Sessualità: per i giovani meglio libera e fluida
Negli ultimi 10-15 anni, sottotraccia e senza troppi clamori, si è sviluppata una rivoluzione che ha cambiato il mondo delle relazioni romantiche. I giovani descrivono una societ
La corporate entrepreneurship vede coinvolti tutti nel rigenerare il business, studiando nuovi servizi e prodotti. Gli approcci strategici al cambiamento.
C’è un prima e un dopo la pandemia da coronavirus. Vale anche nell’uso delle parole. L’ho scritto nel mio libro intitolato Grammatica del nuovo mondo: se prima dell’era covid si diceva “sei positivo” per fare un complimento a un collega o a un amico, dal 24 febbraio 2020 non resta che dire “sei propositivo” o “sii propositivo”. Tutti, di fronte alla sfida della ripartenza, dobbiamo esserlo a tutti i livelli. È la cosiddetta “corporate entrepreneurship”, l’imprenditorialità aziendale che ci vede coinvolti nel rigenerare il business, studiando nuovi servizi e prodotti. Riflettiamone assieme agli studi fatti in tema di approcci strategici al cambiamento.
Di cosa parliamo:
La prima parola chiave della propositività è “ambidestrismo”. Come suggerisce lo stesso termine e come spiega bene la voce pubblicata da Wikipedia, esso consiste nella capacità di usare indistintamente entrambe le mani per compiere le azioni che normalmente si effettuano con una sola di esse. Calandolo nel lavoro quotidiano, esso si realizza con lo sfruttamento delle condizioni di lavoro già esistenti altrimenti dette in lingua inglese “as-is” e, contemporaneamente, nella ricerca di nuove opportunità indicate come “to-be”, ideali per l’innovazione dei prodotti e dei servizi o per l’acquisizione di nuovi modelli di business. Da una parte, dunque, occorre fare “exploitation” ossia sfruttare al meglio e al massimo le risorse e le capacità esistenti in azienda, dall’altra esplorare nuove opportunità attraverso il ricorso alla creatività, l’adattamento e la flessibilità. L’ambidestrismo strutturale si può realizzare con attività di esplorazione e sfruttamento assegnate a unità organizzative differenti, quello contestuale, invece, con l’esplorazione e lo sfruttamento all’interno di una specifica unità organizzativa.
La seconda parola chiave della propositività è “cultura”. La cultura propositiva deve essere stimolata tramite la leva del sostegno alle persone e quella del performance management: nel primo caso si forniscono ai collaboratori la sicurezza e il raggio d’azione di cui hanno bisogno, mentre nel secondo si incentivano le persone a fornire risultati qualitativamente elevati, prestando molta attenzione alla presenza di un sistema incentivante. Se accompagnati e stimolanti da prospettive di crescita professionale ed economica, i collaboratori saranno messi in grado di rispondere alle sfide della cultura della propositività.
La terza parola chiave della propositività è “evoluzione” dell’ambiente di lavoro. Per farlo, come insegna Michael Docherty nel suo How corporations & startups can co-create transformative new businesses, serve puntare su quattro azioni: promuovere un ambiente di lavoro flessibile, abbattere gli eventuali muri presenti in azienda, promuovere la differenza tra la visione aziendale e la “visione a tunnel” (intesa, quest’ultima come il sostegno irremovibile e incondizionato a un obiettivo o un processo, a prescindere dai cambiamenti in atto o dai risultati ottenuti) e, infine, stimolare le persone a imparare. Così facendo, assieme all’ambidestrismo e alla cultura propositiva, si sosterrà il pensiero propositivo in azienda.