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Da New York all’Australia come funzionano le micro reti elettriche che sperimentano le nuove potenzialità dell’energia digitale che aiuta l’ambiente.
Da New York all’Australia come funzionano le micro reti elettriche che sperimentano le nuove potenzialità dell’energia digitale che aiuta l’ambiente.
La diffusione dell’energia solare segue il ritmo della trasformazione digitale: i 368 gigawatt prodotti a livello globale nel 2017 sono quasi 100 volte superiori a quelli che si producevano ancora nel 2000. Un aumento della produzione che è andato di pari passo con la discesa del prezzo, che è passato dai 77 dollari per kilowatt degli anni ’70 fino ai 30 centesimi di oggi. E così, per chiunque abbia un pannello solare sul proprio tetto, si aprono prospettive fino a poco fa impensabili; compresa quella di partecipare a microreti elettriche di quartiere organizzate attraverso un sistema peer-to-peer, che permette lo scambio di energia rinnovabile direttamente da utente a utente.
Un esempio di queste potenzialità viene da New York, dove la creazione di microreti elettriche è incoraggiata dalle istituzioni da quando, nel 2012, l’uragano Sandy si è abbattuto sulla città; causando enormi danni e mostrando come quasi solo le reti di quartiere siano state in grado di superare senza particolari problemi il blackout generale. La data da ricordare, in questo caso, è l’11 aprile del 2016: il giorno in cui è avvenuta la prima transazione energetica tra due privati cittadini residenti in President Street (Brooklyn); l’attivista ed ecologista Eric Foreman e l’ex direttore della società governativa Energy Star, Bob Sauchelli.
Questa primo scambio ha inaugurato una microrete elettrica alimentata a pannelli solari – chiamata “The Brooklyn Microgrid” – di cui fanno parte dieci abitazioni del quartiere, che possono scambiarsi elettricità senza doversi rivolgere a nessuna società pubblica o privata che svolga il ruolo di intermediario. Gli abitanti decidono infatti in totale autonomia, attraverso aste automatiche, il prezzo a cui comprare o vendere energia pulita ai vicini, sfruttando a questo scopo la piattaforma TransActive Grid creata dalla startup LO3 Energy.
Per quanto questo processo sia ancora agli inizi, il fondatore di LO3 Energy, Lawrence Orsini, ha le idee molto chiare su quale sia il futuro dell’energia: un enorme network composto da milioni di microreti elettriche che interagiscono automaticamente l’una con l’altra; comprando energia da chi ne ha in abbondanza e rivendendola a chi ne ha bisogno. Una prospettiva resa possibile dalla blockchain – il registro distribuito e decentralizzato celebre per aver reso possibili i Bitcoin – e da una delle sue applicazioni più promettenti: gli smart contracts, i contratti intelligenti che eseguono automaticamente un accordo nel momento in cui le condizioni vengono sottoscritte.
Così come una startup come Golem sfrutta la blockchain e i contratti intelligenti per scambiare il potere computazionale tra i computer e ridurre in questo modo le inefficienze – o una società come Ejo sta creando una piattaforma in cui gli artisti possano vendere le loro canzoni direttamente agli ascoltatori – allo stesso modo LO3 Energy sta immaginando un futuro in cui chiunque abbia dei pannelli solari sul tetto possa vendere energia ai vicini di casa attraverso aste automatiche regolate dagli smart contracts; che permettono a ogni acquirente di individuare l’offerta più conveniente e acquistare energia senza nemmeno rendersene conto: tutto è automatizzato, compreso lo scambio di denaro e la verifica che la transazione sia andata in porto.
Queste applicazioni sono rese sicure grazie alla decentralizzazione della blockchain. Il registro digitale che contiene tutte le transazioni e gli accordi è infatti anonimo, crittografato e soprattutto distribuito tra decine di migliaia di “nodi” (coloro i quali hanno scaricato la blockchain sul proprio computer) che controllano che tutto stia andando per il verso giusto. In parole povere, non c’è più bisogno di accordare la propria fiducia a un ente centrale che controlli i vari processi; sarà la “catena di blocchi” a gestire tutto in maniera automatica e sicura.
Lo scambio energetico avvenuto nell’aprile 2016, quindi, rappresenta solo il primo passo di una trasformazione che ha inevitabilmente attratto le attenzioni di alcuni colossi della tecnologia. Siemens, per fare solo un esempio, ha investito e stretto una partnership con LO3 Energy allo scopo di sviluppare l’infrastruttura necessaria a collegare le microreti dell’area urbana di Brooklyn. “La microrete elettrica è il primo passo verso un futuro che prenderà la forma di un grande network di celle energetiche”, ha spiegato Stefan Jessenberger della Energy Division di Siemens. “La blockchain supporta questo processo perché rende molto più facile eseguire le transazioni tra le varie celle”.
E non è solo New York che sta sperimentando le potenzialità della blockchain nel settore energetico: un sistema simile è recentemente sorto in Australia grazie a Power Ledger; una startup che ha creato una rete elettrica che permette a 10 abitazioni di un paese vicino a Perth di scambiarsi elettricità e sfruttare così nel modo più efficiente l’energia solare raccolta dai pannelli. Il meccanismo è lo stesso: la blockchain utilizzata da Power Ledger – società fondata dall’imprenditrice Jemma Green – è in grado di gestire contemporaneamente centinaia di accordi di scambio energetico tra i consumatori, riconoscendo da sola chi è il proprietario di una determinata fonte energetica e corrispondendogli il compenso pattuito.
Prima che un futuro di energie pulite scambiate regolarmente tra vicini diventi realtà, però, bisognerà aspettare un po’: la blockchain è ancora oggi una tecnologia sperimentale, che può gestire le transazioni tra le microreti di un gruppo di vicini, ma che non è in grado di “scalare” questo processo e renderlo potenzialmente disponibile per tutti (la blockchain di Ethereum, la piattaforma di riferimento per gli smart contracts, è in grado di gestire non più di 15 transazioni al secondo). Allo stesso modo, l’altissima volatilità delle criptovalute – necessarie per eseguire transazioni sul registro elettronico – potrebbe scoraggiare parecchi potenziali utenti.
Ma è solo una questione di tempo: il fatto che colossi come Siemens, ma anche IBM e Samsung (che hanno dato vita all’ambizioso progetto ADEPT, che utilizza la blockchain per rendere tutti gli elettrodomestici di casa dei dispositivi semi-autonomi e altamente efficienti) e tantissimi altri stiano investendo sulle potenzialità del registro elettronico e distribuito dimostra come la blockchain, indipendentemente dal successo o meno dei Bitcoin, sia una tecnologia che ha un grande futuro davanti a sé. E che soprattutto permetterà di accelerare (e rendere conveniente per tutti) la transizione verso le energie pulite.