneth Blanchard e Paul Hersey – al “task behavior” o “comportamento finalizzato al raggiungimento di un obiettivo”: chi scrive ci dice cosa fare senza curarsi degli aspetti socio-emotivi della comunicazione. Zero “supportive behavior” o “comportamento di supporto”, dunque.
Facciamoci aiutare dalla linguistica e dagli stessi Blanchard e Hersey per arrivare a definire il “galateo” delle email e per riflettere sulle tante occasioni di lavoro e sui diversi stili di collaborazione adottabili.
Di cosa parliamo:
Il primo passo da fare è quello di ripassare, a grandi linee, la teoria del linguista Roman Jakobson: sua, infatti, la classificazione in sei funzioni della comunicazione. La funzione emotiva, referenziale, conativa, poetica, fatica e metalinguistica regolano il modo attraverso il quale comunichiamo agli altri. Se le prime tre sono indirizzate a esprimere la nostra soggettività, informare il destinatario e convincerlo, le restanti tre ci aiutano a costruire il messaggio, a instaurare il contatto con il mittente e, infine, ad approfondire gli elementi su cui vogliamo concentrare l’attenzione altrui.
Soffermiamoci in particolare sulla funzione fatica: è quella che ci permette, dal verbo greco “parlare”, di dialogare, stabilendo una connessione all’inizio o alla fine di una conversazione scritta o orale. Sono il classico “ciao” e “carissimo” oppure, in caso di rapporto più formale, l’“egregio” o la “gentilissima”. Per non dire dell’“a risentirci” oppure “con le più vive cordialità”, utilizzabili in chiusura del nostro messaggio.
Tiriamo le somme. La comunicazione verbale, sia essa scritta come nel caso delle email oppure orale, parte “rompendo il ghiaccio” e si conclude con il ritorno al silenzio grazie alla formula di congedo scelta. Il saluto iniziale e finale, formale oppure informale a seconda del rapporto che abbiamo con il destinatario, serve per introdurci e congedarci. La forma è, in questo caso, sostanza: il “ciao” o il “buongiorno” della nostra email oppure “a presto” e “cordiali saluti” servono per attivare o disattivare la comunicazione. È come se, ogni volta che comunichiamo, dovessimo girare la chiave nella toppa in un senso o nell’altro: solo in quell’istante, appunto, il motore della comunicazione si accende oppure si spegne. Senza quel giro di chiave il viaggio non ha inizio o fine.
Chiarite le regole della comunicazione, soffermiamoci ora su quale stile possiamo adottare nelle nostre email. Ci aiutano, a questo proposito, ancora Blanchard e Hersey. Sono loro, nella loro teoria sulla gestione del lavoro “situazionale”, a individuare quattro stili di gestione delle relazioni: si va da quello “telling” o “parlante”, in cui il destinatario viene istruito, allo stile “selling”, di vendita, in cui la persona alla quale ci rivolgiamo viene coinvolta in una “contrattazione”, fino a quello “participating” o “partecipativo” e a quello “delegating” o “delegante”, nei quali costruiamo un percorso di condivisione oppure di fiducia totale. Ogni stile di “guida” ha un tono di voce, impositivo oppure dialogico, coinvolgente oppure confidente. “One size doesn’t fit all”, dicono gli inglesi: non esiste uno stile che vada bene per tutte le occasioni, ma riflettere sulle diverse soluzioni adottabili può aiutarci a modulare le nostre corde vocali anche quando scriviamo un’email. Una cosa è certa: mai iniziare o concludere un’email senza salutare o congedarsi. Nel mezzo della comunicazione il fine giustifica lo stile. Buone email a tutti: la mia, per chi vuole continuare a riflettere con me, è filippo.poletti@libero.it. Un caro saluto a tutti i lettori di Changes di Unipol.